FANSRacconti

di Edoardo Depaoli


 

 

(Epidemia)

 

 

La radio trasmetteva notizie sull’accaduto. Ilario e Cesare, in prossimità della città avevano visto numerosi mezzi militari dirigersi verso la provincia. La zona era blindata e non c’era modo di entrarci. Dalla frequenza sintonizzata si proclamava lo stato d’allarme. Metà delle strade erano presidiate dai carabinieri. Posti di blocco impedivano l’accesso. Dalle informazioni si evinceva che un fitto reticolato era stato costruito per impedire agli zombie di entrare nel centro abitato. I militari avevano presidiato la zona, abbattuto molti non morti, ma il virus sembrava ancora attivo e, per ragioni ancora non chiare, alcune esplosioni sparse, dalle ragioni ignote, favorivano altri focolai di infezione imprevedibili. I militari non facevano altro che andare sul posto infetto e massacrare a mitragliate i trasformati.

<< Quella rete non servirà a molto >>, commentò Cesare ascoltando il notiziario, << Dobbiamo intervenire alla fonte. L’unico modo che abbiamo è fingerci militari, ci faranno passare. >>

Il poliziotto fermò la Jeep in una zona laterale.

<< Sei pronto? >>, chiese a Ilario che lo guardava mentre armeggiava nel bagagliaio della vettura.

 << Si! >>

<< Bene!>>, rispose lui emergendo dal retro, << è ora di cambiarsi! >>

I due si vestirono a cipolla: scarpe militari, tuta mimetica, zaino da combattimento, cinturone, coltello, pistola, granate, mitragliatore.

Cesare guardò Ilario in tenuta da combattimento e non se la sentì di mandarlo allo sbaraglio senza dargli almeno una dritta. Lo avvicinò e gli disse:

<< Il mitra, prima di tutto, è il tuo migliore amico, non lo devi perdere mai, non lo devi trascurare mai, non lo devi strapazzare mai, intesi? >>

Ilario annuì con la testa.

<< Bravo, ragazzo! Fai conto di avere fra le mani il seno di una bella donna. >>

Terminata la vestizione, Ilario si sentiva la copia mal riuscita di Stallone. Cesare gli infilò in testa il casco da combattimento e chiuse il cinturino sotto il mento.

<< Ora siamo pronti! >>

Nello zaino, oltre alle munizioni in abbondanza, c’era la maschera anti-gas, una torcia e un piccolo kit di sopravvivenza.

Ilario e Cesare ripresero posto sulla Jeep e avanzarono in direzione del primo posto di blocco.

<< Non ci faranno mai passare >>, proferì il ragazzo.

<<Conosco una strada che taglia per i campi e sbuca nei pressi del castello del Valentino. Da lì, il posto da cui ho udito lo scoppio non è lontano, potremmo proseguire a piedi per uno, due chilometri al massimo. >>

Cesare svoltò dove aveva detto Ilario e si inerpicarono per un sentiero che sbucava in un prato, attraversando lateralmente la zona circondata dalla rete.

La strada terminava in una radura di campagna poco battuta e quasi interamente deserta.

<< Fermiamoci qui! >> Cesare bloccò la vettura e da sotto il cruscotto estrasse il navigatore satellitare.

Lo accese e cerco di mappare la zona.

<< Il punto dovrebbe essere pressapoco questo. >>

<< Sono circa mille, mille duecento metri. >>

Scesero dall’auto.

<< Ilario, stai davanti, io ti copro le spalle. >> Cesare tolse la sicura dal mitragliatore e infilò la pistola nella fondina di Ilario. << Questa per le emergenze! Ricorda, sparare a vista, qualsiasi cosa si muove è un bersaglio, intesi? >>

<< Intesi! >>

<< Basta un leggera pressione, impugna bene il mitra e ricorda, il mitra è il tuo migliore amico, non lo lasciare mai, qualsiasi cosa accada. >>

Ilario afferrò il mitra con una stretta forte e decisa, così come gli aveva detto di fare Cesare. L’arma era pesante, anche se il cinturino che portava al collo distribuiva, in parte, il peso sul corpo. Ilario sapeva che ogni passo poteva essere decisivo. Quella era zona infetta, sicuramente piena di zombie affamati, privi di qualsiasi senso di umanità.

La paura gli fece tendere i nervi in un modo che fino ad allora gli era sconosciuto. L’adrenalina gli scorreva nelle vene a fiumi. Tutto il cervello pulsava come il cuore di un cavallo da corsa. Bastò lo sguardo del poliziotto per farlo sentire al sicuro. Cesare lo guardò negli occhi e gli disse solo due parole: << E’ tuo! >>

 Ilario strinse il mitragliatore e comprese di avere per qualche strana ragione imparato a sparare.

Camminarono vicino al reticolato per qualche decina di metri. Il cielo si stava facendo buoi. Da lì a poco la luce se ne sarebbe andata. La zona era poco illuminata e Ilario faticava a vedere. Cesare gli copriva le spalle, quando ad un tratto un rumore, da dentro la recinzione, li distrasse per una frazione di secondo.

Un essere isolato rantolava probabilmente accasciato su qualcosa che ormai non aveva più vita. Ilario lo puntò con la torcia. L’essere si girò. Era uno zombie-bambino intento a divorare quello che restava di un animaletto indecifrabile.

Il piccolo zombie si mosse lentamente osservando dall’altra parte della recinzione i due esseri umani. Fu in quel preciso istante che Ilario si girò di scatto, preceduto da Cesare, verso la radura.

Il poliziotto sparò appena in tempo e fece scoppiare la testa a due morti viventi che avevano tentato di sorprenderli. Il bambino, vista la scena, si alzò e cercò di raggiungere Ilario e Cesare attraverso un varco nella rete.

Il suo sguardo famelico e senza vita, la sua brutale cattiveria, lo resero, in quella frazione di secondo, un essere mostruoso agli occhi di Ilario che prese il mitra, mirò alla testa e sparò senza alcuna pietà facendolo letteralmente a pezzi.

<< Sono diventati intelligenti >>, disse Cesare cercando di riprendere fiato, << ci hanno teso un’imboscata, non me lo aspettavo. Dobbiamo stare più attenti, come sospettavo il reticolato non serve, sono in grado di scavare e passare dall’altra parte. >>

Ilario riprese il sentiero che costeggiava la rete. Camminava con circospezione. A breve distanza Cesare lo seguiva con il mitra puntato contro il nulla.

<< Fai luce con la torcia, non si vede un cazzo. >> Ilario illuminò il sentiero

<< Ho visto il primo bagliore arrivare più o meno da queste parti… >>

<< Vedi qualcosa di strano? Non so, una buca, qualcosa che possa aver dato origine allo scoppio? >>

<< C’è un avvallamento dall’altra parte della rete. >>

<< Ci toccherà entrare. Li è territorio dei non morti, dobbiamo fare molta attenzione. Non c’è visibilità, anzi, non si vede un accidente…>>

Ilario si abbassò nei pressi del reticolato e iniziò a praticare un varco nella rete con il coltello. Tagliate le prime maglie la recinzione veniva via come il burro.

Aperta la strada, Cesare e Ilario strisciarono dall’altra parte e si avvicinarono alla voragine.

<< Cosa vedi? >> chiese Cesare al ragazzo che aveva disceso parte del buco mentre lui gli copriva le spalle.

<< Ci sono segni evidenti di bruciature, la vegetazione è tutta annerita qui intorno, deve essere stato uno scoppio molto forte, c’è un cattivo odore, da vomitare, simile a quello che ho sentito la sera dell’epidemia. >>

<< Mettiti subito la maschera! >>

Ilario indossò la maschera antigas e lo stesso fece Cesare.

Il ragazzo scese ancora nel buco. Era una voragine profonda. Il buio gli impediva di vedere all’interno. Accese la torcia e puntò il centro e…

<< Ha!!! >>

 << Che succede Ilario!!! >>

<< E’ pieno di vermi! >>

<< Maledizione, ragazzo, mi hai fatto prendere un infarto.>>

Ilario scese ancora nel buco, ma i vermi erano davvero tantissimi e fu costretto a ritrarsi.

Indietreggiando urtò un sasso e cadde con il culo a terra. La torcia rotolò al suolo fino al centro del fosso.

Ora poteva vederla. Nel terreno bruciato, c’era una specie di sostanza verdastra e consistente.

Risalendo con lo sguardo verso la parte laterale del buco si accorse che la voragine terminava in un rigagnolo d’acqua putrida. C’erano dei bidoni, mezzi bruciati, alcuni lacerati, con una scritta inequivocabile << BIO-AZARD >>.

Una serie di teschi e simboli di divieto spiccavano sul bordo delle enormi latte di metallo.

Si trattava sicuramente di materiale altamente tossico e, con molta probabilità, era stato quello la causa del contagio. Un materiale tossico, forse radioattivo, che aveva fatto reazione scatenando la tossina nell’aria che, sotto forma di pioggia, era penetrata nella pelle infettando con il virus Z  gli sventurati venuti a contatto.

Ilario indietreggiò ancora.

<< Fammi immediatamente uscire da questo buco schifoso, Cesare!! >>

La mano di Cesare prontamente sollevò il ragazzo dalla voragine.

<< Che diavolo hai visto, figliolo? >>

<< La morte, maledizione a te. Quel buco maledetto è pieno di merda tossica. >>

Non aveva finito di pronunciare quella frase che un grugnito inconfondibile li fece letteralmente saltare dalla paura.

Si girarono e, intorno a loro, una dozzina di non morti sbucati dall’erbacce si avvicinavano inesorabili.

Ilario e Cesare spalla a spalla iniziarono a guardarsi attorno con circospezione.

Non c’era tempo da perdere!

 

 

….continua…

 

 

Edoardo Depaoli


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