EditorialeRacconti brevi

Un breve struggente e poetico racconto di Michela Iucchi.


 

FERMO IMMAGINE

di Michela Iucchi

 

Quante volte ho osservato le nuvole e il loro lento trasformarsi in figure nette o assurde, per poi dissolversi nel nulla.

Quante volte ho ammirato lo scorrere impetuoso di un torrente ed il suo indifferente trascinare tutto ciò che incontra.

Quante volte ho tentato di guardare negli occhi la gente, nella vana speranza di conforto, di un’intesa o di un barlume di considerazione; tutti presi dalla vita frenetica, dall’andirivieni quotidiano, intrappolati in una società materialista e schiavista.

Troppe volte mi sono fermata a pensare a questa vita, alla mia vita, al mio divenire ma a che scopo?

Tutto mi passa davanti come un film degli anni ’20: immagini sfocate, in bianco e nero, singhiozzanti e silenziose. Annebbiate da un’atmosfera lugubre ma al tempo stesso rassicurante e calma.

Una calma apparente, smorzata dal suono di sirene urlanti in lontananza e dall’odore acre di legno e carne bruciata.

Il cielo ha assunto un colore indefinito: un misto tra l’azzurro mare in tempesta e il rosso vermiglio, sporcato dalla cenere che ricopre tutto e tutti.

Il vento s’incanala tra le fronde degli alberi, costringendo le foglie secche in una lenta danza sabbatica, staccandole dal loro cordone ombelicale e disegnando mirabolanti vortici di morte intorno a me.

Rivedo i “Soldati” di Ungaretti : -Si sta, come d’autunno sugli alberi le foglie -. Siamo piccole appendici che aspettano, danzanti, il momento di staccarsi e concludere la propria esistenza terrena nell’indifferenza del mondo.

Ecco che tutto mi scorre davanti agli occhi freneticamente, come se qualcuno avesse premuto il pulsante “FAST FORWARD”della mia esistenza. Impossibile fermarlo: volti, immagini, luoghi familiari, mani protese, notti stellate, foglie, nuvole, sangue, lacrime, fuoco, morte…

Ora non ha più importanza. Il mondo è cambiato e noi con lui.

Noi continueremo ad esistere, in un modo o nell’altro, lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo, indipendentemente dal motivo e dalla necessità.

Perché è nella nostra natura, nel nostro DNA, o forse in quel virus che ci sta lentamente infettando e che ci sta evolvendo in una forma nuova e sconosciuta.

Era bello vivere, anche se per poco, in una concezione naturale e umana ma, chissà, forse è così che deve andare.

E mentre il mondo scorre veloce, seduta su questa panchina, aspetto il mio momento, il mio “REWIND”, in un fermo immagine di mani protese, odore di sangue,  baci di morte.

 


 

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