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Last Day on Earth: Survival

recensione a cura di
Alessandro De Felice

 

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Ho trovato questo giochino per smartphone tra i consigliati di Google Play ed ho deciso di provarlo per alleviare un paio di pomeriggi noiosi.

Last Day on Earth: Survival è quello che posso definire un avventuroso horror manageriale-strategico multigiocatore con visuale aerea non baricentrica per dare l’illusione del 3D. Un genere che ho coniato adesso per descrive tutto in poche parole. Anzi, potrei anche fermarmi qui con la recensione ma decido, sfortunatamente per voi, di proseguire e raccontarvi le impressioni e le emozioni che mi ha suscitato.

 

Contrariamente a quanto si pensa, sono ancora legato al genere horror con zombie, anche se sto facendo di tutto per apparire un tipo di larghe vedute e far abbracciare ai miei colleghi del collettivo di razione ilz il concetto di “spaziare sui generi è bello”.

Ma se trovo una cosa con zombie e spaltter guarniti bene assieme, la prendo senza batter ciglio.

 

La trama. il suo incipit, e l’intera storia del gioco mi hanno subito preso:

  • Sei un sopravvissuto immune ad un virus che ha decimato totalmente la razza umana sul pianeta terra trasformandola in zombie;
  • Oltre alla presenza degli zombie, ci sono anche svariati animali selvatici che potrebbero attaccarti;
  • L’esercito, prima di scomparire del tutto, ha lasciato delle basi segrete in giro per la mappa dove puoi andare a rubare quello che vuoi;
  • Oltre a te ci sono X persone che vogliono le tue medesime cose o vogliono semplicemente ucciderti per rubarle;
  • Inizi il gioco completamente in mutande.

 

E cosa potrei aspettare di meglio!

Scelgo un server non troppo popolare, perché sono un fifone di merda, ed inizio ad addentrarmi in questa tipologia di gioco che non ti dà niente per avvantaggiarti.

Se vuoi “qualcosa in più degli altri”, c’è la solita sezione dove, con soldi veri, puoi comprare energia, armi, razioni o alto. Ma io me ne fotto allegramente e, pavoneggiandomi dell’essere in mutande in una landa selvaggia, attivo la modalità “defeale barbone”.

Torno automaticamente ad impersonare uno dei primi ominidi che sopravvivevano grazie a quello che trovavano in giro. Se ho sete, mangio delle bacche che mi danno anche un po’ di energia. Se ho fame, meno ad un lupo e ne mangio le carni. Se ho voglia di sfogare le mie frustrazioni, attaccando briga con uno zombie fino a finire alle mani. Una bella scazzottata e, visto che io sono umano pieno di bacche rigeneranti, trionfo sulla sua claudicante e rallentata andatura.

Uno zombie in meno e più punti esperienza per me … e gli frugo anche nelle tasche per rubargli le cosa. Non per questo sono un nomade raccoglitore con un appariscente intimo di colore rosso..

Questi morti ri-morti hanno sempre con loro dei pezzi di corda. Forse il gioco cerca subdolamente di indurmi al suicidio con questi messaggi non troppo nascosti, ma io sono un uomo solo e seminudo che vive nel suo personale parco di divertimenti.

Improvvisamente mi imbatto in un mio simile. Un uomo barbuto.

Dopo venti minuti di gioco, lo vedo spuntare nel mio riquadro sullo schermo.

Sento un po’ di felicità e cerco di avvicinarmi, ma lui, vestito con abiti militari, zaino al collo e un machete, non ci pensa due volte ad attaccarmi. Questo istinto primordiale del cazzo.

Bello, guarda che io sono in mutande! Al massimo ci posso nascondere qualche bacca e far finta di essere stato più fortunato di altri.

Ma dopo pochi secondi appare l’inevitabile scritta che annuncia la mia dipartita.

 

Confuso ed amareggiato, torno in vita di nuovo nel mio quadrante di terra natia senza più la mia scorta di bacche nascoste nel mio boxer sgargiante.

Non posso più pensare solo a godermi la vita raccogliendo cose a caso e sfoderare pugni all’occorrenza, devo abbassarmi al diventare un tizio sedentario e mettere su un mio piccolo campo base.

 

Arrivato al livello 26, la mia landa di terra è stata ricoperta da una lastricata pavimentazione lignea. Alte mura la circondano e mucchi di cadaveri ne delimitano nonché abbelliscono i contorni.

Forse Re Leonida sarebbe fiero di me per questa muraglia di budella e putridume.

Non vado più in giro in mutande, ormai la moda mi ha plagiato con i suoi eccessi.

Berretto di lana, giacca di pelle con tshirt, un paio di pantaloni marroni da manovale accompagnati da un paio di scarponi robusti e sono pronto per la sfilata autunno-inverno.

 

Falò, quadrante di terra dove ho allestito un orto e per il momento coltivo carote, un raccoglitore d’acqua piovana, vari banchi da lavoro per il bricolage domestico, una radio a bassa frequenza creata raccattando parti di vecchi smartphone, una mini fornace per forgiare il ferro, un attrezzo per conciare le pelli che fa molto nativo americano ed infinite casse dove depositare qualsiasi cosa trovata in giro.

 

L’unica cosa che non alterata è  l’assuefazione alle bacche.

Credo che il personaggio ne vada matto.

 


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