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Per la rubrica INTERVISTA AD UNO ZOMBIE, la redazione intervista GIAN BATTISTA, alias Gian Carpenter


 

BARABBA o GIAN CARPENTER?

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foto di Loris Finotti (www.facebook.com/FesteCeltiche)

 

Lo chiamano “prezzemolino”, perché dove c’è un evento zombie, lui è presente in carne ed ossa o virtualmente,  essendo l’amministratore della pagina Fb “Zombie calendar”; pagina in cui porta a conoscenza tutti gli eventi non-morti in giro per l’Italia.

È  il fondatore della “TOUTAI ARGANTIA”, gruppo di rievocatori storici con cui sperimenta, studia,rivive e divulga la storia dei popoli antichi, dalla Preistorica all’epoca dei Romani.

Questa sua passione ha influenzato il suo approccio al mondo “zombie”, a cui dedica impegno e dedizione, sperimentando nuovi ruoli da impersonare agli eventi a cui partecipa.

Noi di “I love zombie” lo abbiamo intervistato,  scoprendo tutte le sfacettature di quest’uomo poliedrico ed “eccentrico “.

 

-Ciao Giambattista, potresti raccontarmi come è nata la tua passione per il mondo zombie?

 

Tutto è cominciato nel novembre del 2013, quando ad Argenta, il mio paese di origine e nel quale lavoro, si è organizzato una sorta di “spettacolo a tema Zombie” per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla “zombitudine” del nostro paese;“zombitudine” intesa come paese “morto”, privo di vita e povero di iniziative e di attività.

Questi amici, per lo più appartenenti al mondo della musica dal vivo e delle piccole band, ha coinvolto un gruppo di persone ed ha realizzato ARGENTA ZOMBIE CITY.

 

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Io ho accettato l’invito e fin dal primo incontro “organizzativo”, ho cominciato a pormi il problema del “personaggio” da realizzare per partecipare a questa iniziativa, che è stata strutturata come uno spettacolo di teatro di strada itinerante.

 

A parte pochi “esperti” o “veterani” coinvolti nell’iniziativa provenienti da Bologna e coinvolti a vario titolo nell’esperienza della Zombie Walk Bologna, tutti gli altri erano persone “del paese” e completamente prive di esperienza nel mondo dei non-morti e del teatro, quindi parte di questi incontri organizzativi è stata dedicata alla costruzione degli zombie, dei costumi, dei trucchi e dell’interpretazione.

 

Anche con dei brevi “laboratori” teatrali concentrati sulle movenze e sulle espressioni da assumere durante la “camminata”.

 

Io addirittura non ero nemmeno un appassionato del genere Zombie; film, libri, fumetti, videogame, ecc. ecc. a tema Zombie o Horror non mi hanno mai appassionato!

In quell’occasione ho realizzato la versione 1.0 del personaggio che oggi si chiama “Barabba Zombie”, ma che al tempo non aveva ancora un nome.

 

La vera passione è scattata a maggio del 2014 quando ho partecipato alla mia prima Zombie Walk di Bologna, sempre con il personaggio del “barbone”, questa volta accompagnato da quello che poi è diventato un “compagno” fondamentale, il PASSEGGINO, tipo quello che i barboni veri usano per portare in giro le loro poche cose.

L’introduzione del passeggino in realtà è stata dettata da un’esigenza pratica, quella di contenere i vestiti di ricambio, perché, una volta truccato e cambiato, non potevo riportarli alla macchina e nemmeno lasciarli nei locali dove mi ero preparato.

Un vero colpo di fortuna, per questo accessorio, che si è poi rivelato fondamentale per dare un’impronta più marcata al personaggio.

 

 

-So che crei gioielli antichi e partecipi a varie rievocazioni storiche, in cui ti cimenti,  appunto, nella realizzazione di monili . Ha influenzato, in qualche maniera, questa tua abilità nella realizzazione dei tuoi personaggi?

 

A parte la manualità che serve per realizzare i gioielli ed altri manufatti impiegati nella rievocazione storica, ho portato nella passione per gli zombie lo stresso approccio “metodologico”;

se nelle rievocazioni sono le fonti storiche, quelle archeologiche e quelle iconografiche alla base delle ricostruzioni, nel mondo Zombie mi sono documentato guardando film, leggendo libri e fumetti, e lavorando poi sulla “zombizzazione” di un personaggio, ovvero sulle singolarità che lo caratterizzano.

Così nelle movenze e nell’ espressioni ho potuto valutare se seguire uno “stile” mio o riconducibile a uno delle tante pellicole cinematografiche a cui mi sono ispirato.

Se si vuole caratterizzare un personaggio, anche per dargli una “identità” propria, bisogna studiare tutte le peculiarità, che lo ricondurrebbero alla “vita reale”.

 

-Spiegami a che cosa ti sei ispirato, per i tuoi personaggi e la loro evoluzione. Come sono nati “Barabba” e “Gian Carpenter”?

 

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foto di David Pacini (www.facebook.com/davizphoto)

La storia più complessa è quella di “Barabba Zombie”. È il primo personaggio che ho messo a punto, portato in scena più volte, su cui ho avuto modo di sperimentare di più ed anche di commettere più errori.

 

Nasce come barbone un po’ “stile anni 80”. All’inizio la mia ispirazione principale sono stati i film di Romero, dove gli Zombie sono visti come esseri ingenui e “intontiti” e con abiti “sciupati”.

Poi il punto di osservazione si è ampliato verso film più recenti,quindi rivalutando la figura del non-morto nelle movenze e sulla caratterizzazione del personaggio; ho cercato di fare in modo che, con il suo “costume”, Barabba potesse raccontare chi è.

Per studiare la figura del barbone mi sono ispirato principalmente all’osservazione diretta dal vivo e delle fotografie.

Principalmente, quando preparo un personaggio, comincio con una raccolta di fotografie.

Questo ad esempio è il mio album dedicato ai barboni….

 

Così ho incominciato ad affinare tanti piccoli dettagli del personaggio; l’abito, sporco e sgualcito e, come molti veri barboni, l’ho vestito a “cipolla”. Particolari come i guanti e le scarpe dovevano risultare “consumati” e “rattoppati”.

Le foto sono state una preziosa fonte d’ispirazione anche per le posture, quindi capire come relazionarsi con Barabba in funzione delle movenze e renderlo credibile.

Il passeggino poi è stato un vero laboratorio di idee; armonizzare corde, sacchetti di plastica, cartoni, bottiglie e il bicchiere per raccogliere le monetine, con la sua usura o le riparazioni precarie. Ho giocato anche su alcuni paradossi, e sui luoghi comuni; Barabba legge “Il sole 24 ore” e beve “Tavernello”. Sembrano futilità, ma il pubblico nota questi particolari e se ci scappa un sorriso il gioco è fatto.

Tantissime evoluzioni e affinamenti del personaggio poi avvengono a posteriori; osservando le fotografie (tante) o i filmati (pochi),si notano gli errori commessi, che ispirano le modifiche  successive.

Infine il pubblico; sono coloro che, guardando, valutando e spaventandosi, sono un’ispirazione continua, per far sì che tante evoluzioni siano abbandonate o sviluppate in funzione di come vengono percepite da loro.

Qui poi entrano in gioco la recitazione, la postura, i movimenti e le espressioni del viso; fattori determinanti per una migliore interpretazione del personaggio.

Guardando una foto <LINK> ho pensato di inserire un sacco nero dell’immondizia pieno di lattine. È stata un’idea fortuita, perché ha fatto sì che diventasse l’oggetto  di punta del mio scenario, creando quell’atmosfera angosciante che cercavo.

 

-Raccontami di “Gian Carpenter”.

 

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foto di Melissa Masiero (www.facebook.com/MasieroMelissa )

 

 

Gian Carpenter è il personaggio più recente, era chiuso in un cassetto da un po’ di tempo e l’occasione per tirarlo fuori è stata la Zombie Walk di Venezia che si è tenuta ad inizio 2016.

Anche in questo caso il solito approccio; raccolta di fotografie <LINK> e preparazione del costume e degli accessori.

 

E’ stata l’occasione per cimentarmi anche in nuovi “effetti speciali”,come la creazione dell’articolazione della spalla ed il caschetto antinfotunistico, che sono stati molto complessi ma mi hanno dato molta soddisfazione.

 

Pur con tutti i limiti della “prima volta”  il personaggio presenta delle buone potenzialità ma comunque ho in mente delle correzzioni e delle modifiche da sperimentare, sia dal punto di vista del costume che dell’interpretazione.

 

-Come sono caratterialmente questi due personaggi?

 

Sembra un paradosso prendere in considerazione il carattere quando si parla di Zombie, però cerco proprio di dare un carattere ai miei personaggi e penso che sia molto importante, per dare sostanza alla “narrazione” oltre che renderla più spettacolare.

Per il personaggio “Gian Carpenter” è ancora  presto per capire com’ è ; è un personaggio nuovo e  parte dal mio “IO” alla ricerca del “carattere” giusto , per dargli l’enfasi che merita. È un percorso lungo fatto di molte  “prove sul campo” e dalla ricettività sul pubblico.

Barabba Zombie invece è più “rodato”, l’ho portato in scena molte volte ed in contesti che mi hanno messo alla prova intensamente, come ad esempio l’Halloween Horror Festival, organizzato dal parco divertimenti di Mirabilandia nel mese di ottobre e a cui ho partecipato per due edizioni.

Il pubblico è numerosissimo e la durata della performance è di molte ore (dalle quattro allle sei); per “tenere la scena” per molto tempo e riuscire ad intrattenere  (ed emozionare) un pubblico che incontri più volte durante la serata, è fondamentale riuscire a ricreare la tipicità del personaggio e che sia capibile da tutti.

Barabba vive nel suo piccolo mondo,fatto di oggetti di uso quotidiano,che custodisce gelosamente e con cui interagisce.

È scialbo,maldestro e dinoccolato ma al tempo stesso feroce e schietto. Ama coinvolgere la gente, quando sente che è predisposta ad un’interazione.
Bisogna fare molta attenzione quando si gioca con la paura, perché il confine tra divertimento e angoscia è spesso molto labile e valicarlo nel modo sbagliato può rovinare la “qualità dell’esperienza” di chi assiste allo spettacolo.

Sopratutto con i bambini, che sono straordinari! Sono spontanei e innocenti ma anche letali e fragili; credo siano il banco di prova più difficile per chi, come me, intraprende questa strada e quando riesco ad entrare in confidenza anche con quelli più “fifoni” sono certo di aver fatto un ottimo lavoro.

 

-Che protesi hai utilizzato e, se le hai realizzate tu, come le hai sviluppate e create?

 

Le protesi le ho realizzate io, e sono studiate per essere facili da applicare e soprattutto in modo rapido,perché i tempi per la preparazione ed il make up sono spesso frenetici e a volte le sistemazioni per prepararsi davvero precarie.

Tra le mie attrezzature da rievocatore storico c’è uno scheletro anatomico in scala 1:1, che utilizzo per un laboratorio didattico di simulazione di scavo archeologico. Copiando le ossa di questo scheletro, ho realizzato la mia prima protesi, quella dell’avambraccio, che riproduce una frattura esposta di ulna e radio, e recentemente ho creato l’articolazione della spalla (scapola, clavicola, omero).

Per rendere queste protesi più credibili, mi sono documentato con  foto e video di anatomia umana,  cercando di utilizzare le tecniche dei professionisti di effetti speciali.

Ho appreso tecniche base sulla ricostruzione di parti anatomiche e così ho potuto realizzare dei componenti molto realistici,per la realizzazione dell’avambraccio.

Questa protesi presenta al suo interno una serie di tubicini che simulano le arterie e in cui può proprio scorrere il sangue e,grazie ad una pompetta, può letteralmente sanguinare.

 

Questo è l’album

 

-Per il trucco del viso, ti sei affidato ad un truccatore esperto o ti sei cimentato tu?

 

Per il trucco non sono autonomo, ma mi avvalgo di truccatori che si occupano del make up del viso e delle mani. Questa per me è senz’altro una limitazione ma mi dà la possibilità di osservare e rubare con gli occhi ciò che questi veri e propri artisti, riescono a realizzare sul mio viso.

Ogni truccatore ha il suo stile e utilizza determinate tecniche e materiali, ma per come interpreto il mio personaggio, prediligo un trucco senza applicazioni di lattice, e protesi.

Uso molto le pieghe di espressione e sono molto affezionato alle mie rughe, quindi sono più propenso per un make up luminoso che le metta ben in evidenza.

Sopratutto in eventi di lunga durata o se fa molto caldo,c’è il problema che un trucco elaborato sia messo sotto pressione con il rischio che possa “crollare”.

 

-Ti hanno mai sottoposto all’applicazione di protesi?

 

Mi hanno applicato ferite e lacerazioni sul viso utilizzando delle protesi in lattice liquido, precedentemente solidificatesi in stampi in silicone. Una volta rimosse dagli stampi,vengono applicate sulla parte interessata con la colla epidermica e si procede al vero e proprio make up. Qui inizia il vero lavoro dei truccatori che, con solo pennelli e colori,riescono a realizzare delle vere opere d’arte. Ammiro le loro capacità ma sono piu indirizzato sul trucco classico, per non limitare troppo le possibilità espressive del volto.

 

-Ti consideri un cosplayer o un semplice simpatizzante?

 

Devo dire che sullo sfaccettato mondo del cosplay mi trovi piuttosto impreparato.

Mi considero un artista, un artista di strada, perchè per lo più è in strada che mi trovo a inscenare i miei spettacoli. Rischio di passare per presuntuoso ma rivendico il fatto che, ciò che faccio, sia una vera e propria forma d’arte; basata su linguaggi e gesti con cui riesco a trasmettere emozioni e a lanciare dei messaggi, con la piena approvazione del pubblico che mi osserva.

Sono però un po’ nuovo a questi temi e non so se sono maturo per affrontare l’argomento, ce l’hai una domanda di riserva?

Michela Iucchi


 

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