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E I MORTI CAMMINERANNO… un fantastico racconto in 3 capitoli, scritto magistralmente da DIANA J.STEWHEART


capitolo 1

 

La morte non può fermare la vendetta

 
 

L’autobus scivolava silenzioso lungo il nastro d’asfalto che delimitava la campagna dai centri abitati. Sembrava un mezzo fantasma ed anche i viaggiatori assomigliavano a dei profughi scampati ad una calamità naturale o alla guerra civile; i loro occhi erano vacui e fissavano il paesaggio che gli scorreva davanti senza neppure vederlo. Dietro le cavità oculari della maggior parte dei passeggeri albergava il terrore. Terrore del futuro; della vita e…del passato.

La paura di un passato non proprio felice segnava l’anima di una donna poco più che quarantenne. Ella era appoggiata con la testa sul finestrino e mormorava frasi d’affetto ed incoraggiamento alla ragazza che stava mollemente abbandonata sul suo grembo.

Tremavano, ma non per il freddo. Era una tiepida nottata di fine aprile e la primavera era giunta anche nel gelido Nebraska.

Il nome della donna era Krista Lewis e la giovane abbarbicata al suo corpo si chiamava Jess ed era sua figlia. Avevano lasciato l’assolata ed amata Los Angeles perché perseguitate da una donna che aveva sviluppato un’autentica ossessione per Krista o, meglio, per il più celebre personaggio interpretato da lei dato che la donna era un’attrice di soap opera e da circa un decennio faceva piangere le casalinghe disperate con il personaggio di Mallory Swan, protagonista del soap Questa è la mia vita. Quando aveva accettato di prendere parte alla saga televisiva, Krista non avrebbe mai creduto che il suo talento e la sua bellezza avrebbero attirato orde di fanatici squilibrati che la confondevano con la dolce e sventurata Mallory.

All’inizio le piaceva l’attenzione del pubblico e dei media ed adorava fermarsi per la strada a firmare autografi e a farsi fotografare con i fan che erano gentili e rispettosi. Questa simbiosi con il suo pubblico era durata fino all’anno precedente, ovvero fino a quando Mallory era la protagonista assoluta della serie. Poi, Krista si rese conto che Jess stava arrivando alle soglie della maggiore età e lei stava perdendo le tappe fondamentali della sua crescita fisica ed emotiva e decise così di averne abbastanza di studi televisivi, photoshoot e svitati che la idolatravano come una dea. Senza contare che il suo personaggio a cui doveva fama, soldi e successo, era stata trasformata in una deficiente che aveva i boeri al posto del cervello!

Quando aveva iniziato ad interpretarla, Mallory incarnava l’archetipo della ragazza della porta accanto ed era capace di unire dolcezza ed aggressività. Con il trascorrere delle puntate -erano arrivati a 2.500- però gli autori avevano deciso di lasciarla scivolare in secondo piano per dare spazio ad un’altra attrice di appena diciotto anni ed il cui talento stava tutto nel reggiseno.

Iniziarono così a scrivere storie senza senso che la dipingevano come una donna senza spina dorsale e fu così che la determinata Mallory divenne una canna al vento capace solo di abbassare il capo e fagocitare dolciumi.

Quando manifestò il desiderio di abbandonare la soap, lo staff creativo accolse la notizia con malcelato sollievo: finalmente, quella si toglieva dai piedi! Via libera, quindi, a tette e culi al vento! Ormai la telenovela era diventata solo una vetrina per le aspiranti attricette che desideravano mostrare la propria mercanzia.

Krista non guardava più lo show e, le poche volte che lo faceva, cambiava canale perché disgustata dalla piega che aveva preso lo showbiz. Ormai per essere considerate attrici bastava avere un po’ di roba nel reggiseno, vera o finta che fosse. Meglio starsene a casa a godersi la figlia ed i frutti del suo duro lavoro.

Purtroppo, non aveva fatto in conti con l’esagitazione di alcuni fan che appena saputo del suo allontanamento dalla soap iniziarono a temere di dover rinunciare alla propria eroina. Vi era un gruppo, il The Mallory Swan Brigate, che scese subito sul piede di guerra inviando missive minacciose al network che trasmetteva la soap ed agli sceneggiatori. Mallory Swan doveva tornare, altrimenti ci sarebbero state spiacevoli conseguenze per tutti.

La direttrice del canale televisivo, temendo di perdere una buona fetta di telespettatori convinti che a Krista Lewis fosse stata fatta una carognata, non perse tempo ed addossò tutta la “colpa” a lei ed al suo improvviso istinto materno.

La responsabile del gruppo, Paula Ehlers, non perse tempo ed inviò una lettera aperta all’attrice sulle pagine di un tabloid in cui l’accusava di essere un’ipocrita e di infischiarsene dei suoi fan che l’avevano incoronata Regina di ascolti.

Krista non le rispose e questa sua indifferenza non fece che fomentare l’odio che consumava Paula la quale nutriva per Mallory un affetto fraterno, quasi fosse una persona reale e non il frutto della fantasia degli autori. L’equazione era semplice: niente Krista = niente Mallory. Mallory era la luce che rischiarava i suoi giorni bui; era l’amica che aveva sempre desiderato; era la sua droga. In una parola, la sua vita.

Paula era una donna rotondetta, scialba e frustrata che odiava la propria vita scandita sempre dagli stessi orari e detestava il suo lavoro di impiegata in un call center dove veniva trattata come carta da cesso da superiori e colleghi.

Il suo sogno era lavorare come segretaria presso importanti uffici ed avere una famiglia numerosa. Purtroppo, la vita aveva deciso diversamente e, alle soglie dei quaranta anni, Paula era sempre attaccata a quel telefono e non aveva uno straccio d’uomo.

Era stata fidanzata, tempo prima, con un impiegato di banca grasso e quasi calvo, ma quello dopo averla giudicata una frana a letto ed anche nella vita, l’aveva scaricata per una donna snella, ma formosa.

Dato che il suo lavoro, che la impegnava la mattina dalle sette all’una del pomeriggio, si svolgeva tutto in un angusto stanzone che il suo capo si ostinava a definire “ufficio”, Paula aveva molto tempo libero nelle ore pomeridiane e decise di impiegarlo per guardare la TV.

Passava le ore a sgranocchiare biscottini e vivere la vita fittizia delle sue eroine preferite: con Brenda diventava un’assistente di volo; con Bella era un’infermiera competente ad amata, mentre grazie a Jenny, eccola trasformata in un’acclamata scrittrice. Per quasi quattro ore, Paula ingurgitava quelle vite, le masticava e poi le eliminava una volta terminate le puntate giornaliere. Per quanto vincenti fossero quelle giovani donne, nessuna di loro riusciva a farle dimenticare completamente la sua vita fallimentare senza affetti ed ambizioni di alcun genere.

Poi il network NPW, mandò in onda una nuova soap opera intitolata Questa è la mia vita (ed il titolo era già promettente) che aveva per protagonista una giovane donna, Mallory Swan, perdente nata  e bistrattata da tutti. Non appena assistette ai primi minuti dell’episodio pilota, Paula sentì delle campane suonare a festa in quel cervello bacato che si ritrovava e si convinse che Mallory Swan era stata creata pensando a lei. In breve tempo, sviluppò un’autentica ossessione che rasentava l’isteria per quel personaggio e la sua interprete.

Poiché lo sceneggiato andava in onda a mezzogiorno, cambiò il suo orario di lavoro, diminuendo le ore complessive cosicché potesse essere a casa in tempo per gustarselo. Organizzava le sue giornate in funzione della soap e, quando questa non veniva trasmessa per un qualsiasi motivo, riguardava le puntate precedentemente registrate, ma non per intero. No, Paula voleva vedere solo Mallory e così selezionava le scene in cui compariva la sua beniamina. Mallory oggi e per sempre.

Anche al lavoro non parlava d’altro e fra le sue colleghe iniziò a serpeggiare la voce che fosse lesbica e provasse un’attrazione irresistibile per Krista Lewis. Con il trascorrere del tempo, Paula iniziò a non distinguere più il confine tra finzione e realtà e si convinse che Mallory era una donna reale, era la sua migliore amica e non l’avrebbe mai abbandonata come aveva fatto sua madre. Su Mallory si poteva sempre contare.

Il tempo passava ed anche le puntate scorrevano fino al giorno in cui il network annunciò che Krista Lewis, volendo dedicare più tempo a sua figlia, aveva deciso di lasciare la soap. Ed insieme a Krista, anche Mallory se ne sarebbe andata.

Quell’annuncio ebbe l’effetto di uno schiaffo su Paula che piombò rovinosamente sulla dura realtà: Mallory non esisteva o, meglio, la sua esistenza era legata a Krista.

Quasi immediatamente, provò odio per quella donna che le toglieva la cosa più cara e preziosa che avesse mai avuto. Ma come si permetteva? Lei doveva dare vita a Mallory fino alla fine dei suoi giorni. Come avrebbe fatto, ora, senza la sua amica? La vita sarebbe tornata grigia e monotona. Si sentì mancare il terreno sotto i piedi e capì che toccava a lei risolvere il problema.

Immaginò Mallory in lacrime perché voleva continuare ad esistere per allietare i suoi giorni ed anche perché adesso erano buone amiche. Sì, non aveva dubbi a riguardo: Mallory le voleva bene. Altrimenti, perché andava a trovarla tutti i giorni alla medesima ora? Adesso, per colpa di quella troia, non si sarebbero più riviste. No! No! La mente di Paula urlava come un condannato rinchiuso nel Toro di Falaride.  Lei non poteva sopportare il supplizio della separazione. Non di nuovo.

Aveva sofferto come un cane quando la madre se n’era andata per sempre quindici anni prima. La sua mente era già in subbuglio e nessuno aveva fatto niente per lei.

Cercava di stare a galla nel dolore e nella solitudine, mentre la mente le andava alla deriva e, per non farsi sommergere, si creava un mondo tutto suo in cui vivere.

Un mondo perfetto, in cui lei era regina e padrona e non doveva subire, bensì godere.

Non aveva mai avuto amici e non sapeva cosa significasse la parola amicizia nel senso profondo del termine, ma non le importava…fino a poco tempo prima.

Adesso lo sapeva…sì ora sapeva cosa significava avere un’amica! Avere qualcuno che ti aspetta sempre per condividere con te gioie e dolori.

Ogni tanto, la sua mente, sempre più disturbata, tentava di fare una distinzione tra soap opera e realtà, ma Paula non ascoltava mai. E venne il momento in cui la ragione tacque per far parlare la schizofrenia la quale teneva veri e propri discorsi dal suo pulpito, che era il cervello della donna.

Paula non dormiva più e trascorreva il suo tempo ad inviare missive deliranti al network, agli sceneggiatori ed anche a Krista Lewis. Spedì almeno cento lettere chiedendo che Mallory tornasse a Oleander Hill (la cittadina immaginaria, teatro delle vicende di Questa é la mia vita), ma ottenne solo una foto autografata che Krista Lewis, mossa a compassione per quella donna così incredibilmente sola, le inviò. Solo una foto, senza due righe di accompagnamento che le dessero un briciolo di speranza.

Come al solito, veniva trattata da bambina immatura: eccoti il contentino, Paula. Ora prenditi la tua foto e facci quello che ti pare, ma non continuare a scassarci le palle.

Lei odiava quando veniva trattata con sufficienza e la sua rabbia e frustrazione montarono a dismisura…fino al giorno in cui capì cosa doveva fare.

Krista aveva deciso di abbandonare Mallory al suo destino per colpa di quella mocciosa di sua figlia, una sciocca e viziata adolescente che non era in grado di cavarsela da sola.

I pensieri di Paula si accavallavano come onde gigantesche pronte a travolgere ogni cosa e queste sue elucubrazioni la portarono alla soluzione del problema…che era davvero alla portata di tutti.

La causa della sua infelicità era Jess, quindi eliminando quella ragazzetta idiota dalla faccia della terra l’ostacolo si sarebbe dissolto come una bolla di sapone. Puf!

Doveva agire in fretta: le vacanze erano alle porte e presto quelle due sarebbero partite per trascorrere il periodo estivo lontano dal clamore di Hollywood.

Suo padre teneva un fucile da caccia in cantina e le cartucce erano a portata di mano. Un solo colpo, al cervello, e la cara Jess sarebbe partita per la volta celeste a suonare l’arpa insieme agli angeli.

Paula era sicura che Krista, non avendo più nessuno di cui prendersi cura e dopo un periodo lontano dalle scene per riprendersi dal lutto, avrebbe ridato la vita a Mallory che sarebbe tornata ad Oleander Hill a riprendersi le sue rivincite. Nella sua mente, questo piano assomigliava ad un gigantesco mosaico le cui tessere s’incastravano alla perfezione.

Grazie ai giornali scandalistici, di cui era avida lettrice, ed alle foto di quegli sciacalli dei paparazzi che seguivano Krista fin quasi dentro casa, Paula conosceva tutti gli orari della donna e perfino dove abitava.

La casa dell’attrice era una piccola villetta protetta da un alto muro di cinta e da un cancello nero sormontato da grosse lance decorative. Non abitava sulle colline di Hollywood, ma a Toluca Lake; Paula ne era sicura perché una volta, desiderosa di conoscerla, aveva individuato una delle strade che comparivano in quelle immagini rubate e vi si era recata.

Aveva visto Krista, in lontananza, scendere da un grosso SUV bianco in compagnia della figlia per infilarsi proprio in quella villa col cancello nero. L’indomani era lunedì, giorno di scuola, e sicuramente le due sarebbero uscite verso le sette e trenta. Lei si sarebbe nascosta dietro una gigantesca Palma delle Canarie ed avrebbe aspettato di avere quella testa vuota a portata di tiro.

Nel mondo reale, se avesse commesso una simile brutalità non sarebbe di certo rimasta impunita, ma nel SUO mondo quello in cui viveva da molti mesi a questa parte, poteva essere sicura di poter fare tutto quello che le pareva perché lei era la legge e lei era la giustizia.

Tuttavia, pur essendo in balia della paranoia più totale, era riuscita a costruire un piano criminale degno dei killer più scafati…anche se aveva dimenticato un dettaglio per nulla trascurabile: la security. Krista Lewis non muoveva un passo senza i suoi bodyguards che la proteggevano specialmente quando era in compagnia di Jess.

L’indomani mattina, Paula si alzò di buon’ora ed imbracciò il fucile…senza preoccuparsi di camuffarlo.

Durante la notte aveva sognato Mallory la quale la pregava di farla tornare al più presto, rassicurandola sulla correttezza del suo piano e sul fatto che avrebbe portato a termine la sua missione con successo. Forte di questa rivelazione, la donna si diresse con passo svelto a Toluca Lake incurante degli sguardi e delle grida delle persone che la incrociavano ed avevano la sventura di fissarla negli occhi, occhi spiritati ed iniettati di sangue; occhi dietro ai quali vi era il vuoto. Guardare quegli occhi era come contemplare un paio di biglie opache.

Il vento le scompigliava i capelli che le ricadevano sul viso, ma lei non se ne preoccupava. Ecco: Toluca Lake, le mancavano pochi metri per raggiungere la villetta…che si stagliò alta ed imponente davanti a lei dopo alcuni minuti. Il cancello nero tendeva le sue lance alte ed appuntite lance contro un cielo livido: sembravano delle scheletriche braccia artigliate.

Qualcuno nel frattempo aveva chiamato la Polizia ed una pattuglia stava arrivando a casa Lewis, ma non fecero in tempo ad impedire che la donna tentasse di attuare il suo piano criminoso.

Si nascose dietro il tronco della palma ed aspettò. In meno di dieci minuti il cancello si spalancò ed il SUV bianco imboccò il vialetto. Alla guida vi era il fidato bodyguard dell’attrice che era seduta accanto, mentre Jess era accomodata sul sedile posteriore con la testa appoggiata al finestrino. Paula sorrise sinistramente e si preparò a sparare il colpo letale; la sua mente malata proiettò l’immagine del cranio spappolato della ragazza, con pezzi di materia cerebrale appiccicata dappertutto nel veicolo. Ma, misericordiosamente, la guardia del corpo si accorse della donna accovacciata dietro la pianta poco prima che questa mettesse in atto i suoi propositi omicidi.

Il tutto si svolse in pochi minuti: l’uomo sterzò violentemente e si catapultò fuori dalla vettura, coadiuvato da alcuni poliziotti allertati da molte chiamate di gente terrorizzate da quella donna che sembrava essere scappata da un manicomio criminale. Insieme riuscirono a sopraffarla ed a strapparle il fucile, ma non prima che sparasse un colpo in direzione del bagagliaio, centrandolo in pieno. In quella, iniziò a gridare come un’ossessa: “Io voglio Mallory! Perché me l’hai tolta? Che tu sia maledetta, Krista Lewis. Io ti maledico e maledico anche tua figlia…non vi libererete di me. Mi avete tolto la cosa più importante della mia vita e non vi libererete di me. Tornerò.

T-O-R-N-E-R-O’. “

Riuscì a divincolarsi, sgusciando dalle braccia degli agenti, come un serpente e si diresse correndo verso il SUV. Dalla tasca dei jeans, trasse un coltello ed iniziò a fendere l’aria.

Jess, che nel frattempo, si era seduta accanto alla madre, la vide dallo specchietto retrovisore ed impallidì di paura: quella non era una donna, bensì una creatura ibrida venuta fuori da qualche film dell’orrore. Barcollava, gli occhi socchiusi, la bocca spalancata e con la mano libera cercava di aggrapparsi alla maniglia della portiera.

Un colpo di pistola echeggiò e la colpì alla schiena, facendola cadere in ginocchio.

Nonostante fosse ferita gravemente, si rialzò e si appoggiò al finestrino con una mano insanguinata. Guardò dentro, fissò Jess negli occhi e scoppiò in una risata malefica.

Si udì un altro sparo ed infine Paula si accasciò per terra senza vita; era stato il bodyguard a colpirla, alla nuca, con la precisione di un cecchino.

Gli occhi della donna persero quello sguardo malvagio e si rivelarono tristi e dolci, prima di chiudersi per sempre.

I giorni che seguirono furono difficili, soprattutto per la ragazza che era rimasta traumatizzata ed aveva eretto un muro impenetrabile fra lei ed il mondo. Krista maledisse i paparazzi che la seguivano ovunque e non avevano rispetto per la sua vita privata: se le foto della sua casa non fossero state pubblicate da quei tabloid creati per le bocche buone che li leggevano, tutto questo non sarebbe successo.

Non odiava Paula: aveva capito che la poveretta non era consapevole delle proprie azioni. Lei detestava tutta quella gente là fuori che si nutriva della vita e delle disgrazie altrui come una gigantesca sanguisuga.

Le si spezzava il cuore quando guardava Jess, così pallida e smagrita. Ormai non dormiva più ed il suo terrore era che ci fosse un’altra Paula Ehlers: se una squilibrata era stata capace di individuare il punto esatto in cui sorgeva la sua abitazione, cosa sarebbe successo se un’altra persona con le rotelle sottosopra avesse avuto il ghiribizzo di farle visita? Cosa avrebbe potuto fare lei per impedirglielo?

No, Los Angeles non era più il posto sicuro che credeva. Bisognava cambiare aria, almeno per un po’…

 

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DIANA J.STEWHEART