FANS

di Samuel CASERA


Lonely Days STILL LIFE – Natura Morta

La radio mandava a ripetizione, ormai da giorni, la stessa playlist automanica, un sentimento di pesante solitudine mi assaliva e con esso, nell’ombra della mia mente, la paura di morire ogni secondo. Una giornata, una delle tante, solo qualche anno fa sarebbe stata proprio così, una giornata noiosa, dove non avresti saputo cosa fare e molto probabilmente l’avresti passata seduto sul divano, a vedere i preziosi canali di cucina di tua mamma, oppure buttato su una sedia , in camera tua, sul tuo computer, bei tempi! Già, davvero bei tempi, quando ancora avevo un comodo divano, una televisione, una sedia sulla quale buttarmi, un p.c. sul quale scrivere e una mamma.

Bei tempi, quando tutto era una scoperta, quando si provava amore per le persone, quando un suo sguardo ti faceva credere di aver scoperto il mondo. Come posso pretendere di vivere e sopravvivere, ora che c’è così bisogno d’aiuto, ora che c’è così bisogno d’amore, ora che ho davvero bisogno di te. Combattiamo, con ogni mezzo, contro quella che noi credevamo fosse una leggera febbriciattola stagionale, una febbre che uccise gran parte della popolazione, la gente era spaventata, vi furono milioni di funerali, nuovi cimiteri e nuova terra che veniva ogni volta smossa e lanciata sulle tombe, piccole e bianche, oppure grandi e nere.

Fu il periodo dove forse le pompe funebri fecero più soldi, più successo. In città, per le strade, si parlava solo di loro, degli impresari delle pompe funebri e di quanto si stessero arricchendo. Ma potete benissimo comprendere, che non serve vantarsi di possedere più soldi, quando non vi è più gente con cui vantarsi. La gente continuava a morire e nessuno capiva il perchè. Furono due mesi di morti, due mesi di notti insonnie, due mesi prima della fine. Come potete aver capito, tutti i morti, mietuti da quella improbabile e assurda febbre, sorsero dalle loro tombe, grandi e nere, o piccole e bianche, e iniziarono a venire ad abitare in città, scacciando a suon di morsi la gente che era già per miracolo sopravvissuta alla dannata febbre.

Scappai, eravamo un gruppo vasto, diciassette elementi, che videro ogni giorno, la speranza svanire. L’esercito era impreparato a una situazione così tanto catastrofica, e noi, forse perchè amavamo i vecchi film di Zombie, tentammo di arrangiarci, commettendo gravi errori, eravamo inesperti, ERAVAMO.

Ora sono solo il suono del mio passo, un passo peggiore di quello dei morti, un passo che non avevo, e che mai ho avuto in tutta la mia vita, un passo stanco, stanco di scappare. Lei è volata ieri, un bel morso di una di quelle merde ci ha divisi, ci conoscevamo da più o meno 5 anni, cinque anni di te, troppi pochi. Ti amavo, ti amavo troppo e quando lei mi chiese di sparargli in fronte, non esitai, lo feci perchè sono abituato ora a uccidere, troppo abituato a uccidere morti su morti su morti, come altri, anzi, come spero stiano facendo altri, in altre sacche di resistenza. Eri tu la mia resistenza Matilde, eri tu la mia forza.

Ora la radio manda a ripetizione le stesse canzoni, guardo il tuo corpo esanime e mentre le note di Hallelujah di Jeff Buckley rieccheggiano già per la quarta volta oggi nell’aria. Ragazzi, capite di essere spacciati, quando l’unico amico che vi rimane è un cantante di una canzone, una delle tante, e lui sicuramente morto. Così, sulle parole struggenti di quella dannata canzone mi alzo, mi sistemo la camicia, preparo un colpo nella quarantaquattro magnum e rivedo i volti di tutti, di tutti quelli che ho ucciso o che ho perso nella mia misera vita. Mi preparo, punto la pistola alla tempia, non grido aiuto al vento, perchè nessuno accoglierebbe la mia richiesta.

Sono pronto e mi preparo in un mezzo secondo a diventare quello che forse sono sempre stato, ma ora è per davvero, NATURA….MORTA.

Samuel Casera


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