Racconti brevi

di Alessandro De Felice


dsc_25481Il ragazzo era steso a terra in posizione fetale con le braccia protese a parare in malo modo i colpi che gli veniva inferti alla rinfusa. La faccia coperta da profonde ferite e si udivano solo gemiti di dolore fuoriuscire dalle sue membra. Man mano che il possente bastone sferrava i colpi, una serie di gocce di liquido organico partivano scagliate in ogni direzione. Alcune cadevano a terra per gravità e, una volta al suolo, si univano formando un miscuglio rossastro con la fanghiglia della pioggia appena cessata. Pugni e calci lo distraevano mentre altri lo derubavano del contenuto delle sue vesti.

La sua storia poteva essere riassunta in tre parole disposte in modo rigorosamente sequenziale : debiti, strozzini e droga.
Marco, questo il suo nome, è il distributore automatico di sostanze più o meno lecite dell’intero distretto.
Ogni volta che qualcuno aveva da ridire sulla qualità del prodotto, se la riprendeva con lui;
ogni volta che il prodotto mancava, se la prendevano con lui;
ogni volta che qualcuno non pagava o era in debito … beh, avete capito.

La situazione in cui si trovava ora era normale routine, ormai ci aveva fatto il callo … sempre se mai ci si  riesce ad adattare a continue percosse ed a qualche osso rotto di tanto in tanto.

Non si può dire che alla gente dispiaceva, era un derelitto, un bastardo approfittatore che avrebbe venduto il culo per qualsiasi cosa. Alcuni dicono che lo abbia fatto già molte volte.
Marco era uno di quegli stronzi che vedi posto strategicamente a chiedere spicci all’uscita di una stazione. Uno di quelli che aveva fatto morire d’infarto il padre e impazzire la madre per aver sperperato tutti i loro risparmi. Un essere abietto al quale piaceva derubare e stuprare ben volentieri le donne sole, avventuratesi nell’oscurità dei vicoli che lui aveva imparato a chiamare casa.

La sua unica consolazione era la protezione offerta dal suo capo dai nuovi padroni deambulanti della catena alimentare.
Ovviamente tutto il resto non era compreso in questa “assicurazione”, quindi le percosse ci stavano.

Dopo che il gruppo di ragazzini si fu allontanato, Marco riprese a stento la posizione eretta e si accorse dell’ovvia mancanza del suo zaino pieno di “provviste”.
Portandosi la mano alla testa, emanò un urlo di dolore e di rabbia che rimbombò più nella sua mente che nella realtà.
-“merda … adesso devo sorbirmi anche il vecchio”, pensò mentre si ripuliva dal lerciume attaccatosi alle sue vesti.

Cercando di ricomporsi senza svenire, si accorse della mancanza di una delle sue scarpe finita a molti metri di distanza.
-“devono avermele date veramente forti stavolta, quasi non vedo niente”, sospirò esponendo a stento una smorfia contenuta in un sorriso quasi accennato.

Mentre proseguiva goffamente verso l’incrocio con lo stradone principale, raccolse la sua calzatura e cercò di indossarla restando in equilibrio su un piede solo.
Tutto inutile.
Il muro per un appoggio immediato era troppo distante e la caduta fu rovinosa.
La testa urtò parzialmente una grata che contornava l’ingresso di una cantina, fu il colpo decisivo per fargli perdere definitivamente il contatto con il mondo esterno.
Ruzzolò in maniera scomposta al suolo, il peso dell’intero corpo cadde completamente sul polso della mano sinistra facendone fuoriuscire uno degli ossicini e provocandone un’innaturale movimento.
Non vi fu alcun suono di rottura, ma la mano del ragazzo ormai poggiava completamente con il dorso sull’avambraccio, schiacciato a sua volta dal fianco.

Un sospiro gli fece perdere conoscenza e quasi lo spense.

 

Il corpo privo di conoscenza fu avvistato da uno dei suoi “colleghi” che ne segnalò subito la presenza.
Stavano per condurlo in barella nel container allestito per ospedale del campo, quando un contrordine, proveniente dal suo datore di lavoro, lo fece invece trasportare come un sacco nelle mani di un umanoide privo di pollici opponibili in uno dei condomini sgombrato di recente.

Buttato sul pavimento di una stanza, venne svegliato da una secchiata d’acqua gelida.

Spasmi involontari percorsero tutto il suo corpo seguiti da impulsi di dolore che lo facevano scuotere come una trota all’amo.

-“È successo ancora”, proferì una voce in un angolo.

Il ragazzo cercò di aprire gli occhi e di orientarsi verso la fonte del suono.

-“l’hai fatto succedere ancora BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA”, proseguì la voce con tono alterato.

Solo con l’aumentare del volume, riconobbe chi fosse. Cercò di sbattere più e più volte le palpebre per mettere a fuoco ma qualcosa in lui glie lo impediva.
-“Vecchio io non…”
-“Tu sei alle mie dipendenze razza di merdina di topo di fogna, devi rispettare la mia autorità”, lo interruppe l’uomo.
-“ok … ok … io sono stato colto alla sprovvista, erano in cinque o sei … no… non ricordo”, farfugliò Marco.
-“Potevano essere anche in venti per quanto cazzo mi riguarda, brutta merda, ti sei fatto prendere lo zaino pieno di quella nuova merda prodotta dal nostro chimico”
-“forse erano in sette”
-“sta zitto brutto stronzo !”, tuonò un energumeno mentre gli sferrava un possente calcio all’addome.

Il ragazzo iniziò a tossire in maniera frenetica e spasmodica.

-“Dovevi solo uscire dalle mura e prendere quel cazzo di zaino dal chimico per poi riportarlo qui, invece sei sparito per tutto il giorno”, proseguì il vecchio uomo.
-“Ho avuto una pesante mattinata”, rispose Marco prima che un nuovo calcio lo colpisse.

-“Cosa cazzo devo fare con te ?, non servi a nulla, mi hai perso due carichi nel giro di due giorni … cosa cazzo ti sta succedendo Marco, non te ne frega più nulla ?”
-“No”

Il vecchio si ammutolì.

-“Prima eri molto più servizievole, ti pagavo anche bene e la cosa non pareva dispiacerti poiché spendevi tutto per farti curare le ferite amorevolmente nel bordello di Borgogni, dico bene ?”
-“Dici bene”, rispose sorridendo il ragazzo ripensando alle offerte speciali del venerdì in quel locale.
-“Allora mi spieghi cosa cazzo ti è successo ?, sembra che tu abbia fatto il bagno in una vasca di sangue…”
-“Magari fosse quello, vecchio”, ribatte Marco.
-“Se vuoi morire basta che non lo fai quando hai un mio carico addosso !”
-“E poi dove lo trovo il divertimento di vedere le tue vene sulla fronte che sembrano scoppiare ?”, pronunciò fissando il vecchio dritto negli occhi.
-“Stai rischiando grosso figliuolo”
-“Tanto sono già morto, stronzo !”

Oramai i calci sull’addome stavano diventando ripetitivi.
Marco continuava a perdere sangue, quando il suo capo ordinò di spostarlo in un’altra stanza per medicarlo.

Occhi vitrei e quasi assenti si specchiarono dentro quelli dell’anziano boss.
Quel tipo di occhio che ormai si eri abituati a vedere e sfortunatamente anche a convivere.
La cosa non balzò immediatamente alla mente del vecchio … e questo fu un grave errore.
Troppo attaccato alla sua materiale perdita per accorgesi del madornale orrore che si stava compiendo sotto il suo naso.

Era ormai troppo tardi quando uno dei suoi medici si accorse che la fonte principale del dissanguamento di Marco non era dovuta alle percosse. Un enorme squarcio su una gamba aveva causato la perdita della maggior parte del sangue, favorendo però l’ingresso di qualcosa di molto più pericoloso.

In un attimo, la coscienza di Marco non c’era più. Al suo posto nacque qualcosa di nuovo.
Al di fuori sembrava tutto normale, o per lo meno quello che c’è da aspettarsi su un paziente che ha subito quel tipo di trauma.

Dentro il ragazzo esplose una forza oscura e tetra che l’aveva assorbito totalmente ormai da ore.

Quelle stanzette con i rispettivi corridoi erano state una gabbia sin dalla loro costruzione.

Quando si inserisce un nuovo predatore in un habitat sazio di oppressione, egli ha il più completo controllo.

Urli e grida proferirono presto da tutto il palazzo.

Un nuovo essere veloce e sanguinario era appena nato.

Un essere che Il vecchio si ritrovò ben presto sulla soglia della sua porta.

 

 

Alessandro De Felice


 

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