Racconti brevi

di Luca Pennati


golf1Mi considero ancora un giocatore, certo non è più la stessa cosa ma ogni tanto un paio di colpi li tiro. Prima giravo il mondo in compagnia della mia sacca da golf. Ero un professionista. Giocavo con un handicap davvero minimo. Una volta ho pure superato il taglio del secondo giorno all’US Open.

Mi piaceva tutto di questo sport: completo, rilassante, mi portava in posti bellissimi, incontravo sempre persone interessanti, tenevo allenata la mente e guadagnavo pure un bel po’ di soldi.

 

Purtroppo il morbo prese il sopravvento e anche se qualcuno tra di noi cercò di resistere non fu più possibile frequentare i grandi club.

Infatti, nel 2014, quando la Guerra Mondiale degli Zombi era appena agli inizi e sebbene il mondo non fosse pronto ad affrontare un’apocalisse di quella portata, nel club più importante d’Italia c’era chi continuava a giocare a golf.

A Torino presso il Golf Club La Mandria, a pochi chilometri dalla città, in cui si giocava il torneo più prestigioso d’Italia, il 71°, stabilirono addirittura delle regole specifiche e provvisorie per riuscire a giocare anche in caso di apocalisse zombie. L’Open era sempre l’Open del resto. Me lo ricordo come se fosse ieri… terminai il giro con un discreto -10 e un bottino di circa 30.000 euro ma ovviamente non sono mai riuscito a spenderli. Per mia sfortuna, fu ordinata l’evacuazione generale proprio mentre consegnavano gli assegni.

Sembrerà strano, ma già in tempi di pace era normale imbattersi in ostacoli particolari durante i tornei come gli squali nei laghi sui campi Australiani o gli alligatori negli States. Quindi fu altrettanto normale aggiornare le regole per affrontare l’epoca Z.

Queste regole speciali erano poche e chiare.

Per prima cosa fu definito “l’ostacolo non-morto vagante” che aveva pari valenza di qualsiasi altro ostacolo, in pratica era  parte integrante del percorso.

I giocatori erano pregati di raccogliere le eventuali parti di corpo umano,  le schegge di bombe o di proiettili rinvenuti sul tracciato, per evitare che potessero danneggiare i tosaerba utilizzati dalla manutenzione.

Se invece, i membri del club si trovavano a giocare durante invasioni di gruppi di non-morti superiori a tre elementi o in mezzo ad eventuali sparatorie o bombardamenti, potevano andare a trovare riparo, senza incorrere in alcuna penalità per la sospensione del gioco, presso i rifugi corazzati predisposti per l’occasione lungo il percorso. In media uno ogni due buche.

Nel caso in cui, invece, la pallina fosse caduta accanto a non-morti vaganti, a bombe inesplose o parti di esse oppure a proiettili o bossoli, si poteva droppare senza penalità. Tuttavia se il non-morto si fosse avvicinato troppo, si aveva il diritto di eliminarlo seduta stante mediante un singolo colpo ben assestato nella testa utilizzando una mazza a scelta tra le proprie.

Inoltre, se la pallina fosse andata distrutta, mossa o persa a causa del non-morto, si poteva sostituire con un’altra pallina, sempre senza penalità.

Bisognava prestare particolare attenzione alle bandierine teschiate poste sul percorso da precedenti giocatori: indicavano la presenza dei non-morti ancora vaganti e non eliminati.

Se poi la pallina piombava in buche causate dallo scoppio di bombe, anche in questo caso si poteva droppare senza penalità. Penalità che invece non si potevano evitare, nel caso in cui il colpo di un giocatore avversario fosse stato disturbato dal proprio tentativo non riuscito di eliminare i non-morti singoli: per poter ritirare, bisognava contare un colpo in più.

Queste condizioni erano certamente una novità che mai prima di allora si era pensato di dover affrontare quindi figuriamoci se con le regole standard si sarebbero potute dirimere le questioni di gioco comprendenti i non-morti vaganti ma il golf ha sempre avuto le sue regole ferree e tutto funziona in base ad esse. Inoltre per i veri cultori di questo sport la voglia di giocare viene prima di tutto, anche dei non-morti; quindi, non si lasciarono certo spaventare dalle “avversità” incombenti. Tuttavia all’epoca si pensava che la situazione sarebbe stata temporanea, invece peggiorò al punto da costringerci a vivere isolati completamente.

Infatti, ancora oggi non è possibile uscire liberamente oltre le mura dei posti sicuri. È troppo pericoloso ed è tutta colpa del piano d’intervento scarsamente messo in atto quando si diffuse il morbo. In pratica l’Italia non attivò la strategia di prevenzione come gli altri paesi. Malauguratamente, fecero entrare tutti i profughi provenienti dalle zone più a rischio senza un minimo di controlli specifici e quando si decisero a bloccare le frontiere, l’infezione era ormai ovunque.

 

Sono cinque anni che viviamo barricati all’interno della caserma dei Carabinieri in centro a Torino, siamo un po’ uno sopra l’altro ma siamo vivi. Naturalmente l’unica cosa che non ci manca sono le scorte di munizioni, per il resto riusciamo a compiere delle ronde all’esterno e a coltivare qualcosa su quella che una volta era la piazza d’armi.

 

Ora più che professionista di golf mi sento soprattutto un cecchino. Ho inventato un nuovo modo di giocare a golf: uso le granate. Infatti, lavorando nel magazzino dell’armeria mi sono ritagliato del tempo per costruire delle granate speciali, a forma sferica. Non c’è niente di più divertente di quando salgo sul tetto della torretta di guardia lungo le murate alte e tiro il mio swing potente sulla folla di non-morti. Cerco sempre qualche colpo particolare, magari uno zombie da solo che se ne sta lì impalato come una bandierina di un campo pratica mortale.

 

Per me è un rilassamento unico quando tirando un bel colpo sento il botto finale: metto la granata sul tee, prendo posizione e vado di swing. Ho uno swing fluido e deciso. La granata si alza bene anche se effettua una parabola non proprio perfetta, in fin dei conti non si tratta di una pallina regolamentare ma fa il suo sporco lavoro. Ho imparato a conoscere il suo comportamento in volo e di solito ricade dove avevo previsto: proprio nel centro dell’orda. È come se fossi andato in buca con un tiro solo: un eagle perfetto e l’emozione è impareggiabile. BOOOM! Ciao ciao bastardi. A questo punto col mio fidato ferro 7 posso scendere a fare pulizia di teste.

 

Chissà se un giorno riusciremo di nuovo a varcare la soglia di un vero Club, intanto vado a preparami altre palline “speciali” che oggi sono in vena.

Luca Pennati


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