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di Filippo Villa


Che gli zombie siano ormai un fenomeno di culto non è più una novità: dall’inizio della serie tv di The Walking Dead, è rinato un genere sia dal punto di vista videoludico, sia fumettistico, sia televisivo.

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Abbiamo già parlato in passato riguardo alle origini di questo genere e di come il suo padre più conosciuto, George Romero non avesse solo in mente un tipo di horror allo scopo di spaventare gli spettatori; ma anzi avesse come scopo quello di usare la minaccia non morta come strumento al fine di denunciare a livello socio-politico e militare il suo paese.
Una strategia adottata da sempre dalla letteratura satirica e dalle più fini menti artistiche.
Recentemente il papà degli zombie moderni è stato intervistato da Tim Robey -un critico cinematografico- il quale non ha potuto esimersi dal chiedere un parere sulle più recenti forme di arte zombie.

Una domanda in particolare ha scatenato una critica alle produzioni di questi anni.
Romero racconta di come gli sia stato proposto di dirigere alcune puntate di Twd, ma che abbia rifiutato l’offerta, non ritenendolo all’altezza della sua idea di zombie, abbassandolo a mera “soap opera” con gli zombie come contorno: alla serie mancano infatti tutti quegli elementi di satira che tanto caratterizzavano i suoi film.

Leggendo questa intervista mi sono trovato comunque d’accordo con la maggior parte dei pensieri del regista, come ad esempio la pochezza di film come world war z ,che abbassano il livello di comprensione a mero splatter con trama banale, ma sarebbe bene sottolineare come il diverso modo di affrontare certi argomenti da parte di serie tv o film sia cambiato e reso senza dubbio più “commerciale” nella maggior parte delle produzioni.
Romero parla quasi sicuramente solo della serie tv di TWD, già aspramente criticata ad esempio nella sua seconda stagione per i suoi toni troppo prolissi e senza mordente: ebbene ammetto che non poteva incontrare i gusti dei più, ma eravamo ancora agli inizi e la logica dell’opera doveva essere ancora colta e apprezzata dal pubblico (dal punto di vista della critica è un altro paio di maniche).

The walking dead è molto di più: ci sono sequenze molto pesanti e crude, ma principalmente l’obiettivo di Kirkman non è quello di parlare degli zombie: ma di persone che cercano di vivere e non solo di sopravvivere, per non diventare loro stesse  morti viventi: è parlare di leadership, di scontri emotivi in un mondo in cui questi  trovano molto difficilmente spazio.
Trovo imprecisa la critica di Romero, resa tale anche per colpa dell’intervista abbastanza striminzita che si trova sul web.

Kirkman non fa una satira diretta, ma una più psicologica e indiretta accusando i comportamenti dell’uomo singolo, non tanto quelli globali di una nazione.
Ci sono molti temi affrontati: indottrinamento, violenza, egoismo, indifferenza, istinti repressi o troppo espressi, il peso delle responsabilità e dei sentimenti, persino l’adolescenza,  per non parlare della morale e del concetto di potere.
Personalmente trovo che quest’opera abbia un buonissimo bilanciamento, soprattutto nel fumetto: la serie tv può in effetti soffrire di momenti morti o storie parallele che devono essere fatte o allungate poiché i tempi e gli spazi tra tv e fumetto sono diversissimi (Ricordiamo anche che la serie tv è sempre supervisionata da Kirkman, che la usa come veicolo di nuove idee e prove diverse da quelle che ha in mente per il fumetto.)

L’intervista continua e Romero ci spiega che per lui gli zombie possono rappresentare “di tutto” , la cosa importante è sottolineare come le persone affrontano questa catastrofe, un’idea sovrapponibile con quella di Kirkman.
Sicuramente non possiamo dare torto a Romero, poiché di certo non è l’ultimo arrivato in questo campo ed è innegabile che i suoi lavori avessero una forza espressiva e artistica difficilmente raggiungibile, basta ricordare  la pellicola nella sua saga zombie che introduceva addirittura una fisiologia dello zombie tale da arrivare a un non morto dotato di cognizione di sé.

C’è da dire che recentemente Romero è entrato a far parte del mondo Marvel con “Empire of the Dead” che vedrà il secondo arco narrativo a breve: un comic che vede zombie contro vampiri, quindi non morti in una nuova veste, con ricordi della loro vita passata e differenze associabili più ai “vivi”.

Tutti ci dobbiamo evolvere nella nostra arte e lo crede sia Romero (sebbene non apprezzi le evoluzioni altrui) come anche suo figlio, che ha in mente di portare avanti l’eredità del genitore, con un progetto iniziale che mirerà a girare un prequel alla “Notte dei morti viventi”.
Il giovane regista promette di ridefinire il genere, di reinventare lo zombie: non ci resta che aspettare e sperare in questa iniziativa che si basa su donazioni da parte del pubblico.

Ma soprattutto: Cosa ne penserà George una volta visto il lavoro del figlio?
Una soap opera, o un’evoluzione degli Z-movie?
Ai posteri non morti l’ardua sentenza.


 

 

 

 

Filippo Villa


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