FANS

di Nicola Luceri


L’uomo aprì la cella con la pistola tranquillante spianata
di fronte a sé, pronto a spararmi, ma, cogliendolo di
sorpresa, con un balzo, mi avventai contro. Rimasi
stupito di quanta forza avessi recuperato grazie al siero.
Premetti forte il piccolo arnese, che il mio deretano mi
aveva regalato assieme alla chiavetta USB, contro il
collo dell’individuo e gli aghi penetrarono nella sua
carne. Il liquido entrò in circolo e spiazzò l’uomo che,
con uno sguardo stupito, crollò al suolo.
Cosa diavolo conteneva quella boccetta? Era grande
quanto un campione di profumo eppure lo aveva messo
k.o. in un paio di secondi. Poco importava in quel
momento. Dovevo scappare.
Prima, però, raccolsi la pistola dalla fondina dell’uomo.
“Massimo, sono pronto, ce l’ho fatta”.
“Fantastico! Ora esci dalla cella, torna verso l’ascensore
e prendi il corridoio sulla sinistra. Là troverai una sala
con dei computer. Abbatti chiunque si ponga sul tuo
cammino: non esitare un istante o finirai di nuovo sotto
il loro controllo. Resto in linea ad ascoltare. Tu procedi”.
Raggiunsi il laboratorio con le sirene che suonavano
incessantemente. Qualcuno dietro la telecamera aveva
dato l’allarme. C’era d’aspettarselo. Secondo Massimo
avevo meno di un minuto per infilare la chiavetta
nel computer centrale, poi la sicurezza mi avrebbe raggiunto.
Fortunatamente la sala computer era vuota. Vidi solo
un’infinità di computer davanti a me con porte USB
ovunque. Dove caspita dovevo infilarla? Massimo
anticipò la mia domanda e mi descrisse il computer
centrale. Mi catapultai contro il super computer,
collegato al database statunitense, e feci per infilare la
chiavetta in una delle porte, ma uno sparo scoppiò
vicino al mio orecchio. Il forte rumore mi stordì, ma
feci in tempo a realizzare che due uomini della sicurezza
mi stavano puntando contro le loro pistole.
Istintivamente presi la pistola che avevo recuperato e
sparai due colpi dritto in testa ai due individui. Dove
avevo imparato a sparare così bene? Il primo colpo si
piazzò al centro della fronte della guardia più giovane, il
secondo scalfì l’orecchio dell’altro e l’uomo si accasciò
in ginocchio premendosi l’orecchio con una mano e
puntando la pistola contro di me con l’altra. Non esitai
un attimo di più. Sparai un altro colpo contro l’uomo,
ma la pistola fece click. E ancora click. I colpi erano
finiti! Dannazione! Solo due colpi in canna! Mi buttai
per terra e il proiettile sparato dal bastardo sibilò sulla
mia testa. Infilai la chiavetta in una delle porte libere del
computer, tenendomi in ginocchio. Poi pregai.
“Sessanta secondi, Claudio. Tienilo occupato per solo
sessanta secondi e i dati saranno nostri”.
A me sessanta secondi sembravano un’eternità.

Nicola Luceri


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