Racconti brevi

di Alessandro Undici


Il Natale è sempre stato a tinte rosse, quest’anno però il rosso è più vivo, intenso.

E’ un rosso che scorre, un rosso che ricopre, un rosso che non può essere lavato via.

Ricordo il Natale dell’anno scorso, e quello dell’anno prima, e quello dell’anno prima ancora, tutti scanditi dalle stesse meccaniche e dalle ripetitive consuetudini, tutti uguali, diversi solo dal punto di vista temporale, che piomba puntuale a ricordarci che il tempo scorre e non torna indietro.

Atmosfera tipica, alberello sintetico per cuori di plastica.

Le cene? Un sadico gioco al massacro, tavola imbandita fino a mettere a dura prova le quattro gambe che lo sorreggono e assieme a loro anche il nostro apparato digerente. Porzioni strabordanti, roba da far allentare le cinte e sbottonare le camicie. Per finire fiumi di spumante e chili di panettone ripieno e farcito dalla merdosissima accoppiata uvetta-canditi (accuratamente messi da parte per ovviare alla perenne mancanza di caselle sulle cartelle della noiosissima tombola). Si, la tombola, un appuntamento soporifero imprescindibile, da giocare con la scusa di far contenti i più piccoli, ma che smorza il già flebile entusiasmo di tutti i partecipanti. Lo sfondo costellato da addobbi kitsch e il tutto accompagnato dall’immancabile sottofondo musicale.

Conto alla rovescia, auguri di mezzanotte, è nato il Signore! Sorrisi stampati, abbracci sinceri, cuori colmi di speranza in qualcosa di bello per il futuro, che qualcosa cambi o che finalmente accada.

Il più gradito ospite è sempre lui… l’alcool! Fedele compagno di mille avventure, utilissimo nelle situazioni più tediose e manna dal cielo durante le cene più indigeste.

Insomma mi sono dilungato abbastanza, tutti gli anni era sempre la stessa solfa.

Vi dico la verità, anche se penso che l’avevate già intuito, ne avevo piene la palle del Natale (per palle non intendo gli addobbi, sia chiaro). Si respirava quell’atmosfera finta perbenista dal sapore di ipocrisia e farcita di apparenti buone intenzioni.

Mi è sempre rimasto sullo stomaco questo giorno. Ciò che mi è accaduto è dunque una maledizione nella maledizione. Mi ritrovo relegato qui in un pianeta invaso da morti viventi a vivere il Natale tutto l’anno (non so davvero quale delle due cose sia peggio).

-“Porca di una miseria, ma questa maledetta apocalisse non sarebbe potuta arrivare con un cazzo di mese in anticipo? Siamo a Maggio ormai e le abitazioni sono ancora addobbate a festa. Nessuno tirerà giù quei Babbi Natale scoloriti appesi ai balconi e nessuno libererà le città dalle luminarie, nessuno sostituirà quei cartelloni pubblicitari con le offerte natalizie, è un incubo”-.

“Se non puoi uscire dal tunnel, arredalo!” Curioso questo aforisma ma racchiude a pieno la mia situazione. Ho dovuto adattarmi.

In un mondo senza regole, mi sono autoproclamato Babbo Natale.

Abito tradizionale un po’ ingiallito e macchiato di sangue, scarpe antinfortunistiche, barba folta e capelli lunghi… rigorosamente veri, se devo entrare nella parte preferisco fare le cose in grande stile!

Il vecchio Babbo è andato in pensione amici OH-OH-OH ora ci sono io… certo un po’ lo invidio, lui lavorava solo a Dicembre, a me invece tocca sbattermi tutto l’anno.

Mi sono attrezzato: La mia slitta è una carrozza funebre risalente alla metà dell’800, rivisitata e rinforzata per l’occasione, le mie renne sono degli zombie. Si, avete capito bene, proprio loro! La mia carrozza è trainata da queste putride teste vuote. Non mi posso lamentare, fanno il loro dovere e sono instancabili. Mi scarrozzano ovunque, sempre! Ho inventato e brevettato per loro un sistema semplice quanto infallibile. Davanti a tutti ho innescato, su di una lunga canna da pesca in carbonio, un bel pezzo di carne fresca, penzolante e in bella mostra. Questa esca li spinge ad andare avanti, all’infinito. Quando ho necessità di fermarli mi basta alzare la canna da pesca e far sparire l’esca dietro le loro teste. Geniale, vero?!

Ovviamente ho avuto la premura di prendere le dovute precauzioni. Hanno le mani legate, una catena al collo e delle belle museruole per cani di grossa taglia. Li ho resi praticamente inoffensivi ma totalmente efficienti.

Cosa faccio tutto il giorno?

Cerco sopravvissuti e soprattutto elimino zombie, fottuti, dannati zombie, senza dimenticarmi di sopravvivere, in fondo… sono o non sono Babbo Natale?

Cari bambini, mandatemi pure una letterina, vi leggerò volentieri.

Con affetto, Babbo.

 

Alessandro Undici


Lascia un commento