Racconti brevi

di Anna Liguori


Stanotte sono salita sul tetto del minimarket, per non sentire questo odore terribile. Gli zombie hanno fatto un gran fracasso con i loro grugniti e le mascelle in moto. Se non altro, sono riuscita a stiracchiarmi, sono settimane che continuo a camminare piegata tra gli scaffali per non farmi vedere attraverso le vetrine.
Chiusa qui dentro, non morirò di fame, ma mi annoio. Passo le giornate distesa sul pavimento a fissare il soffitto. I neon tremolano, il rumore dei frigoriferi fa da sottofondo alla radio. Non so cosa sia successo, ma, finalmente, c’è una stazione radio che trasmette musica decente.

La macchina mi ha abbandonato qualche metro più in là. Sono riuscita a rinchiudermi in questo market. Ho dovuto far fuori il commesso e un paio di avventori. Ovviamente erano infetti, non ho l’abitudine di uccidere persone a caso. Normalmente uccido su commissione.

Sì, sono un killer, sì mi piace e, sì, mi pagano profumatamente. Ma non credo che in questa situazione conti qualcosa.
In un’apocalisse zombie diventiamo tutti efferati assassini, diventa lecito forare il cranio al
prossimo, o te o loro. Immagino che per molti sia stata una bella liberazione. Armi impolverate rinchiuse in cantina, coltelli sacrificali da collezione, zappe, bastoni…
Anni passati a sopprimere l’istinto omicida che, latente, ci stuzzica tutte le volte che il tuo capo sfoggia l’auto nuova, le volte che qualcuno salta la fila agli sportelli o quando la suocera critica il tuo timballo. In tutti quei dannati momenti, accarezzi virtualmente la tua Colt, e sogni con soddisfazione il tonfo del corpo sul pavimento. Siamo tutti dei potenziali killer, l’ordine sociale ce lo impedisce, peggio ancora la legge. Ora che il caos regna, possiamo sbizzarrirci un pò come ci pare. L’unica regola, puoi far fuori solo zombie. Peccato.
Non tutti, però, diventano tiratori scelti, ed io, senza falsa modestia, sono fottutamente brava e di questi tempi, aiuta.
Se non fosse che il mio arsenale è chiuso in macchina: due fucili M16; un AK-47, regalo di un cliente, tre calibro 9; una 44 magnum, questa perché sono un pò sentimentale; venti coltelli da lancio, tre coltelli a scatto frontale, una katana.
Ora ho il revolver scarico, mi è rimasto solo il machete che ho portato con me appena scesa dalla macchina in panne.

Sto impazzendo qui dentro. Dal tetto ho una buona visuale, se avessi un’arma potrei far fuori tutti gli zombie che deambulano qui intorno.
Libererei la strada e avrei il tempo di trovare un altro mezzo. L’alternativa sarebbe aprire un varco con il machete e scappare alla cieca. Sembra l’unica possibile.
Mi alzo in piedi e guardo da tutti i lati dell’edificio.
Tre zombie sbattono ripetutamente contro la porta sul retro, altri due camminano senza meta alle loro spalle. Il grosso è all’ingresso principale, ne conto quindici in tutto, probabilmente attirati dalla radio. Lo spazio sul retro è limitato, anche se ce ne sono di meno potrei rimanere in trappola. Scelgo l’ingresso sulla strada, anche se più numerosi, posso superali in velocità, sebbene ci sia il rischio che spuntino dalle case più avanti, attirati dal rumore. Comunque vada, sarà una cazzata lasciare questo posto pieno di viveri. Ma se avessi voluto una vita tranquilla, mi sarei sposata e fatta ingravidare già da un pezzo.
Scendo nel market, preparo uno zaino con quello che pare ancora commestibile. Mi guardo allo specchio, sono un disastro ma, non è certo il momento di incipriarsi il naso.

Direi che è arrivato il momento di lasciare questo posto. Mi tiro su, dritta in piedi, senza pensarci, sono già fuori in strada. Gli zombie mi hanno vista e vengono verso di me. Apro in due il primo con il machete, scanso il secondo piegandomi e gli falcio le gambe. Riesco a respingerne altri tre. Sono quasi alla macchina, mi guardo in giro. Gli altri zombie sono attirati da qualcos’altro. Tanto meglio. Ho aperto il portabagagli e tirato fuori il borsone con le armi. Ora mi sento più sicura. Devo trovare un mezzo. Finalmente armata fino ai denti, mi dirigo verso il mucchio di zombie. Sono tutti intorno ad un’auto ferma poco lontano. Non mi faccio pregare, cadono come mosche appena sfioro il grilletto del M16.

Ve l’ho detto: sono fottutamente brava. Ora, distinguo meglio la macchina, sembra un vecchio taxi e dentro c’è qualcuno che tenta di uscire. Un cadavere sta bloccando la portiera. Mi avvicino senza mollare il fucile e sposto il corpo.

“Scendete, senza fare scherzi.”

“Ok, ok ma non sparare, siamo vivi”

“L’avevo capito, scendete ora.”

Lentamente, la portiera si apre, il sole si riflette sul tetto giallo del taxi; tutto intorno, l’ammasso di zombie dona alla scena una certa comicità. Abbasso il fucile, ho quasi voglia di ridere, quando mi trovo davanti un negro con la scopa in mano e uno con la faccia da stronzo.

Anna Liguori


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