ArticoliEditorialeScienza e Survival

di Igor Zanchelli


 

La consolidata letteratura, cartacea e cinematografica, che affronta la tematica zombie, sostanzialmente si divide in due grandi correnti di pensiero. Quella di ispirazione romeriana, con zombie lenti, putrescenti, incapaci di qualsiasi azione complessa, e quella più moderna che vede i morti viventi essere agili, veloci, forti e a volte in grado di elaborare strategie, al fine di poter afferrare e gustarsi un povero essere umano.

Ma se per assurdo, un’apocalisse zombie dovesse realmente accadere, con che tipo di redivivi avremmo a che fare?

Ci troveremmo di fronte i lenti bradipi romeriani o piuttosto ai centometristi moderni?

Per rispondere a questa non facile domanda, occorre necessariamente in primis stabilire se l’epidemia sarà scatenata dall’uomo, oppure se sarà il risultato di una evoluzione naturale di qualche organismo vivente. Inoltre, bisogna capire se gli zombie debbano essere catalogati nella categoria dei predatori o no.

Per ciò che attiene la prima domanda, la letteratura è orientata sulla causa antropologica dell’evento Z, sia esso un virus, un batterio, una sostanza chimica. L’uomo crea il mostro e non riesce più a controllarlo. È assodato, purtroppo, che l’essere umano inventa, modifica, crea organismi aggressivi e letali sostanzialmente solo per uno scopo: utilizzarlo in guerra, per sfruttarlo come arma.

Tuttavia un’arma, per essere veramente efficace, deve essere letale, aggressiva ed estremamente potente. Assodato e concordi su questo, è facile dedurre che un organismo, creato per essere usato come arma, capace di trasformare un uomo in uno zombie, deve necessariamente essere efficace.

Ma come si manifesta questa efficacia?

Semplicemente rendendo lo zombie più resistente, agile, veloce e abbastanza duraturo per portare a termine la missione per la quale viene scatenato. Però, questi esseri, non devono essere eterni, altrimenti la zona dove l’arma è stata impiegata, risulterebbe compromessa per tutte le parti in guerra.

Quindi niente morti che camminano, ma piuttosto esseri che hanno perso le funzioni cerebrali superiori e sono mossi solo dall’istinto. Rabbiosi e aggressivi, ma vivi biologicamente, che hanno necessità di nutrirsi per poter continuare a vivere. L’istinto di sopravvivenza, che è innato in noi, porterebbe questi esseri a cacciare gli altri uomini per non morire.

I grandi vantaggi, per le operazioni belliche, di chi disponesse di questa arma le potete immaginare. In questo caso ritroviamo la visione moderna degli zombie.

Se viceversa, l’evento Z fosse creato da una evoluzione naturale di organismi già presenti su questo pianeta (a tal proposito vi ricordo che sono già esistenti virus, batteri e funghi capaci di zombizzare la creatura che contagiano), allora le cose saranno leggermente differenti. Inizialmente gli esseri contagiati potrebbero essere molto più simili alla iconografia di Romero, poiché il salto di specie (dagli animali o insetti all’uomo), necessita di fasi di assestamento e correzioni evolutive per essere efficace e duraturo. Se tutti gli uomini infettati da questo nuovo organismo, avrebbe come effetto la morte del soggetto colpito che vantaggio evolutivo si otterrebbe?

Allora ecco che la natura, come è accaduto in passato, continuerà ad adattare la situazione affinché il passaggio sia efficace.

Ma se gli esseri infetti fossero troppo lenti, gli organismi infettanti non riuscirebbero a riprodursi e espandersi. Probabilmente, dunque, l’evoluzione porterebbe gli infetti ad essere veloci o quantomeno agili, spostando lo zombie dal categoria romeriana a quella moderna.

Altra questione da analizzare, è stabilire se gli zombie debbano essere considerati dei predatori o no.

Per predazione si intende: “un tipo di interazione antagonista in cui un organismo predatore usa come fonte di cibo un altro organismo preda” (fonte wikipedia). Ma la predazione, presenta anche un comportamento “che può essere sintetizzato in un massimo di quattro fasi: la ricerca della preda, l’attacco, la cattura e infine la consumazione. La relazione che si viene a creare tra preda e predatore è ovviamente a vantaggio di quest’ultimo” (cit.).

Anche in questo caso è abbastanza ovvio che, per mettere in pratica le quattro fasi sopra descritte, lo zombie debba necessariamente essere veloce e non lento e impacciato, se vuole catturare la sua preda.

Viceversa, se non rientra nella categoria dei predatori, ma piuttosto in quella degli opportunisti (penso alle iene o agli animali che si nutrono di carogne), allora non è necessario che essi siano veloci, ma altresì, cadrebbe il concetto stesso di zombie e sicuramente questi non rappresenterebbero un pericolo per l’essere umano. Non essendo il loro “cibo” basterebbe star loro lontano.

Detto ciò, l’unica conclusione che riesco a trarre da questo modesto gioco di logica è che, per buona pace del grande ed ineguagliabile maestro G. Romero, se mai dovesse verificarsi una apocalisse Z, purtroppo noi esseri umani, ci troveremmo a dover affrontare degli esseri più vicini alla corrente di pensiero moderna. Zombie veloci e agili, e dio non voglia anche “svegli”, piuttosto che esseri putrescenti e lenti, ci daranno la caccia al fine di mangiarci.

Tuttavia per noi ci sono anche buone notizie. Questi esseri possono essere facilmente abbattuti, colpendoli in zone vitali del corpo. Per quanto poc’anzi detto, non sarebbero morti resuscitati ma solo viventi infetti: i loro organi e le loro funzioni di base, che sottintendono la vita, sono funzionanti. Danneggiare questi organi fermerebbe lo zombie.

Naturalmente se a scatenare l’evento Z fosse, invece, l’intervento Divino o qualsiasi altra causa che risulta a noi incomprensibile o sconosciuta, allora le cose possono essere completamente diverse e inimmaginabili. In quest’ultimo caso, l’unica azione di contrasto che l’essere umano possa fare, è sostanzialmente tentare di adattarci, combattendo, fuggendo e nascondendoci per evitare di finire tra le fauci e le fila dei non morti.

 

 

Igor Zanchelli


 

Lascia un commento