Racconti

 

Apocalisse, tempo t=0

Un giorno imprecisato di gennaio 2013

 

 

La Renault 4 arrancava sulla pista di terra liquefatta dalle piogge dei giorni precedenti. La fanghiglia si ammassava con cura ai margini della carreggiata, tingendo di rosso ogni cosa. A sentire i geologi, la ragione di quell’incredibile colorazione sarebbe tutto un parlare di ossidi e silicati dai nomi più improbabili. Una spiegazione che non sta in piedi. Chiunque s’intende un poco di Africa, non può non sapere degli ettolitri di sangue riversato da intere generazioni su quella terra martoriata e che alle prime piogge riaffiora, fluendo grave sulla strada. Se poi vogliamo chiamarla strada, ovviamente…

Stretto al volante, il dottor Kimbali ondeggiava ad ogni curva come un motociclista, nel vano tentativo di compensare la forza centrifuga e mantenersi al centro della pista. Tra derapate e brusche controsterzate da inesperto, una serpentina più cattiva delle altre lo trascinò al centro di una spirale di sbandate sempre meno controllate. Elegantemente di traverso, in apparente assenza di peso, la Renault 4 fluttuò sospesa sul fango come se fosse in orbita. La folle corsa si concluse contro un tronco adagiato sul bordo esterno della curva. L’ostacolo, nient’altro che un fulcro, scatenò quelle leggi della fisica che normalmente si tende a ignorare, portando l’auto a strisciare sulla fiancata con un che di naturale.

È tutto così logico, pensò Kimbali uscendo dalla macchina adagiata sul fianco. Con sollievo constatò che l’avantreno era intatto, anche se lo pneumatico anteriore sinistro aveva reso l’anima al diavolo. Si toccò la fronte. Tra le dita, un fluido dal tono più acceso del rosso circostante lo portò a  diagnosticare una ferita lacero contusa all’altezza del sopracciglio sinistro. Provò a rimettere l’auto in assetto di marcia, ma dopo un paio di penosi tentativi si rassegnò e predispose l’animo a una bella scarpinata. Con l’umidità prossima al cento per cento, il villaggio sembrava più lontano della Luna, nonostante fossero solo un paio di chilometri al massimo.

“E lei dove crede di andare?” disse in francese un caporale armando la mitragliatrice.

“Sono un medico” rispose affrettandosi a posare la borsa per alzare le mani, “devo arrivare al villaggio”

“Da qui non passa nessuno, né uomini né animali, mi spiace dottore”.

Un ragazzino, appena maggiorenne ma bardato di tutto punto e col kalashnikov bene in vista, lo trascinò all’interno di un improvvisato perimetro fatto di sacchetti di terra ammucchiati alla rinfusa, poco più di un nido di mitragliatrice con un paio di teli da tenda a fare da tettoia.

“Devo considerarmi prigioniero di truppe senegalesi che a mia insaputa hanno invaso il mio paese?” chiese Kimbali.

Per tutta risposta il militare alla mitragliatrice si affrettò a indossare il basco azzurro cielo dell’ONU. L’altro si limitò a mostraglielo, con una smorfia che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere un sorriso.

Nel caldo infernale un brivido gelò la schiena del dottore. Quei baschi, subito riposti in una tasca dello zaino, non promettevano nulla di buono.

“Altolà, chi va là?” gridò il mitragliere all’improvviso.

“Sono io, bestia!” rispose una voce nella boscaglia.

“Cosa è successo, capitano, dove sono gli altri?”

Coperto di sangue e ansimante, ignorò la domanda: “Raccattate le vostre cose e andiamo via di qui immediatamente. Solo le armi individuali, cinque caricatori a testa e viveri per tre giorni”. Aprì una cassetta di munizioni. Vi affondò la mano e iniziò a riempire il caricatore della sua pistola come se non avesse detto nulla di strano. Un paio di manciate finirono direttamente nelle tasche della mimetica.

“Abbandonare tutto qui? E gli altri dove sono?” chiese imbarazzato il caporale.

“Non è rimasto più nessuno. Non c’è tempo per le domande, adesso. Muoversi!”

“Mi scusi, capitano…” intervenne Kimbali.

“E lei chi diavolo è, cosa ci fa qui?”

“Sono un medico, devo assolutamente andare al villaggio. C’è una donna che deve partorire e non abbiamo notizie da giorni”

Il capitano scoppiò a ridere: “Quest’altra ci mancava. Mi dica, piuttosto, come ha fatto a superare i check point?”

“Check point? Veramente non ho incontrato anima viva”

A quella notizia il capitano si scosse e iniziò freneticamente a preparare lo zaino buttandoci dentro le sue cose. Il dottore intanto lo seguiva nei suoi spostamenti supplicandolo di lasciarlo andare.

“Allora non mi sono spiegato. Dobbiamo fotterci via di qui, e al più presto. Dov’è la sua auto?”

“A un chilometro a Sud, ho avuto un incidente”

“È marciante?”

“Beh, è riversa su di un fianco e ha una ruota forata, ma niente di irrimediabile”

“Dio ti ringrazio, forse ce la facciamo”

“Ma io devo assolutamente andare al villaggio”

“Dottore, lei non vuole capire. Al villaggio non è rimasto più niente… di vivo, almeno”

“E allora vorrà dire che mi occuperò dei morti” rispose pronto il discepolo di Ippocrate.

Il capitano lo guardò con compassione: “E nemmeno quelli sono rimasti… Forza, dobbiamo far presto”. Armò la pistola e spintonandolo brutalmente lo costrinse a camminare davanti a sé.

La vecchia Renault non deluse il capitano. Una volta rimessa in carreggiata e cambiata la ruota, il motore si avviò al primo tentativo come se nulla fosse. Dopo aver ordinato al soldato alla guida di partire, si rivolse al dottore: “Mi spiace per prima, ma non c’era un minuto da perdere!”

“Mi può dire cosa è successo? Perché stiamo scappando come dei ladri?”

“In realtà non lo so. Abbiamo perso i contatti col villaggio da questa mattina. Il nostro compito era di vigilare il perimetro, ma non ho la più pallida idea di cosa stessero facendo e di cosa sia successo a quelli del CDC. Quando con la mia pattuglia siamo arrivati al villaggio, c’erano solo dei dementi che vagavano azzannandosi a vicenda. Li abbiamo riempiti di piombo e continuavano a venire avanti. Un incubo, ci hanno fatti letteralmente a pezzi. L’ho scampata per miracolo”.

“In che senso azzannavano?”

“Ha presente i cannibali delle barzellette? Bene, quelli lì non avevano bisogno nemmeno del pentolone!”

“Forse si tratta semplicemente di rabbia. Quegli uomini hanno assoluto bisogno di aiuto, non possiamo andarcene così”

“Arrabbiati lo erano senza dubbio, ma non era rabbia, glielo garantisco… e comunque sono io qui a dare gli ordini. Se lo ricordi”

Domande senza risposta e atroci dubbi resero Kimbali catatonico. Continuarono il tragitto in silenzio.

“Capitano, ci siamo quasi. Dietro la curva c’è il comando avanzato” esclamò ad un tratto il caporale alla guida.

“Perfetto, se Dio vuole, tra un po’ saremo fuori da questa merda”.

Giunsero alla piccola radura senza incontrare anima viva. Il varco non era presidiato e le mitragliatrici abbandonate, pendevano dai supporti con i nastri inseriti pronte all’impiego. La bandiera dell’ONU sventolava allegramente sul pennone posto al centro di quella che era un’improvvisata piazza d’armi nel cuore della giungla equatoriale.

“Che le dicevo…” disse Kimbali.

“Qualcuno ha pensato bene di darsela a gambe, e anche piuttosto in fretta a quanto pare” commentò il capitano scendendo dall’auto.

Un’evacuazione d’emergenza a bordo di elicotteri, dato che nulla che pesasse più di uno zainetto tattico era stato prelevato. I quattro si aggiravano smarriti all’interno dello Shelter  comando, con le scrivanie ingombre di carte e dossier con sopra stampigliato il timbro rosso “riservato”. Diverse cartine della zona, appese in bella mostra alle pareti, recavano un grigliato sovraimpresso e una serie di cerchi concentrici di diverse tonalità. Una grossa X stampata proprio sopra il villaggio, corredata dalle relative coordinate GPS, completava il quadro.

“Sono chiaramente aree di contenimento” disse il capitano.

“Perché hanno lasciato tutto qui? Si tratta di materiale Top Secret” chiese perplesso il caporale.

“Già, perché?”

“Cazzo!” esclamò subito dopo il caporale.

“Praticamente fottuti” concluse il capitano annuendo.

“Posso capire anch’io, per favore” chiese Kimbali.

Il caporale, accasciatosi su di una sedia, fissò Kimbali con stupore: “Non è chiaro?”

“Temo proprio di no”

“Ormai qui, e in un raggio di venti chilometri, tecnicamente non c’è più niente. Questione di minuti” affermò sconsolato.

Dal nulla sorse un rombo che si fece via via più intenso. Uscirono attratti da quel richiamo irresistibile e dopo pochi secondi, proprio sulla verticale della radura, passarono due enormi C-130 privi di contrassegni, a volo radente e con il portellone di coda spalancato. Il rombo si fece ancora più intenso e i due velivoli ruppero la formazione, prendendo rapidamente quota.

“Allora non si tratta solo del nostro villaggio” sussurrò tra sé

“A cosa si riferisce, capitano?”

“Lasci stare, ormai non ha più senso”

“Ma che fanno?” chiese ancora Kimbali al capitano.

“Probabilmente stanno raggiungendo la quota prescritta”

“Prescritta per cosa?”

“Mettiamola così, dottore. Se adesso vedrà cadere qualcosa appesa a un paracadute, beh, posso garantirle che non si tratta di rifornimenti e generi di conforto. Speriamo solo che sia sufficiente”.

Detto questo si rivolse ai suoi due uomini: “È stato un onore avervi al mio comando, signori. In libertà” e strinse loro la mano.

Strinse la mano anche al dottore e sedette ai piedi di un albero. Si tolse gli anfibi e li ripose con cura accanto a sé. Sfilò i calzettoni e prese la borraccia. Si lavò le mani, la faccia e versò dell’acqua sui piedi. Li frizionò appena e poi, con la sciarpetta mimetica che aveva al collo, si asciugò. Volse lo sguardo a Est e soddisfatto socchiuse gli occhi.

 

 


 

 

Apocalisse, tempo t=0-5

“Ehm, signor ministro, al villaggio la situazione sta precipitando”

“È irrecuperabile?”

“Diciamo che va oltre le nostre forze”

“Nessun problema, chiamate l’ONU”

 

Apocalisse, tempo t=0-4

“Ehm, mi scusi signor segretario generale, al villaggio la situazione sta peggiorando”

“È irrecuperabile?”

“Diciamo che va oltre le nostre forze”

“Nessun problema, chiamate l’OMS”

 

Apocalisse, tempo t=0-3

“Ehm, mi scusi signor direttore, al villaggio la situazione sta peggiorando”

“È irrecuperabile?”

“Diciamo che va oltre le nostre forze”

“Nessun problema, chiamate il CDC di Atlanta”

 

Apocalisse, tempo t=0-2

“Ehm, mi scusi signor direttore, al villaggio la situazione sta peggiorando”

“È irrecuperabile?”

“Diciamo che va oltre le nostre forze”

“Nessun problema, chiamate il Pentagono”

 

Apocalisse, tempo t=0-1

“Ehm, mi scusi signor generale, al villaggio la situazione sta peggiorando”

“È irrecuperabile?”

“Diciamo che va oltre le nostre forze”

“Nessun problema, chiamate il Presidente”

 

Apocalisse, tempo t=0

Vedi capitolo omonimo

 

Apocalisse, tempo t=0+1

“Ehm, mi scusi signor Presidente, riguardo al villaggio…”

“Dica…”

“Ehm… diciamo che da adesso siamo nella mani di Dio, signor Presidente”

“Nessun problema, ripetete con me: Padre nostro…”

 

Una perfetta, efficiente, rassicurante catena di comando. Grazie a Dio… 

 

 

Gecchi Ventura


 

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