non solo Zombie

 

la lettura è consigliata ad un pubblico adulto

 


 

di Nicola Furia

 

Il culo. Il culo è sopravvalutato. Non capisco la soddisfazione di quei maschi che si vantano di epici rapporti di sodomia con le donne. A me fa veramente schifo. Ma lo sapete che quando lo tirate fuori da quel buco nero, vi ritrovate l’uccello sporco di merda? Ma come cazzo fa a piacervi? A volte qualche amante occasionale, pensando di farmi chissà quale regalo, me lo offre, ma io rifiuto sdegnosamente. Se lo tenga lei quello sfintere puzzolente, quella fogna immonda, quell’osceno tubo di scarico. Dicono che esista l’orgasmo anale… mah, per me è una cazzata inventata per giustificare questa orrenda perversione.

La verità è che le donne sono tutte puttane! Ipocrite e puttane. Se lo farebbero infilare anche nelle narici se potessero. Non se ne salva nessuna. Anche mia madre è puttana, anche mia sorella e, se avessi una figlia, sarebbe puttana pure lei! Esseri creati solo per farci svuotare le palle, non servono a nient’altro.

So di cosa parlo. Ne ho incontrate e ne continuo ad incontrane un’infinità. Me le scopo e poi sparisco. Nell’attimo successivo all’orgasmo, sono già lontano, già distante, già in fuga. E avanti un’altra!

Le contatto su squallidi siti di incontri. Donne sole, annoiate, deluse, inappagate, che chattano con un solo scopo: fottere selvaggiamente. Però, non lo ammettono, sono false, mentono con gli altri e soprattutto con se stesse. Vorrebbero farti credere che non è il sesso che cercano, ma una storia d’amore. Ma vaffanculo, finte santarelline del cazzo! Tutte le volte è la solita solfa, la stessa ipocrita litania. «Sai, non mi crederai, ma è la prima volta che mi iscrivo a questo sito e un po’ me ne vergogno. Sai, non mi crederai, ma è la prima volta che tradisco mio marito. Sai, non mi crederai, ma non ho accettato di vederti solo perché mi piaci fisicamente, ma perché mi piace parlare con te». Quante stronzate!

Il culo. A proposito del culo, più di una volta, sui siti di incontri ho beccato uomini che si spacciavano per donne. Froci bastardi! Schifosi pervertiti! Non ci è voluto molto per sgamarli e Dio solo sa quanto avrei voluto averli tra le mani anziché di fronte ad uno schermo, gli avrei fatto passare per sempre la voglia di cercare cazzi!

Sì, odio anche i froci. Non sopporto la loro mollezza, le movenze ridicole, l’alito che odora di sperma. Sono patetici! E non parliamo poi dei travestiti, quelli fanno veramente ribrezzo, pederasti pigliainculo che si fanno crescere le tette, nascondendo il loro cazzo moscio dentro mutandine di pizzo.  Sono disgustosi e ridicoli con quelle facce pitturate come dei mascheroni da circo. Sia chiaro, non è che io sia esigente o di gusti raffinati, ma, cazzo, esigo quanto meno che la troia che mi sbatto, non sia appena fatta la barba con il rasoio.

Insomma, tutto ciò che è legato al sesso mi fa schifo, eppure non posso farne a meno. Non ci riesco, un incendio infernale mi divampa nelle palle costringendomi a cercare sempre una nuova donna, è più forte di me. E lo faccio pur sapendo che alla fine rimarrò disgustato dai fluidi viscosi, saliva, sudore, umori vaginali e il mio stesso sperma sparso su corpi diversi ma sempre uguali.  Sì, sono un puttaniere seriale, uno scopatore compulsivo, un drogato del sesso.

Beh, non sono solo quello, sono tante altre cose. Sono un uomo violento che non riesce a controllare la rabbia. Alla minima provocazione spacco teste e culi e spesso non serve neanche quella per scatenare la belva che possiede la mia anima. D’altronde non è forse vero che sesso e violenza sono un connubio perfetto?

Sono anche un alcolizzato cronico, vivo in un perenne stato di stordimento continuo, tormentato da allucinazioni perverse dove continuo a vedermi circondato da culi di tutte le forme e dimensioni. Mi opprimono, mi soffocano, mi si appiccicano in faccia come una ventosa. Bevo per dimenticare la mia vita e annegare nell’alcool la mia esistenza. Dicono che sia inutile, invece non è vero. Non ricordo più quasi nulla di me, sono svaniti i colori e gli odori del mio passato, vivo in un perenne presente fatto di fighe rotte e colli di bottiglia…e culi, ovviamente.

Ah, dimenticavo… sono pure uno sbirro.

Uno sbirro tristemente noto nell’ambiente, il Brigadiere Franco Lerci, un cognome e una garanzia. Non sono lo sbirro buono e neanche quello cattivo, sono un altro tipo di sbirro, sporco e corrotto, una vergogna per il reparto. Ma non me ne frega più un cazzo.

Tra i tanti ricordi che l’alcool ha cancellato, ce n’è uno che ancora stranamente permane, il ricordo della speranza e dell’orgoglio che sentii quando mi arruolai. Da che ho memoria di me, fu la prima volta che provai tali sentimenti.  Credetti, o almeno sperai, che quella sana passione potesse sedare la mia anima nera e tutta la rabbia che mi portavo dentro… ma non ci fu alcuna metamorfosi.

Iniziai alla narcotici e vi assicuro che andavo alla grande. Il mio nome di battaglia era “Saetta” per la furia con la quale piombavo su spacciatori e trafficanti. All’ennesima denuncia per abuso di potere, però, mi trasferirono in un’altra sede e in un altro reparto. Per ironia della sorte fui assegnato alla buon costume. Eh già, fu come buttare un fiammifero acceso dentro un fienile. E così, quando scoprirono che invece di reprimere la prostituzione, ne usufruivo allegramente prendendo finanche mazzette da troie e gestori di bordelli vari, il mio dirigente, per evitare lo scandalo, mi spedì in archivio, seppellendomi sotto faldoni ammuffiti di casi irrisolti.

Da lì a poco sarei stato congedato con disonore, ma proprio quando la mia vita sembrava affondare inesorabilmente, quando oramai non c’era più nulla da grattare sul fondo del barile, arrivò la Mantide e mi salvò.

La Mantide. E’ così che i giornalisti hanno chiamato la serial killer fuori di testa che sta facendo strage di uomini. Li rimorchia nei locali per scambisti o per incontri erotici, li porta in albergo, li narcotizza, li lega e, dopo averli brutalmente sodomizzati con giganteschi falli di legno, li sgozza lasciandoli crepare con il culo rotto e la gola tagliata. Ovviamente i miei colleghi brancolano nel buio più totale. Pare che questa pazza sanguinaria sia una bionda, slanciata e avvenente… un gran pezzo di figa insomma. Non mi meraviglia. Anche io, a dispetto del mio cuore corrotto, ho una faccia d’angelo e un fisico asciutto e atletico. Evidentemente Dio ama i maledetti …o è dotato di una vena decisamente sarcastica. La bellezza non è l’unica cosa che mi accomuna a questa folle sanguinaria. La Mantide non fa mai sesso con le sue vittime, le ammalia, se le porta a letto e poi gli fa fare quella fine indegna senza neanche avergliela fatta odorare. Chissà, forse anche lei, come me, è disgustata dai contatti carnali.

«Brigadiere Lerci», mi disse con imbarazzo il dirigente qualche settimana fa, tentando di nascondere l’evidente disprezzo, «le voglio offrire un’occasione di riscatto per rimediare alle infamità che costellano la sua carriera. Ci serve un’esca per catturare la Mantide, qualcuno che sappia infiltrarsi nei sordidi locali frequentati da feccia umana in cerca di sesso facile e lei è l’unico capace di farlo. Crede di esserne in grado? ».

E così eccomi qua, pagato dallo Stato per fare quello che meglio mi riesce, il porco. Mi ubriaco tutte le sere e rimorchio donne a spese del contribuente. Non ho paura della Mantide, prima o poi la incontrerò, i simili si attraggono. La riconoscerò immediatamente e le piazzerò un calibro nove tra gli occhi, divenendo, così, un eroe nazionale, un castigatore di demoni perversi, un fulgido esempio di purezza. La vita è ironica, vero?

***********

Nell’ufficio posto all’ultimo piano del comando di Polizia, i primi pallidi raggi di sole iniziavano a filtrare nella stanza fumosa con le luci ancora accese dalla lunga notte appena trascorsa. Il dirigente sudava copiosamente sfogliando e risfogliando le carte del rapporto giudiziario che ormai aveva imparato a memoria.

«Maresciallo, mi ripeta ancora cos’è accaduto», ordinò sconsolato al detective che gli sedeva di fronte, sperando in cuor suo che la versione dei fatti mutasse miracolosamente.

«Gliel’ho detto, dottore», rispose l’investigatore con stanchezza e imbarazzo, «grazie ai filmati delle telecamere dell’albergo dove la Mantide aveva colpito l’ultima volta, potemmo finalmente vedere il volto dell’indagata. Beh, non solo quello, dottore, le telecamere fissarono anche quel corpo mozzafiato avvolto in un tubino nero e corto. Le testimonianze non mentivano. Si trattava in effetti di una donna bellissima ed eccitante».

«Sì, ho capito, Maresciallo», lo interruppe spazientito il dirigente, «e così lei ha stampato quei frame e li ha distribuiti alla sua squadra.  Però non capisco perché non abbia avvisato il Brigadiere Lerci di tale novità, eppure lo sapevate benissimo che stava agendo sotto copertura per catturarla».

«Dottore, lei ha ragione. La procedura operativa me lo avrebbe imposto. Ma io non mi sono mai fidato di quel maiale in divisa e, come ha visto, non avevo tutti i torti…»

«Va bene, prosegua pure», lo esortò il dirigente prendendo atto che neanche stavolta sarebbe mutato l’epilogo del racconto.

«Sguinzagliai la mia squadra e ci appostammo in diversi locali notturni malfamati. E fu così che, verso le due di notte, fui proprio io ad incrociarla all’entrata del night Paradise. La riconobbi subito. Una come lei non passa certo inosservata. Quella donna bionda con la minigonna e i tacchi a spillo che mi stava passando accanto, era proprio la troia assassina che ci stava togliendo il sonno e facendo venire l’ulcera. Senza alcuna esitazione estrassi l’arma e mi qualificai intimandogli di fermarsi, ma lei reagì immediatamente tirando fuori dalla borsetta una pistola automatica. Non le diedi neanche il tempo di puntarla che feci fuoco. Due colpi in rapida successione all’altezza del cuore. Bang! Bang! Lei barcollò per qualche istante su quei tacchi assurdi e poi stramazzò a terra.  Fu a quel punto che, avvicinandomi al corpo inanimato, nello spostargli i capelli dal volto, scoprii che aveva una parrucca. Ma non fu certo quella scoperta a gelarmi il sangue nelle vene, quanto il volto che vidi sotto quella parrucca bionda. Non credevo ai miei occhi, dottore, ma dietro al fard, al rimmel e al rossetto c’era il volto truccato del…Brigadiere Lerci!»

«Dio onnipotente!» esclamò per l’ennesima volta il dirigente pallido in volto.

«Dottore, dobbiamo prendere atto che la Mantide era proprio il nostro collega travestito da donna. Non se ne faccia un cruccio, lei non poteva sospettarlo quando gli affidò l’incarico. Sì, lo sapevamo tutti che era uno fuori di testa, ma chi avrebbe mai immaginato una sorpresa del genere?», concluse il Maresciallo tentando di consolare il suo capo sempre più affranto.

«Lei non immagina il culo che mi faranno i superiori», si lamentò il dirigente stringendosi la testa fra le mani. «Ma come cazzo è stato arruolato uno così nelle forze dell’ordine?»

«Grazie alla madre», rispose secco l’anziano criminologo entrando nell’ufficio con un faldone sotto il braccio.

«La madre, professore?», chiese confuso il dirigente invitandolo ad accomodarsi in un divanetto in simil pelle.

«Sì, dottore, ho ultimato le prime ricerche e mi sento in grado di fare una prima analisi del soggetto. La madre era una prostituta di alto bordo e uno dei suoi tanti clienti altolocati, un potente funzionario di polizia, di cui per discrezione non indico le generalità, riuscì a far sparire le informazioni permettendone così l’arruolamento».

Dopo essersi accomodato, il criminologo aprì con cura maniacale il prezioso faldone e iniziò ad esporre l’esito degli accertamenti riservati.

«E’ una brutta storia, dottore. Dopo il divorzio dei suoi genitori, Lerci Franco, all’epoca tredicenne, disprezzando la propria madre di facili costumi, andò a vivere con il padre, il quale, caduto in depressione, divenne un alcolizzato. Ma vivere con un padre perennemente ubriaco non fu l’unica amara scoperta del giovane Lerci. Il minore scoprì che il genitore, di notte, si travestiva da donna e andava a battere nei marciapiedi di quartieri degradati. Disgustato da tale scoperta, decise di tornare dalla madre prostituta. Ma non gli andò meglio. Una sera, uno dei clienti perversi della donna, dopo averla narcotizzata, violentò il figlio sodomizzandolo. Per timore di ritorsioni la donna non lo denunciò e mise a tacere la cosa. Sono state sicuramente queste esperienze traumatiche ad aver reso psichicamente instabile il ragazzo. La satiriasi di cui soffriva è sicuramente una delle conseguenze del suo vissuto…»

«…La satiriasi?» chiese perplesso il dirigente.

«L’ipersessualità o dipendenza sessuale», iniziò a declamare il professore, «è un disturbo psicologico-comportamentale che genera la necessità patologica di avere continui rapporti sessuali, sviluppando, quindi, una dipendenza dal sesso identica a quella per un qualsiasi tipo di droga. L’ipersessualità è conosciuta, popolarmente, come ninfomania per le donne. Quando invece è un uomo a soffrirne, prende il nome di satiriasi. In realtà, per quanti rapporti sessuali si riescano ad avere, rimane un perenne stato di insoddisfazione. Inoltre il soggetto affetto da dipendenza sessuale, oltre ad essere anaffettivo, sviluppa gravi disturbi della personalità e dell’umore quali depressione, aggressività… Spesso si riscontra anche l’ossessività. In particolare penso che il soggetto in questione fosse ossessionato dalla penetrazione anale».

«Capisco. E come giustifica il travestimento?», chiese annoiato il dirigente.

«Beh, qui ci troviamo di fronte ad un classico caso di sdoppiamento della personalità», proseguì il professore. «La Mantide aveva preso il sopravvento e Lerci, inconsciamente, con i suoi omicidi, puniva i clienti della madre. E lo faceva vestito da donna per incolpare il padre transessuale della sua devianza criminale. Sì, il tutto è un po’ contorto, ma il quadro mi pare sufficientemente chiaro. Ho anche scoperto il sito dove agganciava le sue vittime, presentandosi con il nickname di Saetta Caliente, ma non riesco a comprendere il perché di quel soprannome», concluse il criminologo.

«Saetta?», si chiese il dirigente «Mhà! Comunque sia, ora cosa cazzo racconto ai giornalisti che affollano da ore la sala delle conferenze stampa?»

«Una mela marcia, dottore», suggerì prontamente il Maresciallo «la classica teoria della mela marcia. Si fidi, funziona sempre».

 

 

Nicola Furia

 


 

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