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Interessante articolo scientifico di Igor Zanchelli sulla durata del sonno in caso di apocalisse zombie.


 

Premessa:

Non sono un medico o un terapista; quello che seguirà non è un articolo medico e non ha la pretesa di avere valenza scientifica seppure basato su studi e ricerche effettuate da scienziati. Altresì non sono uno sperimentatore di tali tecniche perciò non posso confermare empiricamente la bontà di quanto seguirà. Lo scopo di questo articolo è solo informativo, indi se volete saggiare o abbracciare tali tecniche, prima informatevi sui rischi, sui benefici e sulle tecniche, da persone qualificate.

 

Sappiamo tutto (o quasi) sugli zombie. Sappiamo cosa sono, abbiamo imparato come ucciderli, abbiamo cognizione dei loro limiti e i loro punti di forza. Conosciamo anche che non hanno bisogno di respirare, di mangiare, non sentono la stanchezza, non avvertono il dolore e tra le altre cose non hanno bisogno di dormire.

 

Anche il più cazzuto e implacabile sopravvissuto, ha necessità di dormire. La privazione del sonno, è dannosa, incidendo sia sulla concentrazione, sull’umore e su una miriade di fattori psicologici. È nociva anche sull’aspetto più propriamente fisico. Non dormire per tre giorni (persone allenate resistono al massimo cento ore), porta alla morte.

 

Quindi è necessario, in un mondo popolato di morti viventi perennemente a caccia, riuscire a trovare il tempo e il luogo per dormire. Soprattutto è fondamentale dormire in sicurezza. Essere sbranati mentre si sta beatamente riposando non credo sia il massimo, a parte il fatto che probabilmente si morirebbe senza rendersene conto.

 

Appurato che il bisogno di dormire è fondamentale e considerando che mediamente un uomo dai 18 anni in su necessità di circa 6/8 ore di sonno, va da sé che se gli zombie non hanno bisogno di dormire essi avranno un vantaggio temporale enorme.

 

Immaginate di essere in fuga da un’orda di morti viventi. Li avete distanziati ma dovete fermarvi per dormire il minimo sindacale, diciamo 6 ore. La velocità media di un uomo a piedi e tra i 3,6 e i 5,4 km/h, per comodità consideriamo 4 km/h. Ovviamente ci focalizzeremo sugli zombie romeriani, col loro passo strascicato. Essi, probabilmente, avranno una velocità media inferiore a 4 km/h; ma poiché noi sopravvissuti siamo pessimisti, nel nostro schema di sopravvivenza, terremo conto dell’ipotesi peggiore, utilizzando i parametri che valgono per gli umani. Per essere tranquilli ed avere abbastanza margine di sicurezza dovrete distanziare l’orda inseguitrice di almeno 30 km (abbondando di qualche km per essere abbastanza sicuri), questo solo per poter dormire. Stesso ragionamento andrebbe fatto per mangiare e le altre attività.

 

Comprendete che mettere tra voi e i vostri inseguitori 30 km, non disponendo di un mezzo di trasporto, è alquanto difficoltoso e a volte impossibile tenendo conto anche della normale tendenza a diminuire la velocità quando inizia a comparire la stanchezza. Questo ridurrebbe di molto il tempo a disposizione per poter dormire.

 

Possiamo affermare, quindi, che la giornata di uno zombie è di 24 ore effettive; quella di un sopravvissuto è di (nei casi migliori) 18 ore. Queste sei ore di differenza sono un’enormità nella lotta tra la vita e la non-morte. Tralasciamo qui le altre considerazioni sui bisogni umani.

 

Facciamoci un paio di domande: cos’è e a cosa serve il sonno? Possiamo ridurlo, e quanto è il tempo necessario da dedicare al dormire? Rispondiamo alla prima domanda.

 

[…] Il sonno (dal latino somnum) è definito come uno stato di riposo contrapposto alla veglia. Varie definizioni indicano il sonno come “una periodica sospensione dello stato di coscienza durante la quale l’organismo recupera energia; stato di riposo fisico e psichico, caratterizzato dal distaccamento temporaneo della coscienza e della volontà, dal rallentamento delle funzioni neurovegetative e dall’interruzione parziale dei rapporti senso-motori del soggetto con l’ambiente, indispensabile per il ristoro dell’organismo.” Come la veglia, infatti, il sonno è un processo fisiologico attivo che coinvolge l’interazione di componenti multiple del sistema nervoso centrale e autonomo. Due caratteristiche fondamentali distinguono il sonno dallo stato di veglia: la prima è che nel sonno si crea una barriera percettiva fra mondo cosciente e mondo esterno, la seconda è che uno stimolo sensoriale di un certo livello (ad esempio un rumore forte) può superare questa barriera e far svegliare chi dorme. Un adeguato sonno è biologicamente imperativo per il sostenimento della vita […]. (fonte Wikipedia).

 

Esiste, inoltre, una vera e propria architettura del sonno: ipotizzata e teorizzata nel 1963. Secondo tale schema il sonno conta di due differenti fasi, la fase REM e la fase non REM, inserite entrambe in un ciclo che conta cinque differenti stadi (compresa la fase REM) che, durante la notte, si ripetono ogni 90-100 minuti. In particolare, le fasi del sonno, sono le seguenti: veglia, sonno leggero, sonno profondo, sonno profondo effettivo e fase REM (durante quest’ultima fase il soggetto dormiente sogna).

 

Tralasciamo la spiegazione di ogni singola fase: per quanto sia affascinante saperlo, risulta un po’ noiosa e pesante.

 

I vari studi fatti sul sonno concordano nell’affermare che sia il sonno REM che quello non-REM sono necessari per essere in buona salute, ma ancora non si conosce bene il ruolo specifico di ognuno. Sappiamo che durante il sonno non-REM si ha una produzione elevata dell’ormone della crescita che è vitale per la salute fisica, mentre nel sonno REM aumenta il flusso sanguigno verso il cervello, e questo è utile per la salute mentale. Una persona disturbata in fase REM o nel momento di sonno profondo, facilmente presenta sintomi di stress e di nervosismo.

 

Compreso grossolanamente cos’è il sonno, rispondiamo alla seconda domanda. Possiamo ridurre la quantità di sonno necessaria? Ebbene cari sopravvissuti, per quanto può sembrare strano, la risposta è sì.

 

Normalmente il ciclo di veglia/riposo cui l’uomo si attiene è il ciclo circadiano (dal latino circa diem, circa un giorno), il quale regola attraverso l’azione di messaggeri chimici e nervosi i processi organici che avvengono ogni giorno nel nostro corpo; la digestione, la minzione, l’evacuazione, la crescita e il ricambio cellulare sono alcuni esempi. Il nostro orologio biologico determina anche l’alternanza dei periodi di sonno e di veglia con un intervallo piuttosto regolare e costante all’interno del ritmo circadiano, a meno che intervengano alcuni fattori che dall’esterno possono condizionarne in parte il funzionamento.

 

Questo ciclo fa sì che un essere umano ha necessità di circa 6/8 ore di sonno al giorno (viene detto sonno monofasico). Questo tempo, in realtà, non è fisso ma varia in base ad alcuni fattori: età, caratteristiche personali e ambientali; esso varia da un minimo di 17 ore per il neonato, alle 5 degli anziani ultra 65. Tuttavia le ore medie di un uomo adulto in buona salute sono di circa 6/8 ore.

 

Esistono delle tecniche che trasformano il sonno da monofasico a polifasico. Cos’è il sonno polifasico? Il sonno polifasico è una tecnica che permette di ridurre il tempo che dedichi al sonno a: sei ore, quattro ore o addirittura due ore al giorno, a seconda della tecnica che si utilizza.

 

Il cervello, infatti, non ha bisogno di dormire per otto o più ore al giorno per riposare correttamente. Studi di Buckminister Fuller hanno dimostrato che, la fase REM ricopre solo un piccolo periodo temporale rispetto all’intera durata del sonno. La fase REM è l’unica che veramente serve per sopravvivere. Le altre fasi, sia di sonno leggero che di sonno pesante, sono assolutamente inutili. Sono state sviluppate durante l’evoluzione per garantire una maggiore flessibilità e sicurezza nel sonno. È proprio a questo che serve il sonno polifasico: ridurre le fasi di sonno leggero e pesante per riuscire a dormire di meno. Lo studio sostiene che il metodo funziona perché quando la mente sa di non aver tanto tempo a disposizione per riposare, allora entra immediatamente in fase REM senza prima passare per gli altri stadi del sonno. In questo modo, dormire 20 minuti equivale ad un riposo di un’ora e mezza durante una normale notte di sonno.

 

In una normale notte quest’importante fase del sonno dura in totale 2 ore, e difatti con il sonno polifasico si può arrivare a dormire per quella quantità di tempo (metodo Uberman).

 

E’ scientificamente dimostrato che non servono le canoniche otto ore di sonno per riposarsi, ma ne bastano veramente molte di meno (cit. Processes underlying sleep regulation – Alexander A. Borbély, Peter Achermann, Beat Geering e Irene Tobler, per chi è curioso).

 

I metodi che ritengo possano servire ad un sopravvissuto sono i seguenti:

 

METODO EVERYMAN – Si tratta di dividere il sonno in quattro fasi equi-distanziate: una parte principale della durata di tre ore più altre tre da venti minuti. Generalmente viene suggerito di dormire dall’1alle 4 di notte, e i tre riposini alle 9 di mattina, 3 di pomeriggio e 9 di sera.

 

METODO UBERMAN – Il metodo, secondo la maggior parte delle fonti, è stato inventato da Leonardo da Vinci (o comunque è stato lui il primo a metterlo per iscritto) ed è stato il segreto del suo successo. Infatti lui era sì un genio, ma anche per i geni la giornata ha 24 ore; per fare tutto quello che ha fatto lui servirebbe molto più tempo. Il metodo prevede sei fasi di sonno di breve durata, per l’esattezza di venti minuti l’una.

 

La descrizione è molto semplice: bisogna dormire per venti minuti, sei volte al giorno. Sommando tutti i riposini, quindi, si arriva ad un totale di due ore di sonno. In altre parole dormire una volta (20 minuti) ogni quattro ore.

 

 

Con questi metodi, il sopravvissuto necessiterà di dormire molto meno, arrivando a solo due ore con il metodo Uberman. Capite che avere solo due ore di svantaggio sui cari non-morti, aumenta di molto le vostre possibilità di salvezza. Trovare un posto che risulta relativamente sicuro per una mezz’ora è più semplice che per 6/8 ore.

 

Inoltre le 4/6 ore guadagnate daranno più tempo per cercare cibo, riparo, muoversi.

 

In conclusione cari sopravvissuti il detto popolare “chi dorme non piglia pesci” non solo è più vero che mai in un’apocalisse z, ma addirittura si amplia e diventa “chi dorme non piglia pesci… e diventa zombie”.

 

 

Igor Zanchelli


 

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