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Hans Oberhausen-Valdez ci trasporta nell’orrenda base dell’UNITA’ 731, i laboratori di sperimentazione dell’esercito Giapponese.


 

Unità 731, velleità di autodifesa, punti vitali e “Sasui kappo” (Ritorno alla vita)

 

In guerra, anche se dura anni, c’è sempre poco tempo per decisioni politiche che debbano risolvere un particolare tipo di problema operativo, urgente. Di solito la vince, e sopravvive, ma fortunatamente non sempre, chi è più spietato e risoluto, cioè il migliore.

I Giapponesi del secolo scorso non soffrivano di queste preoccupazioni, e non badarono a spese, risorse e cavie umane per allestire quello che fu chiamato “Laboratorio di sperimentazione dell’esercito per la prevenzione epidemica”. Nel 1932 fu affidato al generale Shirō Ishii, il quale promosse la ricerca anche di nuove armi chimiche, batteriologiche; vivisezione, torture, uccisioni di prigionieri inermi, e altri esseri viventi.  La documentazione empirica di quanto analizzato e scoperto, riportata in filmati e trascrizioni, si rivela una testimonianza storica importantissima della crudeltà umana.

Tra questi “studi” infami possiamo ricordare alla rinfusa: la contaminazione di prigionieri con peste, tetano, colera; trapianti senza anestesia, osservazione scientifica della tortura dagli stadi iniziali alla morte del recluso; rianimazioni di prigionieri fatti svenire metodologicamente con procedimenti vari; avvelenamenti di civili, militari e animali, anche mediante nubi tossiche. Insomma, quanto di più disumano possa esser raccontato da qualsiasi terribile film o romanzo dell’orrore. Solo gli Americani riuscirono a valicare quel limite di insuperabile mostruosità, sganciando due bombe atomiche su città di uomini indifesi. Ma è altra storia.

Per procedere al meglio in una vasta indagine per la raccolta di dati specifici, in Manciuria furono costruiti edifici, campi di segregazione, strutture di diverso stampo operativo, e create due Unità per ordine dell’Imperatore Hirohito: una fu quella di Shirō Ishii, ossia il Dipartimento per la prevenzione delle epidemie e per la purificazione dell’acqua dell’Armata del Kuantung (nel 1941 chiamata Unità 731, perché venuta temporalmente dopo le altre 730) schierata nella base di Pingfan; l’altra fu l’Unità Wakamatsu (poi chiamata Unità 100) schierata a Mengchiatun.

Uno dei compiti principali dell’Unità 731 era quello di scandagliare, trovare e codificare velocemente tecniche guerriere ancestrali per abbattere con pochi colpi il nemico (soprattutto americano) più prestante per la costituzione fisica, che nella lotta corpo a corpo avrebbe avuto la meglio, in virtù della bruta forza proveniente semplicemente da conformazione razziale più robusta, rispetto ai Giapponesi bassi e magri.

Si occupò di questo settore di esperimenti un famoso maestro di arti marziali dell’epoca, tale Fujita Saiko, che radunò diversi altri capi guerrieri di circa trenta scuole (ryu), obbligandoli a portare e svelare i propri “makimono” (rotoli manoscritti) riguardanti innumerevoli tecniche esoteriche di combattimento atavico codificate da secoli e custoditi nella propria sede di insegnamento. Furono dunque sintetizzati circa ottanta Punti vitali, di importanza immediata per abbattere a mani nude il nemico, e altri secondari; redatti i 43 “Kuatsu” (metodi di rianimazione e rinvenimento). I maestri ebbero anche il compito di eseguire i colpi a mani nude e sperimentare direttamente sui prigionieri (cioè cavie) cinesi, coreani, russi, americani.

L’Unita 731 fu sciolta alla fine della Seconda guerra mondiale, anche se molti tra i principali componenti, responsabili, direttori, medici, soldati, maestri, implicati in crimini di guerra, non furono mai processati. Come avviene spesso alla fine di un conflitto, i vincitori assoldarono e salvarono diversi di questi esseri disumani (tra i quali il famoso Shirō Ishii) per continuare le ricerche, protetti dalla bandiera vittoriosa del disonore, quella dei difensori ed esportatori della nuova democrazia e civiltà.

I dettagli di siffatte documentazioni devono essere qui tralasciati, perché per nostra valutazione non hanno nulla di umano e di interessante. Probabilmente entusiasmano un settore macabro di qualche letteratura medica o dell’orrore. Solo a titolo di esempio riportiamo alcune annotazioni: “il prigioniero americano X viene colpito violentemente dal maestro Y con un Seiken (pugno chiuso) nel punto Suigetsu (plesso solare), causando quasi uno svenimento. Il prigioniero recupera fiato e si rialza da solo dopo due minuti. Non necessita di aiuto medico. Ritornato in forze, viene colpito con Teisho (palmo della mano) al punto Shoho (che come tutti sappiamo si trova nella parte inferiore dello sterno), bloccando il respiro e causando un arresto cardiaco. Il paziente è rianimato con Kuatsu 3 e 4. Sopravvive”.

Nel 1987 è stato anche prodotto un film: “Men behind the sun” di Tun Fei Mou, agghiacciante, orrendo e crudo, ma mai quanto la storia qui raccontata sinteticamente.

Nelle prossime esposizioni entreremo nei dettagli di alcuni degli ottanta punti vitali codificati dall’Unità 731, che si trovano tutti approssimativamente sulla stessa linea retta perpendicolare della parte anteriore del corpo umano, al solo scopo di essere usati in una possibile difesa secondaria (rispetto alla fuga, che è sempre quella primaria); dei metodi per colpirli, delle conseguenze possibili a questi traumi. L’argomento sarà trattato solo per la suddetta parte del corpo, che è quella che a noi interessa come autodifesa. Le parti laterali e posteriori saranno tralasciate, non avendo noi scopi di aggressione, soppressione di sentinelle o di individui inermi o armati. Non siamo ancora in guerra!

I punti che verranno descritti riguardano sempre una distanza “a contatto” o ravvicinata, che implica un pericolo di sopravvivenza o sopraffazione qualsiasi. In una simile evenienza — come a causa di qualsiasi colpo sferrato ad una distanza inferiore ai cinquanta cm — ogni attacco ha grossissime probabilità di arrivare sull’obiettivo, soprattutto se colui che si difende non è armato come l’aggressore. Esamineremo solo quattro (le migliori, immediate e più che sufficienti) delle trenta armi naturali dell’uomo, ovviamente inferiori per potenza e funzionalità ad artigli, fauci, e mitragliatrici varie.

 

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(Punti vitali anteriori, Ipponken 1 e 2)

 
 

 Hans Oberhausen-Valdez

 


 

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