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Per la serie “Le assurde Cronache di Capocchia”: Psycho Sex !


PSYCHO SEX

* Nicola Capocchia

 

 

Erano settimane che non incappavo nei Fratelli Ballettieri, ebbene con mio grande stupore era come se Nick fosse Matt e Matt fosse Nick.

Matt Ballettieri, lo sciupafemmine, il consumatore di droghe, l’uomo che non deve chiedere mai, era davvero giù di tono, quasi depresso: «Trastullandomi allo specchio, ho visto il capo imbiancato, segni inequivocabili di stempiatura, piccole rughe sul viso e scendendo, oltre i visceri in guerra tra alcool e porchetta, ho visto lui. Mi stavo asciugando i peli del cazzo col phon, i peli capisci, mi sentivo invecchiato Nicola. Certo prevedendo l’avanzare della tecnologia, ben presto anche l’i-phone avrebbe adempiuto a questo compito tra un imberbe selfie ed un uno peloso».

Matt mi sembrava fuori di testa.

Nick fischiettava dalla cucina, aspettando che la vecchia carriola rigurgitasse un decente caffè: «lascialo perdere Nicola, quello si è completamente rincitrullito».

I ruoli si erano invertiti. Lo scanzonato Matt era diventato un essere estremamente pedante ed eccessivamente preoccupato. Nick era passato all’altra sponda, frivolo e per certi versi ordinario.

«Caffè, sigaretta, cagata perfetta, ne vuoi un po’ Nicola, però abbiamo un bagno solo, dovrai accontentarti del vaso in argilla in terrazza» disse Nick sogghignando.

Matt: «Come mi ha fatto mia madre, capisci Nicola, sono lì irsuti come neri fili di rame, lei invece mi ha detto che ama i senza peli ed è andata via».

Matt continuava a pensare, in una sorta di soliloquio ipnotico: «il phon, non che mi dispiaccia come pratica erogena, forse è un ricordo di mia mamma che mi asciugava i capelli, e pensava che avrei avuto un futuro del cazzo”. Le sorelle scapole di mia madre, poi, me le sento brontolare nella testa “Matt, hai una certa età, dovresti sposarti”, contrarre il matrimonio in pratica, come fosse un operazione di merchandising. I brand stavano aspettando un altro pollo da spennare, da lanciare nel sacro fuoco del vincolo del matrimonio. Casa, abbigliamento, e mobili, auto e rate, mutui e fideiussioni in un liturgico vincolo con le multinazionali».

«Matt dovresti avere dei figli, alla tua età, una stampella per la vecchiaia o un trampolino di lancio verso una precoce morte? Non puoi arrovellarti il cervello per il tuo cazzo peloso, sei fuori moda, non hai manco un tatuaggio», disse Nick, caricandoci un peso da mille.

Il carico da mille lanciato da Nick ebbe lo stesso effetto di un proiettile a salve sparato in un ricovero per sordi, Matt continuava a scuotere il capo, facendo a gara, calcolatrice alla mano, con la morte.

«Tra ascisse e ordinate mi mancheranno si e no una trentina d’anni di vita, stando alle medie europee. È lì in tiro, fino all’ultimo millimetro dell’ultimo minuto della mia vita, pronto per l’uso sempre e comunque ma lei è andata via, Nick, capisci, andata… entiende?».

Non che mi disimpegnassi col sesso come pratica prettamente ludica, forse era un ricordo di mio cugino che mi raccontava le sue iperboliche scopate estive e pensava che avrei avuto un futuro del cazzo. Le sorelle di mio cugino, poi, le sento ancora sbrodolare nella testa: “Nicola dovresti provare alla tua età”. Ormai i pensieri avevano catturato il mio subconscio, anch’io ero preda di Matt. «Si certo, ci sto provando, purché la smettiate di rompermi i coglioni anche dopo trent’anni» proclamai ad alta voce.

Ed eccomi qui a contemplarlo, barbuto e sconfortato, Matt era l’ombra di se stesso.

«Ma posso sapere che accipicchia vi è preso?» chiesi con veemenza.

«Allora Nicola, Matt ha avuto buca, è stato mollato da una pischella nell’atto di una deflagrante ascesa verso l’olimpo della eiaculazione»

«Ma come cazzo parli Nick, sembra di essere negli anni ottanta, vi siete davvero rincoglioniti».

Matt scuoteva il capo, Nick perdurò a mantenere quel sorriso sprezzante.

All’improvviso la stanza veniva invasa da una impenetrabile coltre di nefaste nubi maleodoranti, un muro di immondi fetori. Era dall’epoca della visita di Tommy* che non mi capitava di restare senza fiato e senza vie d’uscita. Un fetore podalico, calzini di spugna impregnati di sudori d’annata, presumibilmente un 1974. Rupofobica come il compianto Winston Churchill ma non all’altezza del grande statista anglofono, molto di più. Diceva di essere una psicologa, e non una qualunque, la migliore, la regina degli psicologi, immagino i suoi pazienti letteralmente atterriti ai suoi piedi, indubbiamente una pedipolatrice.

«Ciao sono Susanna, la psicologa di Matt e tu dovresti essere Nicola, ho sentito parlare di te, un grande avvenire come giornalista e scrittore ma dimmi un po’ perché incroci le gambe? Hai consumato il caffè di Nick, ahahaha» una risatina niente male, da spogliarellista di sporche mutande da taverna.

“E chi era questa qui”, mi sforzai di ricordare un qualsiasi appiglio mnemonico ma il mio campo mentale era completamente obnubilato.

«Si piacere» le allungai la mano con un pizzico di professionalità mista a perplessità: «Sono Nicola Capocchia, redattore della Gazzetta del Popolo e provetto scrittore».

«Hai proprio un cognome del cazzo, ahahahaha».

I presupposti divennero nefasti.

Matt e Susanna si rintanarono nella loro alcova. Dalla stanza: «No Matt, lo sai che sono allergica al lattice, stenditi, si da bravo, lascia fare tutto a me, non devi temere, questa conflittualità, il tuo sentimento di frustrazione verso la tua ex partner, eventuali problematiche legate al rapporto con i tuoi genitori… Non temere Matt ti aiuterò a superare questo blocco, non hai certo il blocco dello scrittore come quel tuo amico sapientone, come si chiama Nicola, Nicola Calecchia»

«Susanna forse dovrei semplicemente depilarmi»

«No Matt, la tua virilità ne uscirà rafforzata, allora da bravo togli le mani, fammi vedere cosa c’è lì sotto».

Avrei voluto prenderla a calci in culo…
 

 

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*Giornalista della Gazzetta del Popolo, redattore del magazine razione ILZ


 

 

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