Editorialerecensioni cinematografiche

RECENSIONE DEL FILM “THE GIRL WITH ALL THE GIFTS”

 

 

ATTENZIONE CONTIENE SPOILERS SUL FILM

 

Premessa fondamentale: questo film è tratto dal libro omonimo di Mike Carey tradotto in italiano, come al solito senza alcun senso logico rispetto alla trama, “La ragazza che sapeva troppo”.

Il libro è una piccola perla nel panorama dei libri Zombie tanto in voga adesso e, come sempre, quando mi avvicino ad un film che è tratto da un libro da me così amato, ho i miei sani dubbi sulla riuscita dello stesso, tenuto conto che si tratta di due media tanto diversi.

Ebbene qui il problema è stato intelligentemente aggirato usando come sceneggiatore del film lo stesso autore del libro che, pur adeguando la trama al media diverso, ne ha mantenuto le caratteristiche fondamentali che lo rendevano speciale.

La storia è basata su una realtà distopica in Inghilterra, tratta dal mito di Pandora.

Partiamo con un buio totale ed angosciante  e sentiamo la voce di una bambina che conta. Scopriamo poi che è in una cella e sta fissando due foto di un gattino e di un panorama campestre. Ciò che immediatamente ci fa capire che “qualcosa non va” è il suono di una sirena che induce la bambina a vestirsi con una tuta arancione, che nei Paesi anglosassoni è tipica dei detenuti, ed a sedersi su una sedia a rotelle pronta per essere bloccata completamente con dei lacci da dei soldati armati.

Scopriamo che si chiama Melanie e che si comporta come se tutto facesse parte della sua routine quotidiana e lascia noi ancora più a bocca aperta proprio per questo. Viene portata in un’aula con altri bimbi come lei dove un’insegnante, Helen Jastineau,  che lei adora apertamente, tiene loro lezioni ogni giorno.

Racconta appunto il mito di Pandora ai bimbi, colei che aprì il famoso vaso e fece uscire tutti i mali del mondo, ma anche la speranza.

A questo punto diventa chiaro che questi bimbi non sono “normali”, specie quando un sergente, Eddie Parks,  a capo della struttura,  si arrabbia con la maestra che si avvicina troppo a Melanie e le dimostra, togliendosi del gel che porta addosso, cosa diventano questi bimbi in presenza dell’odore della carne viva, Zombie affamati.

Ora capiamo subito perché Melanie trova normale mangiare vermi per cena, e perché i soldati, pur con le sue caratteristiche gentili ed in presenza di un’intelligenza nettamente sopra la norma, hanno il terrore di lei. L’unica a non capirlo sembra essere proprio Melanie.

Così come non capisce, fino a che non vi viene portata lei stessa, cosa in realtà faccia la Dottoressa Caldwell con i bimbi che porta via durante la notte. Li viviseziona per trovare un vaccino contro il fungo che sta invadendo il mondo.

E tutta la verità del reale mondo di Melanie si apre a noi durante un attacco Zombie alla struttura in cui è rinchiusa, così come a lei si presenta violentemente la verità del suo reale essere: davanti a due soldati, che tentano di far male alla sua insegnante preferita, si trasforma proprio in un uno Zombie e ne mangia dei pezzi, rimanendo poi sotto shock per le sue azioni.

A questo punto parte la seconda parte del film. I sopravvissuti all’attacco della base, Mrs. Justineau, il Sergente Parks, la Dottoressa CCaldwell, due soldati e Melanie stessa, cominciano a vagare in questa Inghilterra distopica dove la natura ha ripreso il controllo del mondo, per cercare un altro avamposto umano.

Arrivando a Londra vediamo quanto la devastazione sia diventata totale: la città è come sommersa in una giungla ed è piena di “Hungry” (come vengono chiamati gli Zombie) in uno stato letargico, pieni di un fungo, che ne ha causato la trasformazione, e pronti a reagire a qualsiasi presenza di carne viva, animale od umana.

Melanie diventa la salvezza del gruppo con le sue capacità e la sua possibilità di vagare indisturbata tra gli Zombie, ma scopre anche di essere parte di una seconda generazione di infetti, bambini nati da madri infette che si sono fatti strada nel mondo mangiando le loro madri dall’interno. Che si sono adattati al fungo e sono quindi in simbiosi con lo stesso, rimanendo quindi umani nelle caratteristiche di pensiero ed azione, ma non nel cibarsi.

E cresce in lei la consapevolezza che ciò che la Dottoressa Caldwell vuole da lei prima di morire per una setticemia, e cioè il suo cervello per salvare il mondo con un antidoto, non sia proprio ciò che sia giusto fare, come le sembrava all’inizio.

Il fungo infatti è passato alla seconda fase, usando la prima generazione di infetti come terreno di cultura per un’enorme pianta che ricopre un grattacielo piena di spore pronte ad aprirsi ed ad invadere il mondo.

Melanie capisce che la “vecchia” umanità ha fatto il suo tempo, che sono lei ed altri bimbi abbandonati in strada e quindi senza educazione, ma con le sue stesse possibilità di sviluppo, il futuro del mondo e quindi libera le spore nell’aria, perché il mondo, spiega al Sergente Parks in fin di vita, non è finito, semplicemente non è più della vecchia umanità, ma appartiene alla nuova specie.

E salvando Mrs. Justineau in un laboratorio mobile sigillato, la userà come insegnante per i bimbi come lei, perché creino il nuovo mondo.

Il finale è splendido, senza concessioni di sorta alla speranza per noi e per la nostra cultura. Melanie è la nuova Pandora e crea un mondo dove la natura verrà rispettata, dopo essersi chiaramente “vendicata” con il fungo dei “soprusi” subiti dall’umanità per secoli. Dà una nuova speranza al nostro mondo, ma senza di noi, ormai obsoleti.

Incredibili le performance di Sennia Nanua (Melanie) e di Paddy Considine (Sergente Parks), con un aiuto incredibile anche da parte di Glenn Close (Dottoressa CCaldwell) e di Gemma Arterton (Mrs. Justineau).

Così come la colonna sonora angosciante e martellante ti accompagna dentro quel mondo distopico in maniera geniale e senza “darti vie d’uscita”.

Bravissimo Mike Carey ad adattare il suo romanzo al cinema mantenendo le caratteristiche di critica sociale, ambientale e comportamentale rispetto al nostro mondo.

Così come il regista Colm McCarthy, alla sua prima esperienza sul grande schermo, riesce a rendere perfettamente Melanie nella sua duplicità. Mai ci fidiamo interamente di lei, mai pensiamo “povera bimba trattata come un animale” dopo averla vista in azione come Zombie, ma neanche riusciamo ad odiarla interamente, proprio per la sua sensibilità e la sua intelligenza. Siamo sempre sul precipizio dell’odio o dell’amore verso di lei. Fino a che lei non decide per noi, come fa con il mondo, e forse riesce anche a convincerci che in fondo abbia anche ragione lei.

Un film che ha aperto il Festival del Cinema di Locarno e che può essere considerato il vero “finale” alla critica sociale inaugurata da Romero con “La notte dei Morti Viventi”. Qui nessuno fugge in cerca della salvezza “in eterno”; qui la “nuova generazione di esseri umani” finisce per vincere, perché, secondo l’autore, se lo merita, dopo che la vecchia generazione ha buttato via tutti i “doni” del mondo.

Un film assolutamente da non perdere per chiunque, amanti degli Zombie e non.
 

Antonella Cella

 

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