Editorialerecensioni cinematografiche

 

 
Mi cimento, con grande piacere,  per la prima volta nella recensione di un altro dei miei amori assoluti, un film dell’MCU (Marvel Cinematic Universe). Lo specifico subito per correttezza verso i lettori.

L’MCU è attualmente il mio brand cinematografico del cuore (quelli storici e inossidabili sono coerenti con la mia età, Star Wars e Star Trek) e considero la Marvel di un bel pezzo migliore di qualsiasi cosa esca al cinema negli ultimi anni relativo ai supereroi.

Ha avuto un pregio che credo sia il motivo della sua incredibile popolarità. Ha fatto avvicinare me e milioni di altre persone che non leggono fumetti ai supereroi. Ce li ha fatti conoscere. Ci ha spinto ad aspettare anni per vedere il seguito di film creando un universo condiviso e coerente. Cosa che se mi avessero detto prima della sua venuta, non avrei mai creduto possibile.

Quindi la mia recensione sarà necessariamente inficiata da questo amore e dall’ammirazione, specialmente rivolti verso il creatore e “comandante in capo” di tutto questo, Kevin Feige, il Presidente della Marvel.

Nello stesso tempo, ritengo giusto dire che trovavo i “I Guardiani della Galassia” leggermente inferiori agli altri prodotti di questo universo cinematografico.

Parlo al passato perché lunedì 24 Aprile scorso sono andata alla maratona Guardiani ed ho potuto vedere entrambi i film (il primo ed il secondo) uno di seguito all’altro ed ho trovato un balzo in avanti nella qualità del Capitolo Secondo della saga incredibile.

James Gunn, una volta espletate le funzioni di presentazione dei personaggi, semi-sconosciuti peraltro anche a molti amanti dei fumetti, nel primo Capitolo, si è sbizzarrito con loro e ne è risultato un film divertente, drammatico, intelligente, affascinante e micidiale nell’agganciarti alla sedia senza un attimo di tregua.

Ti prende e ti porta su un ottovolante di emozioni con una sicurezza nella guida micidiale: inizi ridendo, arrivi a piangere, con tutta una serie di emozioni in mezzo che fanno volare le due ore ed un quarto della durata del film.

Dona uno spessore tridimensionale ai personaggi molto chiaro e preciso, te li rende amici intimi in pochissimo tempo. Empatizzi con loro, chi più chi meno, senza indugi. Tieni alla loro sorte in maniera viscerale. E questo anche per quelli che ti presenta in questo film, come Mantis, la compagnia di Ego, il padre di Peter Quill. Anche e proprio perché, nonostante la tecnologia avanzatissima rispetto alla nostra terrestre, colpisce molto vedere Quill che usa ancora il lettore di cassette audio per sentire le canzoni di sua madre; che rimane a bocca aperta davanti ad un vecchio MP3.  Ti avvicina a lui, e non ti fa sentire così lontano da lui e da tutti loro, come se appartenessero ad un altro universo. Anzi, l’empatia aumenta a dismisura.

Capisci e comprendi anche il comportamento negativo di alcuni personaggi nel primo Capitolo: Nebula e Yondu.

Ami profondamente Drax e la sua apparente durezza, con un  Batista che rende al meglio il personaggio. Gunn fa di lui quello che dice sempre ciò che pensa e vede, senza filtri, come se fossimo noi a parlare di ciò che vediamo da “fuori”. Ma lo rende anche molto umano. Alla fine è quello che capisce le emozioni altrui meglio e più profondamente di loro stessi.

E, soprattutto, molto furbescamente, ma senza che tu abbia la minima possibilità di resistervi, ti fa adorare Baby Groot sopra tutto e tutti.

E sai benissimo che non esiste nella realtà, che è un “effetto speciale”, come Rocket. Ma la logica non serve a niente, le emozioni comandano sovrane e ti innamori perdutamente di questo baby albero, del suo modo di comportarsi con gli altri, dei suoi capricci, della sua vulnerabilità e della sua forza.

Signori e Signore, un regista che sa fare questo a uomini e donne indistintamente, in maniera diversa certo, ma sempre a tutti, è un grande regista. E’ uno di quei registi che sa dove colpire lo spettatore, che sa leggere nel suo cuore e nel suo cervello, che sa rendere la sceneggiatura, per quanto folle ad una prima lettura, logica visivamente. Che ti fa credere, in poche parole, che i baby alberi esistono, così come i procioni modificati geneticamente, le donne rosse, verdi e blu. I pianeti “umani”. Gli dei, in poche parole.

Che sa introdurti nel prossimo passo dell’MCU, Infinity War, con naturalezza e senza sforzo. Così come portarti nel terzo Capitolo dei Guardiani nella stessa maniera.

Gunn usa ancora gli anni 80/90 come base per la “cultura” di Quill e ce lo rende vicino, perché quella sua cultura e conoscenza della Terra è la nostra. Persino i ragazzi in sala conoscevano Hasselhoff e KIT, la macchina “parlante”; Mary Poppins e le canzoni tipiche di quegli anni, che Quill usa come ricordo della madre.

Questo film parla del rapporto padre/figlio, di quello tra sorelle e fratelli, di razza “superiore”, di amori non espressi e di vera amicizia in maniera allegra e “leggera”, ma lascia cicatrici ed emozioni evidenti nel tuo cuore di spettatore. Non ti fa uscire dal cinema senza “niente”, anzi ti lascia pensieri e riflessioni “pesanti”, nonostante non “ti faccia la predica”.

Questo è uno di quei film che la Marvel fa uscire come “secondario” rispetto a quelli sui supereroi più conosciuti, ma che le darà, come il primo e forse anche di più, tante soddisfazioni. Perché diventa “primario” da solo, con il passaparola degli spettatori.

Sicuramente da vedere, indipendentemente dall’MCU, perché è, nella sua apparente semplicità, un gran film.
 

Antonella Cella
jackson1966


 

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