Editorialerecensioni serial tv

 

 

Trama

 
“Tornato a casa da scuola, l’introverso adolescente Clay Jensen s’imbatte in una misteriosa scatola con il suo nome scritto sopra. All’interno, Clay trova alcune audiocassette registrate da Hannah Baker, la compagna di classe per la quale si era preso una cotta. Lei, toltasi tragicamente la vita due settimane prima, spiega nelle registrazioni i tredici motivi per cui ha deciso di farla finita, e Clay potrebbe essere uno di essi. Per lui ascoltare significherà capirne di più, rivelando la storia intricata e straziante di questa ragazza.” (da https://www.comingsoon.it/serietv/tredici/1627/scheda/)
 


 

Recensione
di Viola Della Rina

 

 

 
È difficile per me parlare di questa serie tv, per svariati motivi.

Il primo fra tutti è perché sono madre di una figlia lanciata verso l’adolescenza, il secondo, a margine, è che sono stata anche io, non molto tempo fa,  un’adolescente problematica, non ne facciamo una questione anagrafica… ormai è universalmente riconosciuto che l’adolescenza finisca molto dopo i ventuno, ventidue anni.

Quando sei adolescente ogni emozione viene spinta all’estremo, tanto la gioia quanto il dolore; chi di noi non ricorda il primo Amore, la sensazione che sarebbe durato per sempre, il dolore fisico della sua lontananza e le gambe molli quando lo si incrociava nei corridoi della scuola, allo stesso tempo ogni torto, ogni dispetto, ogni litigio ci sembravano insormontabili, impossibili da dimenticare.

Così come noi anche Hannah Baker affronta la sua adolescenza estremamente, così tanto da rimanerne schiacciata e non riuscire a superarla.

La serie si apre infatti con il suo suicidio, prima di morire aveva registrato 13 musicassette in cui sono spiegati i motivi del suo gesto. Tredici puntate per tredici lati, una puntata per ogni persona, tredici motivi (non a caso il titolo originale della serie tv è Thirteen reason why).

È una serie che ho letteralmente divorato e che mi ha lasciato una stranissima sensazione alla bocca dello stomaco.

Innanzitutto non sono riuscita a empatizzare per niente con Hannah, tranne che nelle ultime puntate. Per tutta la serie dà la sensazione di essere una ragazza che non vive ma che si lascia vivere, gli altri le fanno del male, gli altri la illudono e lei in tutto si fa passare due anni addosso senza mai fare niente di concreto per cambiare.

Certo si deve considerare che è il punto di vista di una persona che si è suicidata e che quindi ha la convinzione che tutti ce l’abbiano con lei, che nessuno possa aiutarla, quindi è anche normale che non ci sia alcuna freccia puntata su di lei.

Ho empatizzato invece tantissimo con Clay, lui sì che è in balia degli eventi, si ritrova un’enorme patata  bollente in mano, e con l’enorme rischio di rimanerne più che scottato decide consapevolmente di continuare ad ascoltare anche se fa male, anche se creerà sempre più dolore.

La madre di Hannah, interpretata magistralmente da Kate Walsh, è riuscita a suscitarmi una gamma di emozioni vastissime, dalla rabbia per non aver capito fino in fondo la figlia, al dolore vero e proprio mentre cerca di soccorrerla quando lei è già morta (no, non è uno spoiler).

So di una petizione per portare “tredici” all’interno delle scuole, secondo me non c’è niente di più sbagliato.

I temi affrontati, dal bullismo, allo stupro, alla droga vengono esaminati con realismo; senza scadere in inutili pietismi, alcune scene risultano davvero difficili da guardare senza distogliere lo sguardo, ed era questa la precisa volontà degli sceneggiatori.

Il suicidio invece ne esce romanzato, la ragazza che si ammazza diventa un simbolo, una martire, e arrivati a un certo punto anche lo spettatore sente che non probabilmente non c’era una strada diversa da quella scelta da Hannah, e, in una generazione già abbastanza bombardata da social e cyber bulli, il messaggio dovrebbe essere chiaro: la strada è questa, percorretela senza paura, non fate in modo che gli altri decidano per voi.

Le cassette di Hannah innescano poi una serie di eventi che sinceramente tutto sono tranne che un messaggio positivo.

Un ultimo appunto. La serie mi è suonata temporalmente sbagliata.  È ambientata ai giorni nostri, ma senza alcun riferimento ai social, ad internet, se non casualmente. Una generazione che a malapena conosce l’uso del lettore cd riesce a mantenere il segreto su delle stranissime musicassette. Insomma, si tratta di una serie che sarebbe stata perfetta negli anni ’80 ma che stona decisamente ambientata ai giorni nostri.

In conclusione, è da vedere e da far vedere, consigliata e da consigliare. Con tutte le sue contraddizioni e tutti i suoi limiti è comunque una serie che ti rimane dentro.
 


 

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