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tributo di Alessandro De Felice

 

La domenica notte del 16Luglio 2017 mi rimarrà a lungo nella mente. Purtroppo non per un motivo lieto, ma perché è morto George Romero.

Sono qua da tre giorni a chiedermi come far capire a chi lo ha conosciuto solo negli ultimi tempi, grazie a “The Walking Dead” che ha dato fama mondiale ai suoi Zombie, cosa veramente rappresenta Romero per chi lo ha amato sin da subito, sin dal lontano 1968, anno dell’uscita de “La Notte dei morti viventi”, arrivato in Italia nel 1970.

Cosa rappresenta la sua perdita improvvisa e inaspettata.

Stiamo parlando di un tempo che per i Millenials è arcaico. Niente internet, pochi canali televisivi. Pochi arrivi dal cinema americano ai nostri europei, se non per quanto riguarda quelli più conosciuti e famosi.

Dominava il “surrealismo” in Italia. Dominavano le lotte sociali nel mondo. E anche il cinema americano vi si adeguava.

Ma io, sin da piccola, non amo vedere riprodotta la realtà che mi circonda in maniera fedele o meno al cinema e in tv. Amo sognare, provare emozioni forti nel vedere qualcosa. Andare via da questa Terra. Amo, in poche parole, l’horror e la fantascienza. E quest’amore ha due inizi ben distinti: il primo a 4 anni quando vidi di frodo dai miei genitori e grazie a una cara amica molto più grande di me, una copia de “La notte dei morti viventi”; il secondo quando a 3 anni vidi per la prima volta Star Trek, e in special modo mi colpì Spock. Ecco mi dissi, questo è quello che mi piace, che mi fa pensare, che mi rimane nel cuore.

E da lì niente è cambiato.

Lo so, vi starete chiedendo che razza di bimba ero mai. Mio padre mi dice sempre che sono nata già con 40 anni sulle spalle. Io penso invece di avere avuto la fortuna di nascere da due genitori che hanno deciso che la mia felicità venisse prima di tutto ciò che la società definiva appropriato per una bambina, ricordate sono nata nel 1966; che mi hanno quindi lasciato libera di decidere cosa mi piacesse e cosa no.

E io amai Romero a vista. Volevo sposare Spock e vivere nel mondo di Romero e, se ci penso bene, lo voglio ancora adesso.

Quel film così nuovo, diverso, affascinante. Quei “mostri” così apparentemente innocui ma che in gruppo diventano micidiali. Guidati da una fame senza fine, che genera altri mostri come loro, in un ciclo senza fine. Quell’idea che in fondo, il termine ultimo della vita di tutti noi, e cioè la morte, non è necessariamente così “ultimo”. Tutto ciò mi colpì al cuore e mi rimase dentro. E mentre crescevo cercavo informazioni, libri, film, tutto ciò che riguardasse gli Zombie; e da lì all’horror in generale il passo è stato breve. Ma, ripeto, gli Zombie sono e saranno sempre il primo amore.

E, sempre mentre crescevo, mi sentivo dire che ero strana. Mi chiedevano in continuazione cosa diavolo fossero gli Zombie. Come potesse piacermi qualcosa di così macabro. In fondo la mia adolescenza è avvenuta negli anni ottanta, non proprio un fulcro di pensieri profondi, checché se ne dica oggi.

E anche qui io mi distinguevo per i miei gusti. Ma non me ne importava niente, perché al mondo c’era Romero. Sapevo che lui avrebbe capito. Sapevo che lui sapeva ciò che sapevo io, cioè quanto gli Zombie rappresentino sia la paura più profonda che abbiamo, quella della morte, sia l’uomo stesso nei suoi istinti più bassi.

Scrissi un tema su di lui e la mia professoressa chiamò mia madre per chiederle se io fossi normale… e il perché pensassi certe cose macabre. E mia madre rise e disse che le pensavo e amavo da quando ero piccola. Io le manifestai semplicemente che era una ben strana professoressa di lettere se non conosceva Romero, e mia madre rise ancora più forte.

Ecco cos’è stato e cosa sarà sempre Romero per me e, grazie a internet, ora so per chiunque si è innamorato di lui e dei suoi Zombie come me: colui che ci ha aperto un mondo segreto e diverso, un mondo che sapevamo possibile, ma non riuscivamo a codificare in immagini e parole prima di lui. Un mondo che la maggior parte delle persone non capiva o non voleva capire. In fondo la paura della morte si controlla facendo finta che non esiste a livello cosciente.

Lui ci ha aperto quella porta e ci ha detto “ecco entrate. Qui ci sono le vostre paure più profonde. Perdere i vostri cari. Vederli così differenti a causa di qualche malattia o altro incidente da rendervi più facile preferirli morti, ma saprete portare fino in fondo questa idea? Perdere voi stessi intrappolati in un corpo che vive di sola fame. E questa fame è per coloro che più amate”. Affrontare ciò che Romero ci presenta ci ha reso più forti, decisi, perché la paura più profonda di tutti noi è lì alla luce del sole e quindi non può controllarti dal buio profondo della mente.

Ci ha anche detto “vi sembra che vada tutto bene? Ora l’umanità sta facendo passi avanti incredibili nella scienza, nel progresso in generale. La vita sembra più facile, in discesa. Ma è veramente così? Non siamo in realtà schiavi di questo dover essere felici a tutti i costi? Di questo dover avere sempre di più a tutti i costi?”

E anche qui ci ha aperto gli occhi prima degli altri. E quando le sue previsioni si sono avverate, e cioè la società ha dimostrato che non era proprio così felice come voleva far sembrare, noi eravamo pronti ad affrontarle a testa alta.

Lo chiamano “uno dei re” dell’horror, ma è limitativo. Romero è un maestro di vita per chi lo ha capito fino in fondo.

E la sua morte mi ha reso chiaro anche un altro concetto che mi sfuggiva, forse per paura. Invecchiare significa soprattutto perdere i punti saldi su cui si fonda la tua personalità. Quelli che credi sempre lì a sostenerti. Lo avevo già provato purtroppo. Ma lui, come dicevo, è uno dei cardini della mia forza e del mio accettare di essere diversa dal mondo, in un mondo che cerca di omologare tutto e tutti. Ed ora dovrò farlo da sola, senza sapere che al limite c’è lui da qualche parte che mi può capire.

E ora voglio spiegarvi perché, nonostante Romero dichiarasse di odiarla, io amo TWD con tutto il cuore e la amerò sempre e comunque. Per gratitudine. Semplice e chiara gratitudine.

Sta di fatto che TWD gli ha dato quella luce che fino a quel momento non aveva avuto, ingiustamente. Lo ha portato ad essere conosciuto da tutti come il Maestro che aveva creato quegli Zombie che TWD ha mostrato al mondo. Gli ha dato la Hall of Fame.

Capisco benissimo Romero, credetemi. Tutta una vita nell’ombra (lui stesso diceva che aveva contribuito a cambiare i videogame, ma poco il cinema e la tv), e poi arriva TWD e voilà: tutti si accorgono che meraviglia ha creato. Anch’io l’avrei odiata al suo posto. Inoltre, TWD non usa gli Zombie come critica sociale come lui li intendeva, ma li usa per far uscire il peggio dell’uomo, il vero protagonista di TWD.

Ma ripeto, sta di fatto che TWD ha fatto capire che con gli Zombie si può fare i soldi e ha spinto sempre più produttori a investire su di loro, ha incuriosito la gente su di loro e da lì a chiedersi chi mai li avesse creati il passo è stato breve. Prima la maggior parte della generazione dopo la mia pensava che Romero fosse un personaggio dei videogiochi… quasi mi strozzo quando mio figlio anni fa è uscito bello bello a dirmelo.
E la maggior parte della mia generazione si chiedeva chi cavolo potesse amare dei morti ambulanti come me.

Ora la risposta è 17 milioni di persone come minimo. Con una media trai 18/45 anni spaventosa, quasi tutta la prossima generazione quindi.
E tutto questo è grazie a TWD.

Quindi il mio cuore lì sarà sempre, non m’interessa chi non capisce questo. Io lo so bene, dopo anni a spiegare pazientemente chi e cosa sono gli Zombie e perché li adoravo a morte, cosa Romero mi ha aperto nella mente con il suo film, ora tutti lo sanno, che gli piaccia o meno.

Almeno è morto che tutti o quasi sapevano chi era e cosa ha fatto. Con tutti che lo chiamavano il Maestro, e non solo noi proseliti della prima ora. Tutti i media lo citano e lo ricordano, perché la gente è richiamata da TWD a leggere.

Romero se lo merita. Questa fama non è arrivata come voleva lui, ma è arrivata e a me questo interessa sopra tutto perché, ripeto, Romero se lo merita.

Grazie Romero di avermi permesso di esprimere liberamente me stessa. Mi mancherai da morire. Ma proprio grazie a te ho anche la forza per andare avanti, senza di te…

 

Antonella Cella
“jackson 1966”


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