FANS

Nell’ombra
(seconda parte)

 

Detto questo rialzai il volume e la vidi sorridere con la coda dell’occhio, come per dire: se ti sembra il momento buono per fare una cosa, falla, ma solo se reputi sia il  momento giusto”.

Questa frase mi era stata detta qualche anno prima e solo qualche anno dopo avrei capito l’immenso valore che conteneva: iniziativa, intraprendenza… ma solo se pensi ne valga la pena.

Ma arrivò un messaggio al suo cellulare: era il suo ex che le chiedeva se avesse cinque minuti per parlare.

La cosa mi procurò un notevole fastidio, ma darlo a vedere non sarebbe stato educato.

Fummo catapultati improvvisamente in quel mondo che avevamo lasciato qualche ora prima, una realtà dalla quale, per un momento, ci eravamo estraniati.

Mi sentii in dovere di dirle qualcosa:

 

  • Se “lui” ti manda un messaggio vuol dire che ha veramente bisogno di parlarti. Chiamalo, anche due minuti, che io fumo una sigaretta fuori. Prenditi il tempo che ti serve
  • No ma lui non chiama mai, vuole solo “parlare” un po’ via sms.
  • Chiamalo tu allora. Immagina se fossi, per un attimo, dalla sua parte, nella sua condizione
  • Ok, due minuti

 

Se c’è una cosa che ho capito delle donne è che non si metteranno mai nei panni di un uomo, non per cattiveria, semplicemente per una naturale incapacità: non puoi chiedere ad un cane di parlare. Semplicemente non sono in grado di farlo.

Uscii dall‘auto e mirai la prima panchina che avevo sott’occhio.

Mi sedetti e cominciai a rollare la mia sigaretta, che in quel momento proprio non mi andava, ma almeno avrei fatto qualcosa, avrei ingannato il tempo.

Leccai la colla e la chiusi.

Ho una vera e propria mania nel girare le sigarette perché se non riesce come dico io, sarei capace, in alcuni momenti, di riversare il tabacco nella busta del Golden Virginia e girarne un’altra, ma, in quell’occasione, non fu necessario: non era un capolavoro ma era fumabile ed in quel momento il requisito necessario era quello.

Aspiravo con calma, quasi contavo i secondi prima di dare un altro tiro ma la sigaretta stava andando via e ancora dall’auto non arrivava nessun cenno.

Diedi l’ultimo tiro e la gettai lontano, facendo avanti e indietro, solitario, in Piazza Montessori.

Cominciai a sentirmi in imbarazzo, ad essere nervoso ma per evitare di tradirmi, presi il cellulare e chiamai uno dei miei coinquilini, stordito in parte dalla situazione e in parte dalla marijuana.

 

  • Pronto Gianni
  • Alex
  • Sono abbastanza confuso – dissi
  • Cosa vuoi dire?
  • Che sono abbastanza confuso
  • Alex mi stai facendo preoccupare…
  • No, no assolutamente! Non devi preoccuparti in negativo ma in positivo
  • Mi stai… confondendo… un po’ le idee. Ma dove sei?
  • Stai tranquillo sono nella piazza sotto casa, mi serve che parliamo di qualcosa
  • Alex ma sei impazzito? – disse con un misto di risate ed incredulità
  • Non sono pazzo! Ma ha chiamato l’ex di Eva e sono fuori dall’auto; mi serve ingannare un po’ il tempo. Sono al centro della piazza solo, senza nemmeno un giubbotto e penso proprio che chiunque sia passato e mi abbia visto mi eviterà a vita
  • Mhh… comincio a capire

 

Quando Gianni aveva cominciato a capire e finalmente poteva essermi utile, mi arrivò un cenno dall’auto, così lo salutai e misi fine alla chiamata.

Infreddolito, chiusi la portiera della macchina.

 

  • Com’è andata ? – chiesi incuriosito, vedendola irritata
  • Bene, tranquillo. Però adesso credo andrò a casa perché sono stanchissima
  • Sì, infatti anch’io un po’ – dissi mentendo

 

Girò l’auto e si piazzò sotto casa mia.

  • Un attimo che sistemo tutte queste cose e vado – esclamai riponendo le mie cose nella borsa a tracolla
  • Sì sì, tranquillo
  • Eva, spero di non essere stato d’intralcio stasera, perché nell’ultima parte della serata mi sono sentito così… – dissi con un pizzico di rabbia
  • Hai ragione, comunque no assolutamente, non dirlo nemmeno per scherzo
  • Infatti non stavo scherzando… l’ho detto seriamente, buona notte – dissi mentre la salutavo
  • Buona notte anche a te

 

Scesi dall’auto e mi avviai verso il portone d’ingresso.

Salii le scale ed entrai in casa.

Di fronte a me l’enorme specchio antico, che il mio compagno di stanza aveva rimorchiato chissà dove, attendeva che accendessi la luce e vedessi ciò che temevo.

La accesi e vidi me stesso, la mia sagoma, di un nero un po’ più chiaro.

Spensi la lampadina e scappai verso la cucina.

Ad aspettarmi c’erano i miei coinquilini che fremevano di sapere com’era andata la serata. Li liquidai con poche, ma chiare, parole:

 

  • Ragazzi, ho passato una delle serate più belle degli ultimi anni. Non ho baciato né scopato, ma non è di questo che mi importa. Sono stato bene. Veramente bene

 

Detto ciò presi il cellulare, per l’ultimo atto da compiere prima di andare a letto e mandai un sms per compensare al mio (quasi femminile) spruzzo di veleno rivolto ad Eva prima di tornare a casa.

 

  • Spero sia andato tutto bene… Forse è stata la serata giusta in un momento sbagliato! Però è stata molto bella! Buona notte, scema ti voglio bene

 

Immediata, arrivò la risposta:

 

  • Sì sì, tranquillo sto bene! Comunque sono stata benissimo, non mi divertivo così tanto da una vita. Ti ringrazio anch’io di tutto

 

Le risposi per l’ultima volta:

 

  • Ne sono felice, veramente! Spero non rimanga un evento isolato

 

Lei:

 

  • Non c’è pericolo

 

Andai così a poggiare la testa sul cuscino.

La vita: un insieme di momenti, spesso diversi, spesso non graditi, ma sempre nuovi e sempre bisognosi di essere vissuti al massimo, senza discriminazioni e senza fare differenze.

Non ci si possono permettere pause, momenti di stallo o di tristezza perché è fatta per essere vissuta, non trascorsa.

Alla tristezza riflessiva si può concedere un po’ di tempo, non troppo.

A volte tutto mi sembra come un grande libro: andare avanti girando le pagine è obbligatorio, sfogliare sempre le stesse invece può essere pericoloso, diventa necessario cambiare capitolo, beh… quello potrebbe diventare vivere, vivere nuovamente.
 

di Fabio Privitera

 


 


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