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RECENSIONE THE WALKING DEAD S08E09

 

Torna “The Walking Dead” e come sempre io ci “ricasco” dentro in pieno. La cosa che mi sorprende di questa serie è che, ormai quando mi sta lontana, ne riesco a prendere bene le distanze ed a capire che forse è proprio ora che finisca. Poi ricomincia e tutto si annulla.

Rimane solo la serie che amo sopra le altre, senza logica ma solo con l’amore totale che si è conquistata nel mio cuore.

E così mi ritrovo a piangere per la morte di uno dei personaggi che non ho mai sopportato bene nella serie. Speravo morisse… prima che divenisse “seria”, in questa puntata.

Di questo bisogna ringraziare i vari autori della serie. A volte sembra che perdano tempo lasciando la trama da parte per approfondire i personaggi all’eccesso. Ma in queste puntate ti rendi conto che te li hanno resi così “conosciuti”, così reali, così umani che, quando succede a loro qualcosa, ti viene istintiva l’idea di stare perdendo “un amico” che conosci da otto anni ormai.

Solo le grandi serie rendono quelli che sono “solo un mucchio d’ossa” rispetto a noi persone “reali”, così vicine a noi da farci pensare a loro come compagni di anni di avventure, indipendentemente dalla loro “realtà”.

Ringrazio anche i due grandi autori della puntata in questione, Negrete e Powell e il regista migliore della serie, Nicotero. Tutti e tre conoscono così bene la serie ed i suoi personaggi da “muoverli” perfettamente per ottenere da noi spettatori la maggiore reazione emotiva possibile.

Ed ecco che tutti i flashforward della prima puntata diventano chiari. Sono la speranza di Carl di un “dopo” la guerra di Rick con Negan. Un “dopo” dove finalmente gli uomini rimasti pensano solo a ricostruire, in meglio, il loro mondo devastato dagli Zombie.

Il filo rosso che lega tutte le stagioni della serie qui si fa evidente più che mai: per sopravvivere in questo nuovo mondo post apocalisse è davvero necessario rinunciare a ciò che ci rende umani compassionevoli e socializzanti? È necessario diventare “morti viventi”, come ci dipingeva 50 anni fa in questo giorno, il grande Romero?

Morgan, per esempio, dice “no non è possibile” in questa stessa puntata. Ciò che tenti di dimenticare a tutti i costi, che tenti di annullare e che a sua volta ti ha annullato l’anima con il suo divenire (nel suo caso la morte del figlio ucciso da lui stesso, dopo che la stessa madre lo aveva morso) alla fine vince.

Il vuoto che ha creato non si può più riempire con nulla, per quanto tu ti ci impegni. Per un po’ sembra essere riempito, ma in realtà si ripresenta in tutta il suo “vuoto nero e orribile”, quando qualcosa di anche lontanamente simile si ripeterà.

E tu desideri solo colmarlo con la vendetta e l’uccisione di chi ha scatenato il suo ritorno, chiunque sia.

Così come la puntata ci dice anche che l’innocenza, crescendo in questo mondo di “bestie” umane alla Negan ed i suoi uomini, si perde velocemente. Come dimostra il bimbo che alla fine uccide un Saviours per vendicare suo fratello maggiore.

Carl con la sua morte ci dice però anche che alla fine, forse, la speranza  può ricrescere. Anche lui ha perso l’innocenza di bimbo velocemente in nome della sopravvivenza sua e di chi amava. Ha ucciso definitivamente la stessa madre per impedirle di tornare come Zombie.

Ma alla fine muore in nome di quell’umanità e compassione che chiede al padre, anche lui cambiato radicalmente dall’inizio della serie, di ripristinare al più presto, anche verso colui che odia di più, Negan.

E il padre giura che “ci proverà”. E da qui si riparte. Nel senso definitivo del termine. Carl è con noi dalla prima puntata della serie. È una perdita vitale per tutti e cambierà inevitabilmente le sorti ed il modo di pensare di tutti quelli che gli sono stati vicini.

Daryl stesso, come poche e semplici parole riconosce a Rick il ruolo di capo e salvatore di tutti che solo poche puntate fa gli aveva tolto violentemente.

La puntata finisce con Rick ferito sotto ad un albero, con appese le vetrate simili a quelle che c’erano nella chiesa di Alexandria, dove Carl si è tolto la vita per non farlo fare al padre o a Michonne, con la quale ha sempre avuto un rapporto molto stretto fin dall’inizio.

Un altro flashforward? Un altro sogno? Un’anticipazione di ciò che “la misericordia che ha vinto sull’odio”, che Rick ripete spesso, lo porterà a subire?

La puntata è densa di emozioni per noi che li “conosciamo” bene queste persone. E non uso la parola a sproposito, ma volutamente. Perché ormai per noi sono persone, grazie anche proprio a quelle puntate che ci sembravano lunghe e noiose sulla loro psicologia di base.

E vorrei fare i complimenti a Lennie James. Il suo Morgan è sempre di una perfezione sorprendente. Lo recita con il cuore e l’anima, in ogni sua sfumatura, con una bravura incredibile. Una recitazione minimale fatta di sguardi e gesti veloci e rapidi, ma significativi più di ogni parola.

Anche la fotografia così asciutta e decisa, senza tante sfumature, se non nei “sogni” di Carl, rende il tutto molto drammatico e denso.

Ma, ripeto, su tutti la superba regia di Nicotero ci rende impossibile, anche a noi che non amiamo per niente Carl, non piangere e non soffrire per la sua perdita.

“The Walking Dead” è tornato e come sempre colpisce al cuore ed allo stomaco. Per nostra fortuna.
 

Antonella Cella
jackdon1966

 


 


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