cronache di capocchiaRacconti

Pied-à-terre – quarta parte.
Tratto da Psycho Zombie Horror Show vol. II

di Nicola Capocchia*

 

 

Egidio, avrebbe svelato ogni mio ragionevole dubbio sulla frase che si duplicava nella testa in una insopportabile eco: «E a questo che gli capiterà?» «E a questo che gli capiterà?» «E a questo che gli capiterà?». Chi era Ida la rossa? E soprattutto che cosa sarebbe potuto accadermi se avessi deciso di andare a vivere nel pied-à-terre?

Certo non ero più un pivello e non mi sarei imbattuto in una spericolata e controproducente indagine personale. Che fare? Semplicemente chiamai il Commissario Caputo:

«Buongiorno Commissario, sono Nicola, il giornalista della Gazzetta del Popolo, mi scusi se la disturbo, vorrei chiederle…»

«Oh il famosissimo giornalista di cronaca nera, disturbi eccome, sono in ferie a Malaga, per qualsiasi domanda chiedi del mio sostituto, vice commissario Corallo e mi raccomando salutamela, dille che hai parlato con me, a breve riceverai numero su WhatsApp… e mi raccomando non cacciatevi nei guai con quei due teppistelli, nullafacenti».

Non ebbi il tempo di ringraziarlo, di spiegargli che i due fratelli erano ignari di ogni cosa, e poi soprattutto chi fosse questa vice commissario Corallo, Matt quindi doveva sapere assolutamente il nulla.

Il cellulare vibrò, aprì il messaggio e chiamai senza esitazioni, al primo squillo rispose il vice di Caputo: «Pronto vice commissario Corallo, suppongo lei sia il giornalista Capocchia, ebbene so tutto, sono stata informata dal commissario Caputo, ogni informazione che riguarda un’indagine in corso, ha bisogno di un particolare procedimento giuridico per cui non posso darle informazioni per telefono, la attendo comunque in via del Clavicembalo 88 tra mezzora esatta»

«Sì, pronto, mi scusi e come la riconosco»

«Lei sia puntuale Capocchia».

Chiuse la telefonata in maniera perentoria. Allora decisi di prendermela comoda.

L’arteriola del dito medio comprimeva contro un’improvvisata fasciatura come un tamburo battente percosso da uno scimpanzé che sbatte senza ritmo le sue mani e riverbera sofferenza in tutto il corpo, la testa era la pelle del tamtam di quest’onda di dolore. Il tamburo divenne un gong, lo scimpanzé King Kong, insopportabili.

Avrei dovuto alleviare il dolore con una analgesico e avrei dovuto cercare una tachipirina, soluzione distante anni luce e stabilii allora di strappare la fasciatura per permettere la fuoriuscita di sangue. Il dito era irriconoscibile, come una salsiccia di vitello putrefatta. Chiamai uno dei fratelli Ballettieri per chiedere un parere professionale: «Pronto Nick, sono Nicola, Matt ha risolto il problema del catetere in maniera encomiabile, sono felice per voi, vuoi raccontarmi i dettagli? Senti Nick aspetta un attimo, avrei da chiederti un parere per quanto riguarda il dito medio della mano destra, sì, mi sono accidentalmente tagliato con una chiave. No quella che usa Matt, me ne guarderei bene»

Nick non mi dava scampo, voleva assolutamente raccontarmi l’episodio del catetere. Pare che Matt in un momento di rabbia abbia accalappiato il pene del trapassato e tirando con forza si sia ritrovato il catetere sulla faccia, pregiudicando in maniera irrimediabile l’incontro con la vedovella.

«Nicola guarda uno spasso, sembrava che avesse tirato fuori dalla vescica una biscia velenosa che ha cercato di mordere Matt in più parti del corpo. Non ti dico gli sproloqui di Matt, una serie inenarrabile di bestemmie vecchio stampo. Allora Nicola per quanto riguarda il tuo dito, dovresti innanzitutto mostrarmelo oppure fotografarlo e inviarmi una foto col cellulare, poi dovrei comunque…»

«Dovrei, dovresti, potresti!!! Ma che diamine Nick, il dito è violaceo, sembra tumefatto, il dolore è insopportabile… dai su, aiutate i morti e non dovreste poter dare una mano ad un amico» dissi mentre il dito continuava a gocciolare sangue sull’asfalto.

«Nicola ascolta, dovresti pensare all’amputazione, il dito sembra irrimediabilmente compromesso»

«Nick vaffanculo» gli chiusi con disgusto il cellulare sulla faccia, non tentò di richiamarmi e ne pensai di chiamare Matt che era sicuramente sotto coperta con la vedova.

Mi avvicinai sempre più verso via del Clavicembalo 88.

L’asfalto finisce nelle città che hanno amministrazioni comunali capaci e lungimiranti, dove inizia il centro storico. Il sangue continuava a colare gocce di sangue marcio, i fazzoletti di carta erano terminati. Avvertì una mano sulla spalla, mi voltai di scatto, era bellissima.

Mora, occhi marroni con sfumature verdi, labbra carnose, nasino assolutamente adorabile, fisico mozzafiato, speravo in un incontro che potesse darmi possibilità libidinose: «Scusa avresti da accendere?»

La guardai con ribrezzo, le risposi con un velenoso no e mi girai dall’altro lato.
 


 

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*Nicola Capocchia è giornalista della Gazzetta del Popolo, redattore del magazine ilovezombie.it

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