Racconti brevi

FRIENDSHIP

 

Milly sbadigliò rumorosamente, con la solita grazia pachidermica che la contraddistingueva. Stiracchiò le membra intorpidite dall’ozio, portando le braccia sopra la testa ed allungando le gambe sul corpo peloso di Thor. Si era accucciato sulla panca insieme a lei, avvolgendosi sotto i suoi piedi freddi. Il movimento lo aveva infastidito e sbuffò contrariato guardando la sua amica di traverso.

<<Perché mi guardi in cagnesco, Thor?>>, ridacchiò accarezzandogli l’orecchio con la punta del piede e ridendo della sua stessa battuta.

Che battuta divertente, Milly! Scommetto che Thor si sta scompisciando dalle risate…”

“Ovviamente, no!”, rispose alla sua solita vocina, “ma solo perché è un cane. Non perché la mia battuta non sia simpatica”

“Modesta, come sempre!”

“Dai, era divertente. Ammettilo!”

“Sono piegata in due dal divertimento”

Milly sbuffò per la mancanza di ironia della sua parte razionale e sbadigliò nuovamente, la noia quel giorno era insostenibile.

Ludovico era via per lavoro, come al solito e lei non sapeva come occupare il tempo da sola a casa. Ormai aveva esaurito i diversivi ed anche i discorsi con sé stessa avevano perso ironia e brillantezza. Cominciava a soffrire la solitudine e a diventare malinconica. Anche la sua vocina ne era consapevole ed ultimamente si sforzava di tirarla su di morale, ma con scarso successo.

All’improvviso, quell’ozioso pomeriggio il cellulare si illuminò.

Milly sorrise, la noia scomparve all’istante.

“Il solito deficiente!”, pensò divertita.

“Come dobbiamo fare con ‘sto disgraziato?”, interloquì la sua vocina, divenuta, a sua volta, immediatamente più sveglia e attiva.

“Non c’è nulla da fare. È un caso disperato di megalomania e ossessione per se stesso”, commentò Milly, riferendosi all’autore dei messaggi che le stavano arrivando, ad ondate, sullo smartphone, “però mi rallegra le giornate”

“Indubbiamente! Come si fa a non ridere delle scempiaggini che dice e pensa?”

“Fa parte del suo fascino. È così che il prof Ober conquista il mondo. Rimbecillisce i conoscenti con parole colte, erudite, lusinghiere e, a volte, anche con insulti mirati. Giusto per stuzzicare la loro vanità, specialmente se femmine.”

“E quelle poverette ci cascano. Allocche!”

“Ma grazie alle sue continue stupidate le nostre giornate trascorrono più liete”, fece notare a sé stessa, “le sue assurde strategie sono meglio di una commedia cabarettistica a teatro”

“Esilaranti”, concordò immediatamente la sua vocina.

Milly sorrise di nuovo ed afferrò il cellulare per rispondere. Prima che il professor Ober, suo ex collega di studi e poi docente in una famosa università privata ad alta densità femminile, rischiasse di compromettere il proprio posto di lavoro e la sanità mentale del Rettore. Cercando di conquistare l’ennesima studentessa graziosa del suo corso di filologia romanza.

In quel momento nacque una fitta e divertente discussione telematica. Uno dei momenti di svago che Milly era riuscita a trovare per trascorrere il tempo senza Ludovico.

 

“Molla immediatamente quel dannato cellulare ed impegna il tuo tempo in modo più utile per l’umanità” , lo sollecitò, infatti, con un messaggio perentorio, “finisci di scrivere la biografia di Nietzsche, piuttosto! Così potrò trovare un ottimo sonnifero per le mie notti”, lo punzecchiò, sapendo di farlo innervosire. Nietzsche era intoccabile, per il professor Ober. Dileggiarlo era un’eresia. Un affronto. Un peccato mortale.

“Non nominare il nome di Nietzsche”, rispose, infatti, quasi istantaneamente, “Al di sopra di lui ci sono solo io, ma io sono dio, ed è cosa diversa. Ma Friedrich era il mio migliore allievo”.

Milly si nascose il viso tra le mani, a questo ennesimo sfoggio di megalomania. Ma sapeva che il professor Ober era fatto così. Grandi sproloqui ed esagerazioni edonistiche, mescolati ad un cuore grande ed immensa simpatia. Perciò rise delle sue follie, come sempre faceva, prima di rispondergli nuovamente.

“Va bene Superuomo, dimmi come si chiama, questa volta e, soprattutto, è libera almeno?! È una solita oca ‘gne gne’, svampita, strafiga, e senza cervello?”

“Certamente no! Questa no! Boh, non lo so”, fu la risposta sintetica e sincera, “S’innamorano di me e del mio indubbio fascino… Ma lei è diversa. Si chiama Filomena, è misteriosa, ha gli occhi belli, mi affascina. Mi distrugge. Ha un’anima introversa e mi lacera di attese. Lei è passione, lei è estasi! È mia”.

“Sempre più fuori di testa… umile e modesto! Quella è solo affascinata dal tuo modo di essere e dalla tua cultura. Scendi dal piedistallo, cretino, svegliati! Mi ricordi perché continuiamo a prestargli attenzione?”, chiese la razionalità.

“Perché mi fa ridere!”, rispose Milly.

“Allora, mi aiuti?Voglio portarla fuori in un’uscita a quattro”, fu la richiesta che le giunse inaspettata.

“Ludovico non c’è!”, gli rispose con tono triste, “Mi spiace, non saprei come aiutarti!”

“Ma certo che sei una svampita!”, la rimbeccò il prof.

“Vedi che non sono l’unica a dirtelo?”, interloquì la sua vocina.

“Grazie a tutti e due, siete gentilissimi”

“Io non mi riferivo al tuo ragazzo ovviamente” spiegò dopo un attimo, mandando Milly in confusione, “So benissimo che non c’è. Me lo ripeti venti volte al giorno. Non sono ancora affetto da senilità.”

“E di chi parli allora?”

“Ma di te, di lei, e del tuo cane!!”

Milly scoppiò a ridere per quell’ennesima follia. Il prof sapeva sempre come spiazzarla. Cominciò a singhiozzare per la risata, a stento trattenuta, che le erompeva dal petto.

“Smettila di ridere, cretina, chi meglio di un cane può aiutare a conquistare una donna!?”

“O prof, se non ci fossi, bisognerebbe inventarti”, lo canzonò per messaggio.

Milly si portò le mani allo stomaco e si attorcigliò su sé stessa, mentre continuava a ridere.

Smosso da tutto questo movimento, Thor alzò il suo testone peloso e la fissò con i suoi occhi dolci e incuriositi.

<<Preparati, Thor>>, lo avvertì Milly, <<presto parteciperai ad un’uscita a quattro e dovrai essere in grado di comportarti da vero gentiluomo. Sei pronto a tutto questo?>>, terminò puntando l’indice contro la bestiola.

Il grosso cagnolone, sentendosi chiamato in causa, balzò su repentinamente, provocando, a causa del contrappeso della sua grossa mole, il ribaltamento della panca in legno su cui, fino ad un istante prima, erano accoccolati lui e Milly.

“Ecco la risposta alla tua domanda”, intervenne la sua vocina, “ottima partenza per quest’uscita a quattro…”.

Milly non rispose, impegnata com’era a sciogliere il viluppo di gambe, zampe, braccia ed assi di legno, in cui si erano aggrovigliati lei e Thor.

 

Queste erano le due paginette che Milly, in realtà Caterina, ma si sarebbe potuta chiamare Rosalia o Concettina e via dicendo, mi inviò come testo iniziale di un capitolo del suo nuovo libro da correggere. Di certo non era un trattato di filologia romanza e nemmeno un testo monografico. Lei scriveva benissimo, era preparatissima, spesso le inviavo le mie composizioni in cerca di refusi – era una cacciatrice di errori –, ma i suoi libri non erano adatti a me, ma solo alla massa, alle casalinghe disperate, alle rimbambite che sognano, alle segretarie di studi legali.

Ogni volta che mi sottoponeva un suo scritto, la odiavo. I suoi personaggi erano troppo gne gne, come lei, per giunta insopportabili, trasposizioni psicologiche della miriade di entità che nascondeva dentro la sua personalità multipla.

Caterina allevava, pasceva e mandava in giro solo oche sciroccate. La mia maledizione era che ormai interloquivo solo con personaggi ridicoli… che fossero reali, inesistenti, virtuali, poco importa. Ma questa storia del cane e dell’uscita a quattro mi era proprio piaciuta. In un certo senso aveva il sapore della mia ironia. Ormai, questa scrittrice-amica pendeva dalle mie labbra, si nutriva della mia aura irraggiungibile, che a lei era elargita con piacere e disinteresse. Come coltivare le aiuole. Ovviamente non avrei avuto altro utile da lei, non era uno scopo. Difatti non era bella, ma simpatica, e non essendo attraente la consideravo solo come amica, uno specchio in cui riflettermi.

Aveva qualità straordinarie, un carattere polemico, generoso, affabile, anche perfido, quindi mi serviva viva. Mi faceva ragionare, mi buttava giù dal piedistallo sul quale mi ergevo. Spesso sembrava persino intelligente. Ma io esageravo notevolmente le qualità degli amici, era un mio difetto, forse persino un pregio.

Un giorno mi telefonò e mi disse: “prof. ce l’abbiamo fatta! Sono felicissima. Non ci posso credere. Il mio libro sarà pubblicato dalla Mondadori. Ma mi hanno cambiato il titolo. Pazienza…”.

Le chiesi il nuovo nome di questo benedettissimo libro.

 

Lei mi rispose: “Io&Gne Gne”.

 

Caterina Schiraldi  e Joe Oberhausen-Valdez

 


 


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