cronache di capocchia

Pied-à-terre – dodicesima parte.
Tratto da Psycho Zombie Horror Show vol. II

di Nicola Capocchia*

 

 

Trasalii, mi toccai il torace, i ventricoli danzavano un ritmo tribale con gli atri, paventai la possibilità di beccarmi un infarto come se fosse una banale influenza, ma avevo semplicemente incrociato lo sguardo dell’orso imbalsamato all’ingresso della casa della famiglia Lo Vecchio. Lo salutai con una pacca sulla pelle.

«Ciao Yoghi è arrivato il ranger» gli strinsi la zampa con fifa, chissà magari nell’involucro di pelliccia si nascondeva qualche strano enigma… evitai di farmi ulteriori seghe mentali e mi diressi verso l’auto di papà.

«Nonna ma che ci fai qui!» esclamai guardando di sbieco l’espressione contrariata del viso di mio padre.

«Sali in macchina Nicola, sei uno scemo!» mi sfidò la nonna con un bastone da passeggio in alluminio.

Il fatto che riuscisse a sollevare e far roteare un randello ortopedico di quattrocento grammi e che avesse addirittura deciso di venire in mio soccorso, mi fece sogghignare, un riso umido di pioggia.

«Ma ti sei imbambolato, sali subito in macchina figliolo, ti stai infradiciando tutto» ribadì la dolce nonnina.

Sgonfiai un po’ di stress adagiando il mio corpo sul sedile posteriore dell’auto.

Papà graffiò la prima, e nonna disse:

«Ayrton Senna, se vuoi guido io».

Depose la sua arma e accavallò le scheletriche gambe, rilasciando una maleodorante scorreggia.

«Passami una sigaretta Nicola!»

«Nonna non fumo più»

«Dicono tutti così»

Papà finalmente riuscì a partire, tornammo a casa sotto un forte temporale. I fari dell’auto illuminavano la stradina di campagna creando bizzarre visioni di rami degli alberi che si intrecciavano per festeggiare, come in un sorta di una bucolica serata danzante, l’arrivo della pioggia.

Questo posto, lo ammetto, mi metteva più brividi delle storie dei fratelli Ballettieri.

Arrivammo nei pressi di casa, uscii dal mezzo e andai in soccorso della nonnina, incaprettatasi in una posizione alquanto scomoda.

«Nonna siamo arrivati, ti aiuto a scendere»

«Sì figliolo, ho le ossa tutte anchilosate, fai piano… tuo padre è una mezzasega, non ha proferito parola per tutto il viaggio e non sta muovendo un dito per soccorrermi. A proposito quante ore di viaggio abbiamo fatto?»

«Mamma! Non esageriamo e manteniamo un certo contegno, ora scendi e vai subito a letto!»

Mi voltai verso papà per dirgliene quattro e mi accorsi che sulla palpebra sinistra aveva un’ecchimosi.

«Ma papà che ti è successo?» gli chiesi

«Ho ricevuto una sentita protesta dalla madre di tua madre…»

«Ok papà ne parliamo in casa, ci vorrebbe un po’ ghiaccio».

Presi la nonnina in braccio, mi voltai verso l’ingresso di casa e mi incamminai. Nonna pesava poco più di un fuscello.

«Ciao mamma, prepara un po’ di ghiaccio per papà, metto la nonna a dormire»

«Vengo anch’io, devo cambiarle il pannolone».

Dopo aver messo a nanna la nonna, finalmente per la prima volta ci riunimmo tutti insieme attorno al tavolo e incredibilmente papà iniziò a parlarmi.

«Nicola, mi dispiace che tu non abbia un lavoro sicuro. Avresti goduto di un lungo periodo di malattia per il tuo infortunio, ti rendi conto che così ti logorerai ulteriormente? Non sopporto che il Direttore della Gazzetta del Popolo ti sfrutti e ti releghi ai ranghi di un ragazzo di bottega. Ho sempre odiato gli esseri umani che, promossi a dirigere i vertici del potere in un luogo di lavoro, debbano usare i propri dipendenti come pezze da piedi. Lo sai, qui a casa, c’è sempre posto per te e qui potresti portare avanti le terre di famiglia».

Lo guardai un po’ incredulo ma lasciai che terminasse la sua arringa nei miei confronti, erano giorni che cercavo un po’ di amore paterno, un confortevole momento di ricarica interiore.

«Figliolo, il mondo là fuori è da sempre “homo homini lupus”, sta attento»

«Non dilunghiamoci in argute sentenze filosofiche, nostro figlio vuole intraprendere questo cammino e da svariato tempo lo insegue; il nostro compito, da genitori, è stato quello di assecondarlo, per cui Nicola, hai il nostro benestare, papà è solo preoccupato per te» concluse mamma.

Ringraziai tutti e mi diressi verso la stanza da letto dove avrei poggiato le mie quattro ossa meno un dito, per un meritato sonno ristoratore. Che fine avevano fatto i fratelli Ballettieri? Il pied-à-terre era ancora sfitto? Irma era single? Egidio perché era così astioso nei confronti della rossa? Ed infine il Direttore della Gazzetta del Popolo in quale famoso ristorante avrebbe invitato sua moglie? Tanti dubbi che avrei cercato di chiarire l’indomani mattina.
 


 

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*Nicola Capocchia è giornalista della Gazzetta del Popolo, redattore del magazine ilovezombie.it

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