Racconti brevi

di Luca Pennati


Quando scoppiò l’epidemia morì all’istante un terzo della popolazione. Questi si ridestarono nelle successive 48 ore. Un secondo terzo venne contagiato dai risorti. Nonostante l’unica cosa sensata che si poteva fare per evitare di essere reclutati dall’orda fosse fuggire il più lontano possibile, questi tentarono ugualmente la strada della resistenza. Inutilmente.

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Sopravvisse solo quell’ultimo terzo della popolazione che ascoltò veramente l’avvertimento di lasciare le città: veri focolai di trasmissione del virus.

Durò in tutto un paio d’anni, tanto dovettero sopportare. Non fu facile ma nemmeno eccessivamente difficile. Il sopravvissuto tipo era una persona con pochi affetti, avvezzo nell’uso delle armi, spirito di sopravvivenza innato, capace di un uso oculato delle scorte di cibo. Insomma, sapeva arrangiarsi. Naturalmente ci furono pure quelli dotati di notevole fortuna. Devo ammettere che fu un’ottima selezione naturale se volessimo vedere il lato positivo della situazione.

Comunque il problema che si presentò successivamente non fu certo di secondaria importanza. Infatti, quando i morti tornarono ad essere morti e basta grazie al definitivo decadimento cerebrale che li teneva morbosamente in vita, si accumularono cadaveri ovunque. Certo, molti erano già stati eliminati dalla popolazione sopravvissuta; tuttavia, milioni erano ancora nei luoghi dove erano spirati.

A quel punto i governanti si chiesero cosa fare per liberare le città dai corpi putridi rimasti sul selciato, nelle case, negli uffici, nelle macchine, sui marciapiedi, sui treni. Ovunque insomma. In tutti i mesi trascorsi al riparo i contatti tra i Governi erano proseguiti ed insieme avevano approntato dei piani di intervento per dare il via alla grande opera di bonifica. La prima ipotesi vagliata fu l’incenerimento.

In Italia tale proposta fu scartata anche a causa della scarsità di combustibile necessario ad alimentare gli impianti. Inoltre, prevalse il senso di pietà nei confronti di quei corpi che una volta erano persone, semplici cittadini senza colpa. Decisero di dar loro una degna sepoltura.

Non appena fu chiaro il miglioramento della situazione esterna il Premier in carica Renzi e gli altri componenti sopravvissuti del Governo uscirono dai loro bunker per riprendere in mano le redini di un paese martoriato.

Bisognava ripartire e la prima cosa da fare era ripulirlo.

Vennero rifondate le Istituzioni. In primis venne creato un nuovo Ministero che si occupasse dei Defunti. I compiti principali di questa basilare istituzione furono:

• individuare un sito nazionale unico di sepoltura per eseguire un vero e proprio stoccaggio dei corpi

rinvenuti;

• mettere in sicurezza i cimiteri cittadini fino ad allora utilizzati attraverso l’Operazione Tombe Sicure.

• organizzare l’opera di pulizia delle grandi aree urbane con azioni di bonifica e ripristino delle infrastrutture

ancora utilizzabili;

• la catalogazione dei corpi: mappatura del dna delle parti anatomiche rinvenute, suddivisione di parti di

corpi interi riconoscibili da parti anatomiche sparse;

• Incrocio dei dati di appartenenza familiare tra i sopravvissuti e i defunti. Nel caso di un incrocio positivo il

corpo sarebbe stato messo a disposizione della famiglia di origine per una sepoltura riconoscibile.

• Organizzazione dei trasporti e tumulazioni dei corpi.

Il sito nazionale individuato dal Governo fu abbastanza semplice. Requisirono il Molise. Tutta la regione divenne IL Camposanto dell’Apocalisse.

Per quanto mi riguarda non ha importanza la mia storia da sopravvissuto. Conta solo il presente. Sono Capo dipartimento logistica per il Ministero dei Defunti. Il mio ufficio è entrato in funzione verso la fine del anno 2015 dopo che le iniziative di bonifica iniziarono l’attività effettiva.

Il lavoro di organizzazione fu immane. Innanzitutto dovemmo organizzare una rete di trasporti su gomma da zero.

Senza automezzi nuovi reperibili, recuperammo i camion e i furgoni che erano rimasti abbandonati sulle strade e nei parcheggi dei grandi depositi merce.

Ora siamo a pieno regime, ho dieci squadre alle mie dipendenze che dalle principali città d’Italia trasportano continuamente le salme per la sepoltura presso il Camposanto. Dall’ufficio centrale un paio di giorni fa mi è arrivata una richiesta d’intervento rapido. La cosa strana è stata, però, la convocazione personale, di solito bastava un messaggio mail con le coordinate.

Mi sono dovuto recare direttamente all’ufficio del Sottosegretario con delega alle tumulazioni. Mi è stato consegnato un dossier speciale con tanto di autorizzazione del Primo Ministro. Ho ascoltato poche parole di rito:

-Lo abbiamo incrociato con gli archivi. Deve partire subito. Vogliamo che il trasferimento avvenga sotto stretta sorveglianza. Si dovrà occupare di: individuazione, recupero e certificazione d’identità. Ha le autorizzazioni per farlo.

-Va bene Sottosegretario. Mi attivo subito. Se non fosse lui?

-Sul controllo del DNA non ci sono dubbi, crediamo che il problema potrebbe essere trovarlo, in mezzo a tutti gli altri.

-Non si preoccupi. Quello è compito mio.

-Ci fidiamo di lei.

All’uscita fui colto dalla sensazione che quella, potenzialmente, poteva essere la mia ultima missione. Già mi vedevo a fare il guardiano notturno al monumentale. Di buon passo mi sono recato subito alla sede dello smistamento per il Nord d’Italia, dove erano conservati i registri di carico. Devo dire che le squadre di cleaning lavorano sodo e i magazzini si riempiono velocemente. Anche i tecnici di laboratorio fanno un lavoro di precisione con una professionalità senza pari: dalla ricomposizione delle salme, all’esame preliminare del dna per costituire l’archivio nazionale. Una volta perfezionato l’archivio dei dati, le salme sono poste in bare da sei corpi e trasportate alla destinazione finale.

Non ero mai stato presso il Camposanto. Il viaggio, tutto sommato, è stato tranquillo. Siccome i guidatori non sono di molte parole, ho avuto tempo per riflettere. Non so mai se sia un bene o un male quando mi succede.

Comunque la strada da percorrere non è delle più interessanti. Immensi spazi desolati, città semi distrutte. Ogni tanto s’incontrano squadre di cleaning all’opera su aree urbane e tratti stradali. C’è ancora tanto lavoro da fare.

La devastazione fu totale. Mi son reso conto che ora è più facile ridistribuirsi. Siamo in pochi con tanto spazio a disposizione. Con calma ce la faremo. Non troppa però.

Indosso una tuta stagna come quelle che una volta si chiamavano anti – NBC perché comunque attraversiamo aree contaminate da germi e batteri conseguenti alla putrefazione all’aria dei corpi. Non possiamo rischiare un’altra epidemia seppur dalle conseguenze meno violente.

Quando arriviamo alle porte dell’imponente mausoleo nazionale, mi colpisce la lunghissima colonna di autotreni in attesa di entrare nei magazzini per lo scarico. Tuttavia procediamo speditamente. Ho fatto un egregio lavoro di organizzazione. Sono fiero di me.

Mi riceve il Magazziniere Capo. Gli mostro l’autorizzazione speciale. Impreca perché sa che sarà una lunga giornata. Ci trasferiamo in archivio per controllare i registri di posizione salme.

Dopo circa due ore scartabellanti esclama:
– Eureka!!!!! Te l’ho trovato! Ora speriamo che sia esattamente dove è stato registrato.

La salma 501905 si trova nel campo sud, terza fossa bassa, posto 2. Ogni bara singola è stata etichettata e accuratamente annotata.

L’unico problema è che il posto indicato si trova a circa 10 km da dove mi trovo. Il Magazziniere Capo mi indica un furgone parcheggiato fuori e mi augura: -Buon viaggio Capo. Mi guarda perplesso e continua:
– sto scherzando, vengo anch’io non vorrei che si perdesse là in mezzo.

Fortunatamente possiamo indossare una tuta più leggera e quindi più comoda. L’area è tra le più pulite di tutta la nazione. Procediamo lungo un’arteria dedicata alle auto. È tutta una distesa di blocchi di granito equidistanti l’uno dall’altro, come un’immensa tastiera per dita gigantesche. Tutte uguali. Alla base di ognuno c’è una serie di codici identificativi.

Il percorso sembra interminabile. Aveva ragione. Mi sembra di essere in mezzo ad un mare di pietra senza nessun riferimento. Il mio autista utilizza un GPS. Impossibile fare senza.

Il furgone rallenta, mi indica un blocco:
-Siamo arrivati, scendiamo. Dovrà darmi una mano.

-Non c’è problema. Rispondo

Apre il portello sul retro ed estrae un argano portatile. Lo posiziona davanti al blocco di granito. Dopo aver controllato che i ganci siano posti correttamente mi chiede di aiutarlo ad attivare lo strumento. Intorno a noi non c’è nessuno per chilometri. Il cielo sopra di noi è grigio come al solito. Una brezza tesa tira da est. Arriva dal mare. È tanto tempo che non vado al mare. Mi perdo un po’ nei pensieri. Sarà che cerco di pensare ad altro. È inquietante rimanere lì.

Il blocco di granito ora è abbastanza sollevato per poter scendere all’interno della cripta. Il sistema di illuminazione è precario, ci aiutiamo con delle torce elettriche. Il Magazziniere Capo si muove con disinvoltura tra quella distesa sotterranea di bare tutte uguali.

-Ecco. È questa.

Lo guardo come per dire: sei sicuro? Ma non se lo fa chiedere. Mi risponde subito: le tocca aprirla, così sarà sicuro pure lei!

-lo so. L’avrei aperta comunque. Gli ordini sono stati chiari. Devo accertarmi dell’identificazione.

Detto questo, apro la borsa ed estraggo l’analizzatore rapido di DNA.

-Apriamola.

Con fare deciso, armeggia sulla cassa con martello e scalpello. In cinque minuti, la bara è apribile. Abbiamo indossato le maschere di protezione. Non si sa mai. È vero che i morti sono stati disinfettati ma non si sa mai in che stato si trovano. Solleviamo il coperchio ed eccoci di fronte ad un mezzo busto. Lo spettacolo non è dei più affascinanti: le gambe non ci sono più. Solo dei moncherini. I vestiti sono a brandelli, furono ripuliti dagli addetti ma per indicazioni operative non vennero sostituiti. Quello che colpisce è il torace, imponente. La testa è ricomposta. Manca la mandibola. Tuttavia è perfettamente riconoscibile. I capelli, per assurdo sono intatti. Mi vengono in mente le tante battute che anni prima venivano fatte nei suoi confronti. Chissà come è morto? Chissà se da zombie ha infettato qualcuno? Dalle informazioni in mio possesso sembra che al momento del contagio si trovasse a Roma a casa sua . Forse in dolce compagnia.

Ritengo che non ci sia bisogno di effettuare il test del DNA. Lo eseguo comunque ed il responso è positivo.

Richiudiamo la bara e con non poca difficoltà lo trasportiamo in superficie.

Nel frattempo che il Magazziniere Capo risistema il blocco di granito, posso attivare il cellulare e chiamare il Ministero. Chiedo del Sottosegretario:-Ho portato a termine la missione. Potete inviare l’elicottero della Presidenza del Consiglio. Dite al Premier Renzi che ha rispettato i patti.

Chiamate Villa San Martino di Arcore.

I resti di Silvio Berlusconi possono tornare a casa.

 

 

 

Luca Pennati


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