recensioni cinematografiche

di Michele Borgogni


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Hic sunt leones!

Morituris sarebbe dovuto uscire nelle sale. Poche, è ovvio, ma in qualche modo sarebbe stato un piccolo miracolo per un film horror indie italiano, girato con due lire e tante belle speranze. Ho usato il condizionale, sarebbe, perché come saprete la commissione censura aveva rigettato clamorosamente il film, che per un lungo periodo è stato disponibile solo in versioni dvd estere. Il film di Raffaele Picchio è senz’altro molto duro e senza compromessi, a dire il vero più in senso ideologico che per la quantità di gore (o peggio, sesso!) effettivamente mostrata. Un film come Martyrs, per intendersi, appare molto più disturbante e psicologicamente insostenibile, eppure non ha avuto tutti questi problemi.

E allora, perché tutte queste polemiche?

Ma concentriamoci sul film. Raffaele Picchio mette in scena la notte brava di tre ragazzi dell’alta borghesia romana, drogati e nullafacenti, che dopo aver rimorchiato due turiste straniere in discoteca promettono la notte successiva di accompagnarle ad un mitico rave in luogo isolato, dove lo sballo sarà assicurato. Il rave, però, ovviamente non esiste, e le due ragazze sono destinate ad una brutta fine… Quello che i tre non sanno, però, è che il luogo prescelto per il festino ospita degli ex gladiatori incazzatelli, tornati dalla morte e che non hanno la benché minima intenzione di fare differenze tra vittime e carnefici.

Partiamo dai lati positivi. Picchio gira bene, ha una bella mano con la camera, il film sembra molto meno artigianale di quello che è. Il cast ha delle defaillance ma molto minori rispetto alla media degli horror italiani. Anzi, le ragazze sono davvero in parte e l’unica nota veramente stonata è Francesco Malcolm, che pure dovrebbe essere più abituato degli altri alla macchina da presa. La sua piccola parte, è un po’ il mentore-riccastro dei tre figli di papà, è piuttosto banalotta, anche per colpa di dialoghi eccessivamente pedanti, e per certi versi appare messa lì più per allungare il brodo (e creare altre polemiche) che per vere esigenze narrative. Le due attrici, Valentina D’Andrea e Desiree Giorgetti, sono anche molto coraggiose a mettersi in gioco sia con la loro nudità che con scene di stupro shock, risultando sempre credibili ed in parte. Attrici molto più famose di loro non avrebbero accettato o non sarebbero state in grado… La fotografia notturna è a volte fin troppo buia, ma permette di mantenere alta la tensione pur senza effetti speciali strabilianti (quello che si vede, però, è opera di Stivaletti, quindi comunque di buona fattura). Infine quando finalmente  inizia l’azione ed i gladiatori si risvegliano il ritmo diventa incalzante e il film ti prende davvero allo stomaco.

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Ci sono anche lati negativi: i dialoghi, soprattutto. E’ chiaro che Picchio (con lo sceneggiatore Perrone) ha girando questo film la pretesa di lanciare un messaggio sociale forte, una critica alla borghesia senza voler inserire per forza dei buoni nella storia. Per fare ciò, però, esagera con parti fin troppo stereotipate ed altre francamente sacrificabili in fase di montaggio. Il viaggio in auto dei giovani è decisamente troppo lungo ed ha parti lente delle quali non si capisce l’utilità. Lo spettatore medio arriva al culmine stanco e rischia di non gustarsi a dovere la parte più importante. Il film è ovviamente ispirato anche al noto massacro del Circeo, ma spesso molte cose funzionano meglio quando non dette esplicitamente, il didascalismo è uno dei mali dell’horror moderno, non solo italiano. Di Francesco Malcolm abbiamo già detto, unica altra critica che mi sento di fare è al prologo. Forse sarebbe stato più efficace un excursus in un passato più remoto, quello dei gladiatori, appunto, toccato solo negli splendidi titoli di testa.

Gli zombie: come sono questi zombie gladiatori? Beh, sicuramente non sono i classici zombie Romeriani, ma non si può negare la loro efficacia. La loro fisicità è impressionante, riempiono lo schermo davvero magnificamente. Sono la dimostrazione che con cose semplici e l’idea giusta si può realizzare un gran bel lavoro.

Giudizio finale: il film mi è piaciuto forse più di quanto credevo. E’ chiaro, non è un capolavoro o il film che salverà l’horror italiano, ma leggendo alcune recensioni terribili in giro (il film ha diviso come pochi altri la critica sulla rete, con recensioni osannanti ed altre quasi insultanti) mi aspettavo una puttanata colossale. Invece Morituris poteva essere un buon film, con una buona regia e radici filmico/ideologiche saldamente ancorate agli anni 70. E’ più Peckinpah che Romero, il primo film che mi è venuto in mente guardandolo è Cane di Paglia (senza per questo voler fare paragoni, è chiaro). Solo dopo arrivano i vari Non Aprite quella porta, e le influenze dal torture porn di pochi anni fa restano per fortuna solo in pochi dettagli scabrosi. I difetti sono evidenti, ma anche ampiamente limabili con più esperienza, un budget migliore e senza l’urgenza del debutto, che ha spinto ovviamente ad esagerare. Al di là di scandali e polemiche il vero problema è che Morituris sarebbe potuto essere un ottimo cortometraggio, ma che per raggiungere gli 85 minuti scarsi ha inserito un sacco di parti che dovevano essere tagliate e che fanno perdere efficacia al film. Che diventa quindi, ahimé, evitabilissimo…

 Michele Borgogni


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