FANS

di Edoardo Depaoli


 

(Epidemia)

 

 La televisione aveva lanciato l’allarme.

La notizia era su tutti i telegiornali, ma la causa dell’epidemia, che per il momento sembrava circoscritta alla provincia del Torinese, non era stata ancora individuata.  Nel tardo pomeriggio un uomo suonò il campanello.   Si trattava di un vecchio amico di famiglia, un ex poliziotto in pensione.  La ragazza rispose al citofono << Sono Cesare, il vicino di casa, ho notato il furgone, volevo solo sapere se andava tutto bene? >>  Isabel aprì il portone, l’uomo entrò in casa e vide i due ragazzi. I loro volti facevano ancora trapelare il terrore e l’angoscia della notte precedente.  I ragazzi presero posto sul divano e Ilario iniziò a raccontare l’accaduto. Il vecchio agente delle forze dell’ordine ascoltava la storia con attenzione poi, ad un tratto disse:  << In tutte e due i casi, sia quando ti trovavi solo nella tua stanza a Castiglione sia lungo il fiume, hai prima di tutto avvertito uno scoppio, vero? >>  Ilario annuì con la testa << Si, un fischio, un lampo e dopo lo scoppio una pioggia acida e putrida ha iniziato a cadere dal cielo… >>  << Una pioggia circoscritta se ho ben capito… >>  << Sì, e di brevissima durata. La sera dell’accaduto pensavo si trattasse appunto di un semplice temporale passeggero e non me ne sono curato molto, ma adesso che ci penso… >>  << Se vogliamo comprendere la causa dell’infezione dobbiamo prima di tutto capire cosa porti con se quella pioggia e che cosa abbia generato lo scoppio. >>  << Lei crede che l’epidemia si possa fermare in qualche modo? >>  << Non lo so, ma sicuramente, dobbiamo tentare di fermarla, il mondo intero è a rischio e se per qualche ragione il virus si propaga non avremo più speranza. >>

Ilario voleva sapere qualcosa di più. Accese il televisore cercando il telegiornale. Tutte le emittenti ne parlavano. Sul luogo dell’accaduto erano intervenute le forze speciali.  Militari e forze dell’ordine avevano abbattuto la maggior parte degli zombie, ma il virus sembrava ancora attivo.  La notizia si concludeva con un servizio. Il caos era fotografato dalla stampa con immagini raccapriccianti.  Fiamme, auto demolite, la polizia e i militari che inseguivano e uccidevano i non morti. Cadaveri sparsi e a pezzi per le strade, animali infetti, anche loro abbattuti dai militari.  Ilario scosse la testa << Non abbiamo nessuna possibilità di comprendere la causa dell’epidemia da queste poche osservazioni. >> Il poliziotto lo guardò con fare interrogativo << Sono sicuro che hai visto o sentito qualcosa che adesso non ricordi con completa lucidità, ma sono certo, ti dico, che possiamo farlo, dobbiamo; è il mondo che ce lo chiede. >>  << E’ una follia andare nuovamente in quell’inferno!>>  << Non se si ha l’attrezzatura giusta, figliolo. >>  << Ma io non ho visto nulla di più di quello che le ho appena raccontato e non vedo come possano queste poche informazioni arrestare l’epidemia. >>  << Se non ho capito male hai udito un fischio, poi un lampo e uno scoppio. Non c’è stato nulla che ha preceduto queste osservazioni, non so… >>  Ilario cercò di pensarci, << … Forse, una cosa c’è, prima di tutto ho avvertito un odore, un odore nell’aria, come qualcosa di fetido trasportato dal vento… >>  << Mettiamo caso che l’odore, il lampo, il fischio, lo scoppio, insomma tutto sia collegato, saresti in grado di individuare la zona da dove è provenuto? >>  << Forse, non doveva essere lontano, forse dal suolo. >>  << Quindi se noi trovassimo, diciamo, una voragine nei pressi della zona dell’infezione potremmo risalire alla causa? >>  << … Probabilmente… >>  << Allora non abbiamo tempo da perdere, ragazzo. Ora sappiamo anche che cosa cercare… >>  Ilario ed il vecchio poliziotto lasciarono insieme il casale di campagna. Il ragazzo abbracciò Isabel e salì in macchina…

             Dopo poche centinaia di metri arrivarono davanti all’ingresso della casa di Cesare. Il poliziotto parcheggiò nel cortile adiacente e invitò Ilario a seguirlo attraverso una porta laterale.

Ilario entrò nel locale. Cesare accese la luce. Il ragazzo non poteva credere ai suoi occhi. Davanti a se trionfava un’intera armeria militare. Pistole, fucili a ripetizione, mitragliatori, mazze ferrate, bombe a mano, coltelli di ogni genere e tipo, tute mimetiche, maschere antigas, caschi da combattimento, anfibi di ogni taglia e dimensione. Un vero e proprio arsenale da guerra in piena regola.  << Non si può vincere una battaglia senza armi! >>, proferì sprezzante, accendendosi un mozzicone di sigaretta, il poliziotto illuminato dalla timida luce del neon appeso al muro, << hai solo l’imbarazzo della scelta, ragazzo >>  << Ma io non so sparare… >>  << Rimediamo subito, non è che ci voglia necessariamente una laurea. >>

 

 

Ilario si spinse verso il fondo del locale. Li c’era un telone verde. Nascondeva qualcosa che si poteva intuire.

Cesare si avvicinò, << vuoi vedere il pezzo forte? >>, disse ridacchiando e mettendo una mano sul bordo del telone impolverato, << la tengo per le occasioni d’oro >>, proferì e con un colpo deciso scoperchiò quella che subito sembrò ad Ilario la macchina più bella che si poteva possedere.  Si trattava di una Jeep da deserto, interamente modificata.  Assetto alto, gomme chiodate a prova di proiettile, scocca rinforzata, porte e vetri blindati, una bomba! Ilario guardò Cesare impressionato.   << Bisogna essere sempre pronti alla guerra ragazzo… >>

Il vento fischiava attraverso i vetri aperti.  La jeep tagliava la strada come un proiettile.  <<…. Il rock non nasce per comandare le persone, il rock nasce per liberarle. Io ho una sola religione, che non cade nell’ipocrisia, ma che romba come un tuono, il rock, il rock è il mio unico Dio! >>  << Che diavolo fai? >>, chiese Cesare al ragazzo. << Scrivo una canzone! >>  << E ti sembra il momento? >>  << Non riesco a vivere senza musica.>>  Cesare rimase per un momento interdetto. Guardare quel giovane lo faceva sentire meno solo e sopratutto meno vecchio. Quel ragazzo lo ispirava. Così come poteva fare un quadro o una sinfonia. Ilario aveva qualcosa di unico.  Il suo modo di essere, il suo sguardo, tutto aveva qualcosa che richiamava la giovinezza, la purezza. I capelli biondicci, lunghi, il volto pieno di vita, gli occhi azzurri che emanavano una strana luce, di speranza. Non si era sbagliato a vedere in Ilario qualcosa di speciale e lui andava molto a sensazioni. Persino l’abbigliamento lo colpiva. Non era sciatto, come quello di molti giovani che aveva incontrato sul suo cammino. Non era trasandato o da drogato. Era, almeno ai suoi occhi, abbastanza strano, certo, ma originale. Quei pantaloni, poi, strettissimi, quel corpo magro e quella maglietta nera con quella strana immagine lo faceva sorridere.  << Cos’hai disegnato sulla maglietta? >>  << E’ Eddy >>, rispose Ilario ingenuamente.  << Eddy? E chi diavolo è Eddy? >>  << Eddy è il Mostro degli Iron Maiden, la mia Band preferita! >>  << Capisco e cosa fa di speciale? >>  << Non molto a dire il vero, o forse tutto, dipende. Eddy è un’icona a volte è un mostro alieno, altre volte è un faraone egiziano, sempre con le sembianze di mostro. E’ molte cose… >>  << Un icona, come “tigri” “leoni” ecc.. >>  << Si, qualcosa di simile, ma più semplicemente è Eddy… Gli Iron Maiden lo mettono dappertutto.>>  << Gli Iron Maiden… Non li ho mai sentiti. Sono un gruppo recente, come quelli che vanno da “Amici”? >>  << Noooo!!! Non scherziamo proprio! Gli Iron Maiden sono un gruppo Metal con i controcazzi. I pezzi che vanno da Amici sono abbastanza it da supermercato… >>  << Cose scadenti, insomma. >>  << Ma proprio di profilo >>, rispose Ilario Cesare guardò Ilario senza proferire parola. Non si sarebbe mai immaginato un’espressione del genere, ma comunque la trovò simpatica. Non c’erano dubbi Ilario era veramente un ragazzo fuori dalla norma.

 

 

…continua….

 

 

Edoardo Depaoli


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