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La recensione della dodicesima puntata della settima stagione, a cura di Antonella Cella “jackson1966”.


 

Premessa fondamentale: quando c’è Nicotero in regia io parto già con metà recensione positiva in testa, senza neanche sapere il titolo della puntata. Lo ammetto apertamente, è il mio regista favorito in assoluto della serie, insieme a Jennifer Lynch, le rare volte che ha fatto da guest come regista.
Quindi è ovvio che anche questa volta sia partita altamente prevenuta in positivo nei confronti della puntata, tenendo poi anche conto che è stata scritta da Negrete, l’autore che, dopo Gimple, collabora meglio con Nicotero da sempre.
Quindi, potete immaginare il mio sconcerto quando, all’inizio della puntata mi sono trovata davanti alcune scene che sembravano pienamente appartenere ad una puntata filler come poche, a quattro puntate dalla fine della stagione, oltretutto.
Prima della sigla, non mi vergogno a dirlo, ho cominciato a pensare, per la prima volta da che seguo “The Walking Dead”, che eravamo arrivati alla frutta con la serie. Se Nicotero e Negrete non riuscivano a tirarmi fuori una puntata come Dio comanda insieme, mi sono detta, allora veramente è la fine, accidenti (mi limito per educazione a questo epiteto, ma potete immaginare quanti di peggio ne ho detti e pensati).
Poi finisce la sigla e parte la puntata vera e propria e….vi dico solo che non mi permetterò mai più di giudicare male una puntata diretta da Nicotero senza averla vista per intero. Essere stupida una volta mi basta, dico la verità!
Altro che puntata filler! Finalmente Negrete sfrutta appieno la chimica incredibile tra Guria e Lincoln e ne esce una delle puntate meglio riuscite dell’intera stagione.
Così come sfrutta appieno la rabbia sempre più forte di Rosita, un ex soldato ricordiamocelo e quindi abituata a combattere, nei confronti di Negan per aprire un plot twist delicato con Sasha, che porterà sicuramente ulteriori guai grossi al gruppo. Come se la battaglia finale coi Saviors non bastasse!
Queste ultime due mi sembrano veramente molto egoiste nel loro agire. Per uccidere Negan sono disposte a morire in una missione suicida. La cosa mi andrebbe anche bene se non sapessimo tutti, come lo sanno bene anche loro, come i Saviors reagirebbero ad una cosa simile, se anche ci riuscissero. Attaccherebbero a testa bassa Rick e la sua compagnia, non ancora pronti ad affrontarli e che perderebbero quindi anche il fattore sorpresa.
Negan, come dice bene Michonne a Rick, ha rimodellato quel pezzo di mondo a sua immagine e somiglianza, e se anche morisse, quel modello creato e attivato richiederebbe un’immediata vendetta, che sarebbe inevitabilmente molto costosa per i nostri eroi.
Non le giustifico per niente nel loro comportamento perché, come dice bene Padre Gabriel, Rosita ha accettato liberamente il suo consiglio di vivere per aiutare il gruppo in futuro, e deve quindi decidere cosa farne della vita che ha deciso di continuare. E di sicuro non intendeva che la usasse per fare ulteriori danni ai suoi compagni, in nome di una vendetta che appartiene a tutti loro, specie a Maggie, direi. Tutti loro hanno sofferto per mano di Negan, non solo loro. E tutti loro soffrirebbero ancora per mano dei Saviors, se loro portassero a termine la loro missione suicida. Enel mondo di “The Walking Dead” l’egoismo si paga sempre molto caro.
Ma torniamo a Rick, Michonne e i nostri Zombie. Perché in questa puntata, come sempre quando Nicotero è alla guida, le sue creature sono state protagoniste di scene meravigliose e come sempre, presentate in maniera magnifica dal suo team.
Incredibile come riesca a mischiare risate e paura nella stessa scena. Vedere combattere Rick e Michonne con gli Zombie, che qui riacquistano in pieno la loro vera pericolosità, il numero e la determinazione ad arrivare alla preda ad ogni costo, è stato, infatti, divertente per le sciocchezze che si dicono e che fanno: tipo contare gli Zombie che toccano ad ognuno e darne la maggior parte a Michonne perché la spada fa meno rumore; cadere come due polli dal tetto su una materasso ad acqua (qui le implicazioni sessuali in sottofondo pesavano come macigni ed erano, a loro volta, divertenti, in uno show che le evita come la peste da sempre); passare la notte a fare sesso e poi dirsi al mattino che il turno notturno di guardia è il migliore (vale la stessa cosa detta nella parentesi prima. Così come per le scene viste tra loro, che per la routine di “The Walking Dead” sono molto “forti”); non voler tornare alla realtà per stare ancora un po’ in quella bolla d’amore; vedere Michonne che combatte gli Zombie solo attraverso le ombre su un telo; il luogo scelto per il combattimento è “divertente” per definizione nel nostro mondo, un luna park e loro usano le attrazioni come armi, ma molto “leggermente”; vedere la scena della macchina e come, pur fallendo nell’intento, riescono ad essere allegri e positivi.
Ma, nello stesso tempo, vederli combattere quella stessa battaglia contro gli Zombie, fa paura: quando Rick cade e viene coperto dagli Zombie. Sappiamo subito che è il cervo in realtà, ma vedere Michone annichilita di fronte alla perdita che crede di aver subito e decisa a lasciarsi morire è stato incredibilmente “forte” come emozione da provare; quando Michonne si trova circondata da un numero sempre maggiore di Zombie all’improvviso; quando sono circondati e c’è solo una piccola recinzione per bambini a dividerli da loro; quando il soldato Zombie inciampa con l’arma e comincia a sparare a random. Gli zombie tornano a far paura veramente in questa puntata, Come le implicazioni di ciò che ha portato alla loro esistenza in quel posto ed in quella maniera ci lascia ad intendere qualcosa di veramente brutto e angoscioso successo all’inizio dell’epidemia Zombie, come da tempo lo show non fa più.
Certo che Nicotero ha mantenuto la parola, ha dato il giusto riconoscimento alla grandezza di Romero ed alla grandezza delle sue creazioni. Mantenendo proprio i canoni che Romero applica ancora agli Zombie: lentezza, decomposizione, numero, determinazione assoluta ad arrivare alla preda.
Ed ora c’è anche un’idea di passaggio di consegne. Rick spiega chiaramente a Michonne che lei è il suo vice, che da lei si aspetta in ogni caso un futuro migliore per Judith ed il figlio di Glenn e Maggie e tutti loro. Anche se lui morisse, lei deve continuare a tutti i costi, proprio in nome dell’amore che li ha portati a decidere di combattere, alla fine, Negan ed il mondo da lui plasmato. E’ la prima volta che questo succede nello show e vedremo dove porterà.
E quel “Say yes” del titolo, che sembrava essere indicativo dell’ennesimo patto tra Rick e Jadis, in realtà si esplica nel “Say yes” che Rick chiede indirettamente a Michonne di dire, su cosa fare in caso di sua dipartita. Le parla addirittura, per la prima volta dalla perdita, di Glenn, di come gli ha salvato la vita la prima volta che lo ha incontrato, nella celebre scena del carro armato in Atlanta. E di come questo lo riempia ancora di più di un senso di colpa devastante.
E anche Tara, “parlando” con l’unica con la quale si può confidare senza che lo racconti in giro o la contraddica, cioè Judith, decide che, alla fine, deve dire a Rick dove ci sono altre armi e, forse, altre persone disposte a combattere Negan con loro.
La scacchiera è sempre più pronta per il combattimento finale, non solo per le alleanze “militari”, ma anche e soprattutto perché i protagonisti, ognuno a modo loro, si stanno preparando psicologicamente a ciò che significa combattere Negan ed i suoi uomini, ai sacrifici che potrebbe comportare. Al dolore che potrebbe portare, anche in caso di vittoria. E questo è un altro punto di forza che gli uomini di Negan, proprio per la natura del mondo creato da lui stesso, non avranno mai: senso del sacrificio estremo per un mondo migliore per tutti.
 

Antonella Cella “jackson1966”

 



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